Un’ analisi piuttosto pessimistica, di cui Hubert Guillaud su InternetActu ha pubblicato una sintesi che riportiamo in traduzione italiana – Il rischio, osserva Schneier, è accresciuto dalla ‘’corsa ai cyber-armamenti’’ e dal ‘’nazionalismo digitale’’ che si vanno diffondendo sul globo – E ‘’più ci convinciamo di essere in guerra, più diamo credito alle retoriche scioviniste e più siamo pronti ad offrire la nostra vita privata, le nostre libertà e il controllo di internet ad altriâ€.
E a questo punto,osserva Schneier il pericolo è che “il dispiegamento del controllo governativo possa arrivare fino ai protocolli di internet, fino a ridurre l’ innovazione nata dalla libera concorrenza sulla Rete†– Un appello a “impedire che la pericolosa propaganda della cyber-guerra prenda il sopravvento†– Non possiamo accettare che la tecnologia più stimolante del XXI secolo si riassuma nella nascita del peggiore Stato di polizia che mai avremmo immaginato
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Pouvoir et internet
di  Hubert Guillaud
Vi si spiega che la tecnologia amplifica la forza non soltanto degli internauti ma anche – e sempre di più – dei poteri esistenti.
“Tutte le tecnologie di rottura sconvolgono gli equilibri di potere tradizionali, e Internet non fa eccezione. Secondo lo scenario classico esso avrebbe conferito  potere ai meno potenti, ma questa è solo una faccia della medaglia. Internet dà forza a tutti. Le istituzioni potenti possono essere lente nell’ utilizzare questo nuovo potere, ma, poiché sono forti, possono utilizzarlo più efficacemente. Governi e imprese hanno preso coscienza del fatto che non solo possono utilizzare internet, ma che con esso possono anche controllare  i loro interessi’’.
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 “Ormai interessi potenti cercano di orientare deliberatamente questa influenza a loro vantaggioâ€. Alcune aziende hanno creato degli ambient internet che massimizzano il loro rendimento, alcune compagnie fanno pressione sulla legislazione per rendere i loro modelli aziendali più redditizi, gli operatori vogliono essere in grado di distinguere i differenti tipi di traffico, le società di intrattenimento vogliono ammaestrare internet e gli inserzionisti immaginano un accesso illimitato ai dati sulle nostre abitudini e preferenze.
“Dal versante dei governi, crescono i  paesi che censurano internet – e lo fanno in maniera più efficace che mai. La sorveglianza di internet – da parte di governi come delle imprese commerciali – è in crescita e non soltanto negli Stati totalitari, ma anche nelle democrazie occidentali’’.
Gli interessi dei potenti riprendono campo e la realtà si rivela molto più complessa di quanto la decantavano  le lodi della Dichiarazione di indipendenza del Cyberspazio di John Perry Barlow. “Era una utopia a cui molti di noi hanno credutoâ€.  Abbiamo creduto che la generazione di internet, quella che abbracciava  il cambiamento sociale apportato da queste nuove tecnologie, avrebbe potuto sovvertire le istituzioni dell’ era precedente. Ora è tempo del disincanto.
“La realtà si è rivelata molto più complicata. Abbiamo dimenticato che la tecnologia amplifica la potenza in due direzioni. Quando i meno potenti hanno scoperto internet hanno preso il potere, ma i potenti mastodonti hanno finito per risvegliarsi. Internet non ha solo cambiato i potenti, ma anche i poteti hanno cambiato internet’’. E ormai, gli interessi dei potenti hanno ripreso le redini, sottolinea disilluso Bruce Schneier.
“Le discussioni sul futuro di internet sono moralmente e politicamente complicate. Come conciliare rispetto della vita privata e rafforzamento delle norme per prevenire le violazioni del diritto d’ autore? O la pornografia infantile? E’ accettabile essere giudicati da algoritmi invisibili mentre utilizziamo i loro risultati? (…) Abbiamo il diritto di correggere i dati che ci riguardano?  Di cancellarli? Vogliamo dei sistemi informatici che dimenticano le informazioni dopo qualche anno? Queste questioni sono molto complesse e hanno bisogno di un dibattito costruttivo, di una cooperazione internazionale e di soluzioni iterative. Ma siamo all’ altezza di questi dibattito?â€.
No. Ma non è questo che preoccupa Schneier. “Perché se non cerchiamo di capire come strutturare internet in mdo che i suoi effetti positivi prevalgano su quelli negativi, interessi potenti lo faranno al nostro posto. La concezione di internet non è stabilita una volta per tutteâ€, ricorda l’ esperto.
“La sua storia in fondo è un accidente fortuito determinato da un disinteresse commerciale iniziale, da una negligenza governativa e militare e dall’ inclinazione degli ingegneri a costruire sistemi aperti, semplici e facili. Ma questo miscuglio di forze che ha permesso di costruire l’ internet di ieri non sarà quello che creerà l’ internet di domani. Le battaglie per l’ internet di domani si svolgono ora: nei parlamenti attraverso il mondo, in seno a organizzazioni internazionali come l’ Unione Internazionale delle Comunicazioni o l’ Organizzazione mondiale del commercio e negli organismi di normalizzazione. L’ internet di domani rischia di essere rimodellata da organizzazioni, società e paesi secondo i loro interessi e le loro agende specifiche. Bisognerà battersi per avere un posto ai tavoli di negoziato, altrimenti il suo futuro non ci apparterrà !â€
 Il nazionalismo  internet
In un editoriale sulla Technology Review, Schneier torna sull’ ondata di quello che lui chiama ‘’nazionalismo internetâ€. Mentre si pensava che la tecnologia fosse destinata a ignorare le frontiere, ad avvicinare il mondo e ad aggirare l’ influenza dei governi nazionali, ecco che essa favorisce un nuovo nazionalismo. Gli Stati Uniti sono preoccupati per i prodotti che arrivano dalla Cina, le aziende europee temono i servizi informatici dislocati sulle ‘’nuvole’’ Usa, nessuno ha fiducia nei prodotti israeliani e Russia e Cina sviluppano i loro sistemi per evitare di utilizzare materiali e programmi esteri…
 “Le grandi nazioni del mondo sono entrate nella prima fase di una corsa alla cyberguerra e tutti noi verremo feriti dai danni collaterali.â€
Il cyberspionaggio e i cyberattacchi non sono solo opera dei cinesi. Tutti cercano ormai di spiare tutti attraverso le Reti.
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“Nello stesso tempo sempre più paesi mettono a punto sistemi di controllo di internet all’ interno delle proprie frontiere. Si riservano il diritto di spiare, di censurare, di limitare la capacità degli altri di fare la stessa cosa.â€
E’ quello che – con un eufemismo – viene chiamato ‘’il movimento per la cyber sovranità â€, che è stato al centro dell’ ultimo summit dell’ Unione internazionale delle telecomunicazioni del dicembre scorso a Dubaï. Un analista ha definito quell’ incontro la Yalta di internet, il momento in cui internet si è spaccato fra paesi democratici e paesi autoritari. “Non penso che esagerasseâ€, confessa Schneier.
Le tecnologie dell’ informazione sono uno strumento straordinariamente potente per l’ oppressione, la sorveglianza, la censura e la propaganda, ricorda l’ esperto.  “Il problema è che più ci convinciamo di essere in guerra e più diamo credito alle retoriche scioviniste e più siamo pronti ad offrire la nostra vita privata, le nostre libertà e il controllo di internet ad altriâ€.
La corsa agli armamenti è alimentata dall’ ignoranza e dalla paura e si traduce in una escalation nello sviluppo di cyber-armi per l’ attacco e in un aumento della cyber-sorveglianza per la difesa. Il pericolo è là . Il rischio è di avere come conseguenza il dispiegamento del controllo governativo fino ai protocolli di internet, fino a ridurre l’ innovazione nata dalla libera concorrenza sulla Rete.
 “Siamo sul punto di entrare in una Guerra fredda dell’ informazione? – si chiede Schneier.“Quello che è sicuro è che coloro che suonano i tamburi di cyber-guerra non propongono affatto di difendere gli interessi migliori di internet o della società â€Â conclude Schneier, lanciando un appello a impedire che la pericolosa propaganda della cyber-guerra prenda il sopravvento.
Internet è già uno stato di polizia
In un editoriale pubblicato su CNN Schneier fa un’ altra considerazione, agghiacciante: Internet, dice, è già uno Stato di sorveglianza.
Dopo aver citato tre recenti casi di arresti e di identificazione avvenuti via internet, Schneier colpisce duro: “internet è uno Stato di sorveglianza. Che lo ammettiamo o meno, e che ciò ci piaccia o meno, noi siamo tracciati in permanenza’’.
“Tutto quello che facciamo oggi implica l’ uso di un computer e i computer hanno come effetto secondario di produrre naturalmente dei dati. Tutto è registrato e incrociato e numerose aziende di Big data fanno affari ricostruendo i profili della nostra vita privata a partire dalle varie fontiâ€. Possiamo cercare quanto si vuole di premunirci, ma il fatto è che, “semplicemente, ci sono troppi modi di essere ‘seguiti’ “, ammette Schneier. La stessa dimensione dello spionaggio di cui siamo vittime ci viene deliberatamente nascosta e non esistono alternative. La libera concorrenza non può tenere al riparo questo Internet perché tutti quelli che ci forniscono dei servizi internet hanno interesse a tracciarci.
Qualsiasi cosa facciate, “conservare la propria vita privata su internet è ormai quasi impossibileâ€, confessa Schneier, che denuncia la collusione fra imprese e governi: nessuno agisce concretamente per mettere a punto delle leggi migliori per proteggere la nostra vita privata.
“Benvenuti in un mondo in cui tutto quello che fate su un computer viene registrato, correlato, studiato, passato al setaccio da azienda ad azienda senza che voi lo sappiate o lo abbiate consentito, e a cui il governo ha accesso a volontà senza alcun mandato.
Benvenuti in un Internet senza vita privata. E ci siamo arrivati col nostro consenso passivo, senza veramente combattere nessuna battaglia…â€
Sicuramente Schneier non si fermerà alla constatazione dei fatti. Possiamo sperare che nei prossimi mesi lo specialista lavori, con altri, a chiarire come dovrebbe essere un internet più rispettoso della vita privata. Fomentare un piano di battaglia d’ altra parte non basterà . Dovremo trovare i mezzi per svilupparlo, per finanziarlo… e per farlo rispettare.
Non possiamo accettare che la tecnologia più stimolante del XXI secolo si riassuma nella nascita del peggiore Stato di polizia che mai avremmo immaginato.