Una Conferenza alla New York University sulla ”Relevance of Algorithms”.
Gli algoritmi sono sempre più invocati come entità potenti, che possono controllare, governare, ordinare, regolare e dare forma a tutte le cose, dai traffici finanziari ai mezzi di informazione. Tuttavia, la natura e le implicazioni di tali strutture sono tutt’ altro che chiare. Che cosa ‘’fanno’’ esattamente gli algoritmi? Qual è il ruolo attribuito agli “algoritmi”? Come trasformare il “problema algoritmi” in un oggetto di indagine produttiva?
Questi interrogativi erano al centro di un incontro che si è svolto alla New York University dal titolo Governing Algorithms conference.
La conferenza è stata preparata da una serie di contributi preliminari.  Fra di essi Niemanlab segnala in particolare quello di Tarleton Gillespie , “The Relevance of Algorithms†, che collega l’ idea di una possibile natura ‘’oggettiva’’ dell’ algoritmo alla concezione giornalistica della ‘’obbiettività ’’.
Niemanlab ha selezionato i passi più rilevanti di questo studio e li sottoponiamo ai lettori di Lsdi perché contengono spunti  interessanti, anche sul piano dell’ approfondimento della cultura giornalistica americana (i neretti sono del redattore di Niemanlab)
L’ affermazione di obbiettività dell’ algoritmo gioca in molti modi un ruolo equivalente alla norma della obbiettività propria del giornalismo occidentale. Come i motori di ricerca, i giornalisti hanno sviluppato una serie di tattiche per determinare ciò che è più rilevante, come parlarne e come assicurarne la maggiore rilevanza: un insieme di pratiche che sono relativamente invisibili al loro pubblico, un obiettivo che,  lo ammettono, è più difficile da perseguire di quanto potrebbe sembrare, e un principio che aiuta a mettere da parte ma non a sradicare giudizi di valore e orientamenti politici personali.
Queste pratiche istituzionalizzate sono animate da un sistema concettuale che, nel discorso del giornalismo, è di norma articolato (o sopravvalutato) come una sorta di totem. I giornalisti usano la norma della oggettività come un “rituale strategico” (Tuchman 1972), per dare legittimità pubblica a tattiche di produzione di conoscenza che sono intrinsecamente precarie. “Stabilire una giurisdizione sulla capacità di analizzare oggettivamente la realtà significa rivendicare un particolare tipo di autorità ” (Schudson e Anderson 2009, 96).
Oggettività giornalistica e oggettività degli algoritmi, comunque, non sono affatto la stessa cosa.
L’ obbiettività giornalistica dipende da un atteggiamento istituzionale di accuratezza, costruito all’ interno, e veicolato attraverso, un insieme di norme giornalistiche apprese nella fase della formazione e sul lavoro; le scelte in questo campo derivano da un insieme di saperi sostenuti dall’ impegno filosofico e professionale, introiettato profondamente, di mettere da parte i propri pregiudizi e le proprie convinzioni politiche. Il funzionamento dell’ algoritmo si basa invece molto meno su norme istituzionali e competenze derivanti dalla formazione, ma più su un meccanismo di neutralità meccanica coniugato tecnologicamente. Qualunque scelta venga fatta, essa viene rappresentata come distante dall’ intervento di mani umane e nello stesso tempo immersa nel freddo funzionamento della macchina.
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Ma in entrambi, la legittimazione dipende dalle linee guida accumulate per la proceduralizzazione della selezione delle informazioni. I discorsi e le pratiche sull’ obbiettività si sono affermate perché sono state utilizzate come regola costitutiva del giornalismo (Ryfe 2006). L’ oggettività è una componente del modo con cui i giornalisti sentono loro stessi e individuano ciò che significa essere un giornalista. E’ una parte dell’ insieme di criteri con cui il loro lavoro viene valutato da editori, colleghi e dai loro lettori. Si tratta di un segnale che definisce quello che per i giornalisti rappresenta il giornalismo.
La procedura di oggettività algoritmica, analogamente, è stata incorporata in maniera evidente nelle prartiche di funzionamento dei provider di algoritmi, definendo in maniera costitutiva la funzione e lo scopo di quel servizio di informazione. Quando Google inserisce nel suo manifesto sulle “Ten Things We Know to Be True†l’ impegno per cui  “i nostri utenti hanno fiducia nella nostra obbiettività e nessun guadagno a breve termine potrebbe mai giustificare la violazione di questa fiducia”, non lo fa seguendo una fede aziendale astratta. Si tratta invece di una comprensione profonda del carattere pubblico del servizio informativo di Google, che influenza e nobilita molte delle sue promesse tecniche e commerciali, e aiuta a tenere nell’ ombra la realtà più oscura del servizio che fornisce.
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I riferimenti bibliografici del testo si riferiscono a :
– Gaye Tuchman’s 1972 landmark piece “Objectivity as Strategic Ritual: An Examination of Newsmen’s Notions of Objectivity.â€
– The Michael Schudson/C.W. Anderson piece is “Objectivity, Professionalism, and Truth Seeking in Journalism†(2009).
– The Ryfe is David Ryfe’s “The Nature of News Rules.â€