Possono fare più male  che bene, dice Tom Forensky su Memeburn.
Il punto infatti è come costruire un’ attività economica sostenibile che non richieda, per l’ appunto, la ‘’carità ’’ di un miliardario.
I danni di Google al sistema del giornalismo: la deflazione del valore dei contenuti per difendere il suo potere di indicizzazione ha finito per ritorcersi contro la grande G, vedi il trend di Adsense.
Journalism might need a saviour, but billionaires aren’t the answer
(Memeburn.com)
Ai miliardari piace comprare i media e lo hanno fatto per decenni, ma gli acquisti recenti vengono visti come gesti filantropici piuttosto che come una forma di vanità . E infatti il progetto del fondatore di eBay Pierre Omidyar e l’ acquisto del Washington Post da parte di Jeff Bezos hanno scosso i ranghi decimati delle redazioni americane, dove si immagina ora che essi  possano salvare il giornalismo.
I problemi nella costruzione di imprese giornalistiche sostenibili non sono causati da una carenza di applicazioni o di ecnologie ma un modello di business basato su una pubblicità che continua a calare, nonostante gli sforzi dei principali siti di informazione.
Il New York Times è considerato all’ avanguardia nel campo del digitale, con il suo paywall, i suoi esperimenti editoriali innovativi, ecc.  Eppure i suoi ricavi dalla pubblicità online continuano a scendere, trimestre dopo trimestre. Come è possibile con i lettori in aumento ?
Accade perché sta combattendo con i problemi del modello di business del settore .
Trend negativi per l’ informazione giornalistica
• Il Pew Research Center ha registrato un aumento del 22% nella pubblicità locale, anche se, nonostante questo, due tendenze stanno tenendo lontano i ricavi dagli organi di informazione locali:
Una è il sofisticatissimo lavoro di targeting geografico dalle principali reti pubblicitarie nazionali, a cui fanno capo marchi nazionali come WalMart. L’ altro è il fatto che Google, Facebook e gli altri grandi protagonisti della Rete stanno migliorando la loro capacità di vendere spazi pubblicitari agli inserzionisti veramente locali.
• Il passaggio alle piattaforme mobili è un altro fattore negativo. Gli annunci per il mobile valgono un quinto di quelli da desktop. In più, il Pew spiega che “complessivamente il 72 % delle entrate della pubblicità sui dispositivi mobili vanno ora a sei società – nessuna delle quali è un’ azienda giornalistica”.
• Le tariffe della pubblicità online continuano a diminuire. E’ perché ci sono tonnellate di nuovi spazi sul web. Le redazioni devono produrre più traffico solo per riuscire a sopravvivere.
• Non si tratta di carta contro elettronica – l’ informazione diventa sempre meno popolare. Pew riferisce che il numero di lettori è destinato a peggiorare perché le giovani generazioni sono sempre meno interessate. Uno studio del Pew sui comportamenti di lettura suggerisce un futuro molto a rischio per l’ informazione giornalistica.
• Se dei miliardari del settore tecnologico investono nel giornalismo non è detto che riescano a inventare delle applicazioni magiche che riusciranno a capovolgere il brutto andamento economico dei media. Non è un problema di tecnologia, ma un problema di modello di business.
Altri miliardari hanno investito nel tentativo di aiutare il giornalismo . Il compianto Warren Hellman, che i soldi li ha fatto ugualmente con eBay, ha finanziato il Bay Area News Project. Ma da dove può uscire un aiuto del genere quando si tratta di testate locali che non hanno appoggi miliardari ?
Cari miliardari : ecco come si può salvare il giornalismo
Salvare il giornalismo significa solo una cosa: sviluppare un modello di business sostenibile che può consentire a qualsiasi testata di prosperare e di competere. Ad esempio , San Francisco aveva avuto sempre almeno una dozzina di giornali quotidiani, che competevano fra di loro sulla base della qualità e della freschezza delle loro cronache, perché c’era un modello di business che premiava i migliori. Aumentare i lettori – a differenza di oggi, significava aumentare i ricavi.
I miliardari dovrebbero riunirsi per finanziare lo sviluppo di un modello di business sostenibile che sostenga qualsiasi organo di informazione locale che aderisce ed entra in gioco.
Questo modello può essere realizzato solo su base di settore industriale: è l’ unico modo per sviluppare un tipo di scala che dia la possibilità di competere con le grandi piattaforme mediali come Google e Facebook.
E con un approccio analogo (di ‘’cartello’’)  per quanto riguarda il controllo e le metriche, in modo da poter rilanciare i ricavi pubblicitari . Ad esempio, per mostrare come i contenuti multimediali spingano molto più della pubblicità commerciale e quindi debbano avere un maggior costo/valore per gli inserzionisti. E invece tutto è ancora basato sul sistema dell’ ultimo click.
Ci sarà bisogno, probabilmente, che il Dipartimento della Giustizia fornisca una protezione speciale da leggi anti -trust,  perché se non vi sarà uno sforzo a livello di settore per puntellare i ricavi dal dal caos deflazionistico dei giganti della tecnologia dei media, l’ industria giornalistica continuerà a lottare e a fallire.
Lo scorpione e la rana
Google ha fatto dei grossi danni all’ industria della notizia deflazionando il valore (in dollari) della pubblicità . In questo modo ha ridotto il valore (in dollari) di tutti i contenuti multimediali, proteggendo invece il valore del suo indice proprietario .
L’ indice, i metadati, la potenza di indicizzazione battono i singoli contenuti e Google ha tutto l’ interesse a tenere le cose in questo modo.
E’ questo che sta uccidendo l’ industria dei media. Ma sta uccidendo anche i ricavi che Google può fare dal settore dei media.
Per esempio: Adsense, il network di Google da 12,7 miliardi di dollari, che condivide entrate pubblicitarie con editori come quello del New York Times, quest’ anno sta affondando.
Google è come lo scorpione della favola di Esopo, che vuole attraversare un fiume . Chiede a una rana di portarlo sulla schiena, ma lei si rifiuta dicendo che la pungerà . Lo scorpione ribatte che è ridicolo perché entrambi annegherebbero.
La rana accetta , ma in mezzo al fiume lo scorpione punge la rana. Mentre entrambi stanno annegando la rana gracchia: “perché?”.  Lo scorpione si confessa: ‘’Sono uno scorpione “. E’ nella sua natura pungere – non è un atto razionale o premeditato.
E’ nella natura di Google svalutare i contenuti multimediali per preservare il valore della sua capacità di indicizzazione. E’ autolesionista, perché se non si crea niente di “nuovo” sul web – perché qualcuno dovrebbe andarci tutti i giorni ?
Ecco, Google non capisce che la creazione di notizie non è gratuita e che le notizie di qualità sono molto costose.
Lo scorpione e la tartaruga…
Di questa favola c’ è una versione persiana del 13 ° secolo in cui lo scorpione convince una tartaruga a portarlo al di là di un fiume. A metà strada, la tartaruga sente che lo scorpione sta cercando di pungerla attraverso la corazza. Si tuffa verso il fondo del fiume e fa annegare lo scorpione.
Il problema con i miliardari è che essi competono con un sistema economico dei media che cercano di vivere facendo proprio a meno dei miliardari, che cercano cioè di costruire un sistema sostenibile.
Le aziende finanziate dai miliardari non sono sullo stesso campo di gioco e possono fare più male  che bene. Il punto è, appunto, come costruire un’ attività giornalistica  sostenibile che non richieda la carità di un miliardario.
I baci dei miliardari alle rane non produrranno nessun principe. Ma la tartaruga può invece avere qualcosa da insegnare all’ industria dei media e la sua ampia schiena può sostenere molti piloti .