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Paparazzi sullo schermo: troppi paparazzi uccidono il paparazzo…

Paparazzi sullo schermo: troppi paparazzi uccidono il paparazzo… E’ la conclusione di un articolo che raccoglie gli spunti principali di una tesi di laurea sulla rappresentazione dei paparazzi nel cinema che verrà discussa il 10 giugno prossimo all’ Università di Lione2. Il titolo della tesi, realizzata da Aurore Fossard, una collaboratrice di Culture Visuelle, è questo: Paparazzi à l’écran. Présence et disparition d’un personnage photographe dans la fiction cinématographique et télévisée occidentale (1940-2008).  Il lavoro sarà pubblicato presso le Edition du Bord de l’ Eau, nella collezione « Ciné-Mythologies », diretta da Vincent Lowy, nel 2014.

 

La tesi è frutto di cinque anni passati a rilevare e analizzare la presenza del personaggio del fotografo nel cinema, tre dei quali dedicati in particolare a quello del paparazzo, anni in cui – racconta la ricercatrice – ‘’ho misurato lo scarto che esiste fra la sua rappresentatività nella storia della fotografia e la sua visibilità nella cultura visuale all’ inizio del XXI secolo’’[1].

 

Paparazzi à l’écran : trop de paparazzi tue le paparazzi…

di Aurore Fossard
(Culturevisuelle)

 

Il nostro studio ha rilevato che quattro film si intitolano proprio e solo « Paparazzi »[2]. E’ una cosa sintomatica della potenza semantica di un termine che participa alla costruzione di un mito contemporaneo[3] della fotografia e della celebrità. Una delle nostre ipotesi è che la fiction cinematografica e televisiva è il luogo di elaborazione di un mito del ‘’cattivo fotografo’’, di una sorte di capro espiatorio essenziale alla storiografia della fotografia e della stampa. Inoltre il personaggio del paparazzo è l’ indicatore del posto crescente che ha la celebrità, industria nel cuore delle industrie mediatiche e culturali, nella fiction come nella società occidentale.

 

Un personaggio ‘’strumento’’  dunque, e questo almeno per due ragioni: per raccogliere/sostenere/veicolare i valori fastidiosi che induce una determinata pratica fotografica (il voyerismo, il furto, il mercantilismo); e per assicurare la prosecogenia del soggetto di cui ci parla André Gunthert, mostrare/valorizzare quello che deve essere fotografato, reso visible : la celebrità. Su quest’ ultimo punto il personaggio del paparazzo va sicuramente nel senso della proposta della sociologa Nathalie Heinich, che immagina la celebrità sotto una nuova terminologia, quella della visibilità[4]. Nel reale, può capitare al paparazzo di girare parecchio prima di catturare una celebrità. Sullo schermo dire ‘’paparazzo’’ signidica dire naturalmente ‘’celebrità’’, poiché la celebrità del soggetto è quello che definisce, fra le altre cose, lo statuto del fotografo. Nella fiction il personaggio del paparazzo è un agente della celebrità perché è il garante della sua visibilità.

 

Il paradosso del personaggio del paparazzo: essere al centro e sparire

 

Questi primi anni del secolo mostrano degli elementi molto interessanti nella rappresentazione del paparazzo nella misura in cui il personaggio sembra aver dei destini per o meno c contraddittori.

 

Da un lato, Tom DiCillo gli dà un ruolo di primo piano nel suo film Delirious (2006) e gli affida i tratti di Steve Buscemi, attore conosciuto largamente da pubblici molto diversi[5]. In questo modo DiCillo prosegue la dinamica cominciata da Alain Berbérian in Francia (Paparazzi, 1998) e Neri Parenti (Paparazzi, 1998) in Italia alla fine degli anni Novanta, che consiste nel piazzare il paparazzo nel cuore della storia. Il personaggio occupa anche uno dei due ruoli  principali nella serie televisiva Dirt (Matthew Carnahan, 2007-2008), con i tratti dell’ attore inglese Ian Hart, accanto al personaggio della redattrice capo interpretata da Courteney Cox – che è anche la produttrice della serie. Se ci si basa sui commenti degli internauti sul sito IMDB, il paparazzo di Dirt è uno dei personaggi più apprezzati dagli spettatori.

 

In quello stesso periodo abbiamo rilevato anche la presenza di personaggi-paparazzo nel film d’ animazione Cars (John Lasseter, 2006). Anche se non si tratta di personaggi rilevanti, i paparazzi appaiono sullo schermo come il segno della celebrità appena raggiunta da Lightning McQueen (il personaggio principale), una massa fotografante, meccanica (doppiamente, perché sono delle macchine armate con apparecchi fotografici) e minacciosa, proprio come li delineava il regista italiano Federico Fellini ne La Dolce Vita (1960), e, dopo di lui, dal duo regista-sceneggiatore neozelandese Roger Michell e Richard Curtiz in Notting Hill (1999) o ancora il produttore americano Mel Gibson e il suo parrucchiere-regista Paul Abascal, in una forma ancora più mostruosa, in Paparazzi (2004). Costruzioni di un fotografo seduttore ma gaffeur, egoista ma sadico, asociale ma gregario, dilettante ma anche professionale, queste rappresentazioni sono dei supporti di analisi preziosi per interrogare la storia e la sociologia di questo fotografo.

 

Dall’ altro lato, in quello stesso anno, debutta la serie Gossip Girl (2007-) che, senza essere esplicitamente dedicata ai paparazzi, dipinge un fenomeno importante nell’ industria mediatica: la porosità crescente del confine che separa il mondo dei paparazzi da quello delle celebrità, e quindi dell’ interferenza fra gli status degli uni e degli altri. In questa serie i personaggi sono paparazzi e ‘’paparazzati’’, secondo una terminologia relativa all’ uso dei cellulari come dispositivi fotografici[6]. Attori della « scandalous life of Manhattan élite », essi sono nello stesso tempo « the one and only source » a cui lo spettatore può affidarsi:  la base della serie è nel fatto che lo spettatore non sa chi è « Gossip Girl »[7]. L’ immagine di Serena (Blake Lively), che appare all’ inizio di ciascun episodio, mostra il viso del personaggio lasciando aleggiare il dubbio sul suo status: Serena è Gossip Girl oppure è il soggetto di Gossip Girl? Lei pè la fonte o l’ informazione?

 

L’ immagine che appare all’ inizio di ogni episodio di Gossip Girl

 

Tutti i personaggi potrebbero essere la misteriosa blogger ed è solo nella quarta serie che l’ identità di Gossip Girl viene rivelata per la prima volta. Tuttavia il seguito della serie (che non è ancora terminata mentre scrivo) persegue l’ idea di uno scambio permanente di status degli uni con gli altri giacché il computer di Gossip Girl, la fonte quindi, passa di mano in mano.

 

Come le prime camere fotografiche dei fratelli Lumière, gli smartphone permettono nello stesso tempo la ripresa e la visualizzazione delle immagini. Lo sviluppo innegabile della cultura della condivisione e, quindi, della diffusione delle immagini – fisse nelle prime serie e animate nelle successive – a un’ ampia rete fa del telefono, in quanto dispositivo produttore di immagini, un elemento essenziale della narrazione: crea legami fra i personaggi e dà loro visibilità. In effetti, questo strumento designa i personaggi che sono nella rete, « the ones that matter », quelli che contano e che bisogna seguire. In questa fiction, il media  – il cellulare, il computer – designa i paparazzi e le celebrità mischiando gli status di ciascuno.

 

Il telefono permette di individuare la posizione di Serena a Manhattan

 

D’ altronde, nel 2010, l’ attore-regista Adrian Grenier[8] realizza un documentario che tratta proprio di questo. Con una ‘’mise en abyme’’ e una messa in scena che testimonia l’ effetto perverso della visibilità, Adrian Grenier filma Austin Visschedyk, giovane paparazzo di 13 anni, preso in una sorta di spirale, diventando soggetto di una immagine che egli non controlla più. Dalla celebrità che indossa l’ abito di un paparazzo per comprenderne le motivazioni – Grenier si trasforma letteralmente in paparazzo nel corso della storia – al giovane paparazzo desideroso di vedere le vie della celebrità dischiudersi davanti a lui, il documentario si interroga di fronte alla porosità degli status degli attori delle industrie cinematografica e mediatica. Ma allora, se ciascuno può improvvisarsi paparazzo e chiunque può fare un po’ di ‘’buzz’’ per aver cantato in una stazione di servizio, come – e a che serve? – definire le caratteristiche che definiranno quello o quell’ altro personaggio? Rendendo interscambiabili i personaggi di paparazzi e celebrità, sono le iconografie proprie di ciascuna delle parti che vengono ruimesse in questione, e con ciò l’ immaginario che le avvolge.

 

La scomparsa visuale del personaggio come sintomo di onnipresenza e invisibilità delle pratiche fotografiche

 

Sullo schermo, la presenza di una celebrità nella vicenda giustifica quella di un personaggio-paparazzo; ugualmente, come abbiamo visto prima, la presenza di un paparazzo nella vicenda è il segno di una qualche rappresentazione della celebrità. Se i paparazzi e le celebrità diventano non identificabili in quanto non riconoscibili nella fiction, cosa avviene delle regole di un gioco che si stava giocando, fino ad allora, seco do la legge delle visibilità?

 

Nel paesaggio francese, due film contemporanei permettono di alimentare questa riflessione: Superstar (Xavier Giannoli, 2012, FR) e Parlez-moi de vous (Pierre Pinaud, 2012). Nel primo, i personaggi paparazzi più minacciosi sono quelli che Martin Kazinski (Kad Merad), il protagonista del film non può identificare perché sono come lui: dei cittadini lambda, che prendono il metro con lui, che gli somigliano, senza avere niente che li designa come tali, fino a quando non brandiscono tutti i loro cellulari – in una scena spaventosa e oppressiva – e lo accerchiano, lo mitragliano, lo tirannizzano al punto da indurlo a nascondersi, al riparo dagli sguardi e dalla luce – per bloccare gli sguardi inquisitori Martin si barrica in una camera d’ albergo che affonda nell’ oscurità. Questo film meriterebbe uno studio approfondito sull’ evoluzione della rappresentazione della celebrità e dei suoi segni della fiction (ci penserò…), ma per ora permette di corroborare l’ idea secondo cui i paparazzi sono sempre meno rappresentabili perché se.mpre meno identificabili.

 

Questa evoluzione della rappresentazione e della presenza del paparazzo nella fiction ci induce a porre la domanda: il paparazzo è condannato a sparire visualmente? Se la risposta fosse sì, questa scomparsa visuale del personaggio non sarebbe un modo per sottolineare l’ invasione di pratiche fotografiche meno visibili, meno spettacolari, ma onnipresenti e che finirebbero per superare, allora, la questione del ‘’personaggio’’ paparazzo?

 

Riflettrere su Parlez-moi de vous è altrettanto interessante perché questo film interroga una versione invisibile della celebrità. In questo film di Pierre Pinaud il  personaggio di Claire Martin, animatrice radio interpretata da  Karin Viard, alimenta la sua celebrità prendendo in prestito uno dei parametri dei paparazzi: lei è invisibile. In effetti la sua celebrità è costruita soltanto sulla portata della sua voce, sulla sua fama, e svelare il suo viso, riveklare la sua immagine – come riesce a fare un paparazzo che esce all’ improvviso dall’ ombra di un angolo di strada e che rappresenta un contraccolpo narrativo del film – equivakle a una vera minaccia per la sua celebrità, e quindi per il personaggio.

 

Qui, la visibilità come condizione sine qua non della celebrità contemporanea [9] viene rimessa in questione dalla fiction. Forse possiamo vedervi un modo, per la celebrità, di lottare ad armi pari contro i paparazzi: dove la forza di quest’ ultimo viene sempre di più dalla sua invisibilità, la visibilità della celebrità è, per estensione, un modo per rivedere le regole della celebrità e rimescolare le carte.

 

Not dead yet…

 

Dagli inzi degli anno 2000 il paparazzo appare, nella fiction ma anche più largamente nella cultura visuale, sia come nemico da battere che come pericolo che rinasce dalle sue ceneri. Lo abbiamo visto in un precedente post consacrato all’ iconografia utilizzata melle clip di Britney Spears, e possiamo osservare nuovamente questo immaginario in una applicazione per cellulari Android intitolata Stars VS Paparazzi – una applicazione che, stranamente, non è disponibile su iPhone. In questo gioco il giocatore è invitato a mettersi nei panni di una star e a combattere i paparazzi che l’ assillano da ogni parte su Beach Avenue. Per essere più efficace, la star deve fare appello a dei personaggi collegati, come le guardie del corpo e I fan, che l’ aiuitano nella sua missione.

 

Ecco il testo di presentazione dell’ applicazione di ”Stars VS Paparazzi” su Google Play

 

Il testo che presenta il gioco sul sito di Google Play la dice lunga sulle premesse ideologiche di una tale applicazione. Il campo lessicale del combattimento presenta senza ambiguità il rapporto che lega star e paparazzi: è la guerra! In questa configurazione, è interessante rimarcare che i fan sono rappresentati come gli ‘’amici fedeli’’ della star, anche se a volte possono essere almeno altrettanto fastidiosi e intransigenti dei paparazzi nelle loro richieste di immagini della star. In effetti, poiché i fan beneficiano innegabilmente del lavoro dei paparazzi nel loro rapport di ‘’conoscenza’’ della star, ci si può meravigliare di vederli combattere contro i fotografi con tanto fervore, a colpi di frusta e lanci di pietre. Insomma, una simile rappresentazione rafforza un immaginario manicheo che separa nettamente i ruoli di ciascuno – il giocatore naturalmente è invitato a identificarsi con il ruolo eroico della celebrità – e dà al paparazzo il ruolo del nemico.

 

 

L’ immagine di presentazione dell’ applicazione meriterebbe un’ analisi iconografica specifica. Per il momento diciamo che una tale rappresentazione se ne frega sia delle sottigliezze e delle sfumature che compongono le relazioni fra paparazzi e celebrità – ma il principio narrativo del video-gioco non si preoccupa di questi elementi – e sia dell’ ambivalenza che pervade gli status delle due oparti, come questa analisi ha tentato di mostrare. E questo non lo impedisce. Più di 2.300 utenti hanno installato Stars VS Paparazzi. E 1369 di essi gli hanno attribuito ✪✪✪✪✪. Una buona ragione per analizzarlo più da vicino…in un prossimo post.

 


 

[1] La mia tesi, intitolata : Paparazzi à l’écran. Présence et disparition d’un personnage photographe dans la fiction cinématographique et télévisée occidentale (1940-2008), sarà sostenuta pubblicamente lunedì 10 giugno prossimo all’ Università di Lyon 2. Il lavoro sarà pubblicato dalle Edition du Bord de l’Eau, nella collana « Ciné-Mythologies », diretta da Vincent Lowy, nel  2014.

[2] Paparazzi, Jacques Rozier, 1963, FR ; Paparazzi, Neri Parenti, 1998, IT ; Paparazzi, Alain Berbérian, 1998, FR ; Paparazzi, Paul Abascal, 2004, US.

[3] Sulla costruzione del mito contemporaneo rinvio a un articolo che uscirà presto: Aurore Fossard, « Paparazzi à l’écran. Construction d’un mythe contemporain », in Clément Chéroux (dir.), Paparazzi !, Catalogue d’exposition, Paris : Centre Pompidou, 2013.

[4] Nathalie Heinich, De la visibilité. Excellence et singularité en régime médiatique, Paris : Gallimard, 2012.

[5] Dagli anni ’90  Buscemi gira sia dei film cosiddetti ‘’indipendenti’’ (Reservoir Dogs, Quentin Tarantino ; Fargo, Joel et Ethan Coen ; Mystery Train, Jim Jarmush ; Living in Oblivion, Tom DiCillo) che delle grosse produzioni in stile ‘’blockbuster’’ (Con Air, Simon West ; Armageddon, Michael Bay, The Island, Michael Bay), che attirano con successo dei pubblici molto diversi.

[6] Varie opere registrano l’ uso di questo termine che qualifica soprattutto gli amatori che fotografano le celebrità con i cellulari: Jamil Dakhlia, Mythologie de la peopolisation, Paris : Le cavalier bleu, 2010 ; Nathalie Heinich, De la visibilité, op.cit. ; Lena Lutaud, Thierry Dromard, Les dessous de la presse people, Paris : La Martinière, 2006. E’ interessante osservare che già alla fine del XIX secolo i fotografi che scattavano delle fotografie ‘’sensazionali’’ con l’ aiuto di macchine di piccolo formato erano stati soprannominati  <<“snapshot” photographers>>  : « the new ’snapshot’ photographers dedicated themselves ‘to snap that which seems unsnappable, and which public exigencies often demand should not be snapped’ ». Nicholas Hiley, « The Candid Camera of the Edwardian Tabloids », in History Today, Vol. 43, Issue 8, 1993, disponibile (online) su http://www.historytoday.com/nicholas-hiley/candid-camera-edwardian-tabloids, consultato il  5/05/2012.

[7] Ogni episodio della serie di apre con questa frase: « Gossip Girl here. Your one and only source into the scandalous life of Manhattan élite ».

[8] Adrian Grenier interpreta il personaggio principale di Entourage, une serie americana di successo realizzata da Doug Ellin fra il 2004 e il 2011. Ha recitato anche in The Devil Wears Prada (David Frankel, 2006, US).

[9] E’ la frase di Nathalie Heinich in De la visibilité.

 

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