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Per un “New Journalism” digitale

La sopravvivenza dell’ informazione di qualità presuppone un nuovo approccio alla scrittura e alla cronaca.

 

L’ ispirazione potrebbe venire dal blogging e dalla narrazione in stile magazine o anche rifacendosi al movimento del New Journalism degli anni Sessanta e Settanta, quello codificato da Tom Wolfe e praticato, fra gli altri, da Truman Capote e Norman Mailer.

Un articolo di Frederic Filloux su MondayNote

 

 


The Need for a Digital “New Journalism”

di Frederic Filloux

(Mondaynote.com)

 

 

Il giornalismo sta invecchiando male. I manuali di scrittura delle redazioni tradizionali sono ancora fermi al formalismo novecentesco (ero tentato di scrivere “formalina”). Prendete un quotidiano, su carta od online. La struttura è ancora articolata nello stesso vecchio schema anni Cinquanta o anche prima. Il giornalista ha lo stesso, identico atteggiamento di chi si nasconde dietro i fatti. E la pagina ha lo stesso scheletro rigido fatto di paragrafi, elementi di colore, citazioni, ecc.

 

Odio le citazioni inutili. Il più delle volte, per i giornalisti, quelle citazioni hanno la stessa funzione del cartellino da timbrare. Sono un messaggio per il direttore: ‘Ehi, ho fatto quello che dovevo fare; ho chiamato x, y, z’. E, per il lettore: ‘Guarda, sto umilmente ponendo la mia personalità, il mio punto di vista, dietro i fatti,  che faccio ricostruire a queste persone ‘. Persone scelte dal cronista, che è poi il primo (e inevitabile) modo di rigirare e rivoltare una vicenda.

 

Il risultato poi sfiora il ridicolo quando, nel tentativo di semplificare il pensiero contorto delle fonti, il ragionamento si conclude con asserzioni dell’ esperto, tipo:

“Solo il tempo potrà dirlo”, conclude John Smith, direttore degli Studi sociali all’ Università di Kalamazoo, consulente per la Rand Corporation e autore di “Il deficit cognitivo degli scimpanzé iperattivi”.

 

Ogni volta che apro un giornale di carta (o leggo la sua versione on-line), resto di stucco nel vedere come sopravvive il vecchio stile di scrittura degli articoli. All’ insaputa dei capoccioni (i responsabili delle strategie editoriali) dei media tradizionali, le cose sono cambiate. I lettori non chiedono più il conforto di citazioni che appesantiscono il racconto. Vogliono essere accompagnati da A a B, con i migliori argomenti possibili e senza distrazioni o sprechi di tempo.

 

 

Diversi fattori impongono una urgente modifica del modo con cui i giornali vengono scritti.

 

1 / Il tempo a disposizione dei lettori. Le persone sono inondate di cose da leggere. Si comincia alle 7 del mattino e si finisce a tarda notte. La combinazione di contenuti professionali (mail, relazioni, presentazioni tipo PowerPoint) e feed dai social network hanno messo i contenuti tradizionali e quelli a valore aggiunto (news, libri) sotto forte pressione.

 La presenza di più dispositivi e il livello di attenzione variabile che ciascuno di essi comporta crea altre complicazioni: una casa editrice non può fornire lo stesso contenuto per lo schermo di uno smartphone che si legge stipati in metropolitana e per il tablet che si legge con comodo a casa. L’ editore deve quindi scegliere e decidere come produrre contenuti in forma sintetica e racconti più elaborati. Lo stesso vale per la costruzione interna dei contenuti: leggere un articolo che si sviluppa su più finestre utilizzando uno schermo da 22 pollici è piacevole, ma sarebbe assolutamente irrilevante metterlo su un dispositivo mobile da compulsare durate una colazione veloce.

 

2 / Il fattore fiducia: il contratto con la testata. Quando prendo una copia del New York Times, del  Guardian o di qualche importante quotidiano francese, questo atto materializza la mia fiducia (e la mia speranza) nella professionalità associata alla testata. In modo più granulare, la stessa cosa accade per il giornalista.

 Alcuni sono di solito sciatti, di parte, o seguono il gregge; altri sono così bravi da essere diventati essi stessi un brand. Ecco il punto: quando leggo il palchetto con la firma mi fido, suppongo che il giornalista abbia fatto tutto il lavoro che gli viene richiesto – raccogliere cinque o dieci volte la quantità di informazioni che poi  userà nel prodotto finale. Non ho bisogno che l’ articolo venga validato da una costruzione interna che risale al secolo scorso. Le citazioni verranno usate solo per raccogliere opinioni rilevanti da una fonte, oppure per sottolineare un punto saliente, e non come semplice strumento per dimostrare la propria correttezza professionale.

 

3 / La concorrenza dall’ interno. In modo abbastanza strano, i giornali hanno creato un proprio strumento per misurare la loro obsolescenza. Incoraggiando i loro redattori a scrivere sui blog hanno dato loro il via libera ad abbracciare delle pratiche più… moderne. Così molti giornalisti sono diventati più interessanti quando scrivono sui blog piuttosto che sulle pagine dei loro giornali o delle loro riviste.

 Ora, questa tendenza ha permesso di aggirare molti direttori ed editori che considerano il blogging come un genere secondario, qualcosa che può restare disponibile, al di fuori del paywall  per esempio. Cosa che si traduce in un doppio smacco: non solo il giornale non fa soldi con i blog, ma provoca una frustrazione  agli abbonati.

 

4 / L’ influenza dello stile di scrittura da magazine. Molto meglio dei quotidiani, le riviste hanno sempre avuto buon gioco nel catturare le preferenze dei lettori. Sono sempre state avanti nel campo delle ricerche di mercato, nel design grafico, nell’ evoluzione della scrittura. (Queste osservazioni valgono anche per le riviste pubblicate il fine settimana dalle grandi testate quotidiane).

 Per esempio, i giornalisti di settimanali e mensili sono stati rapidi ad adottare i racconti in prima persona che hanno ringiovanito il giornalismo ridandogli potenza narrativa. Mentre in molti quotidiani invece giornalisti e direttori ancora sono restii.

 

I media digitali hanno bisogno di inventare i  propri generi giornalistici. (Lo disco al ​​plurale, vista la molteplicità di supporti e dispositivi). Il web e la sua progenie mobile chiedono a gran voce per loro un New Journalism paragonabile a quello che fiorì negli anni Settanta. Mentre la blogosfera non ha ancora trovato il suo Tom Wolfe, l’ industria dei quotidiani ha ancora un ruolo fondamentale da svolgere: potrebbe essere in prima linea in questa evoluzione fondamentale del giornalismo.

 

In caso contrario, non farebbe altro che accelerare il suo declino.

 

(frederic.filloux@mondaynote.com)

 

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