Mathew Ingram, su Paidcontent, ribatte che bisogna rovesciare il punto di vista. Il giornalista trova offensivo ‘’qualcosa che invece molti altri vedono come una grande opportunità ’’: ‘’crearsi una vita in cui c’ è la possibilità di fare anche qualcosa che si ama, raggiungendo un pubblico o collegandosi con altri artisti, e, forse poter anche essere pagati. Cosa che non è affatto male’’.
Anche se uno non sapesse che l’ industria dei media è in subbuglio, potrebbe intuire che qualcosa non va dalla frequenza con cui le questioni finanziarie  si intromettono nelle discussioni sul giornalismo e la scrittura in generale. Domande come ” chi ci pagherà ? Come faremo a fare soldi ?”, e così via . Un caso del genere si è riproposto nel fine settimana con un articolo di commento sul New York Times dal titolo “Schiavi di Internet, Unitevi”
Scrivere gratis, naturalmente, non è come la schiavitù, come diverse persone avevano sottolineato nelle loro risposte al pezzo su Twitter – osserva Ingram -. Prima di tutto è una cosa largamente volontaria. E poi non è affatto vero che scrivere sia come fare chirurgia, la vecchia tesi che ogni tanto viene rispolverata quando si parla di queste cose.
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A un sacco di gente piace scrivere gratis
Come Derek Thompson sull’ Atlantic osserva rispondendo a Kreider – e come anche io ho cercato di evidenziare nel dibattito che si è svolto su Twitter, precisa Ingram – la scrittura non è neanche lontanamente come la chirurgia, o l’ avvocatura o il lavoro di idraulico . Pochissime persone fanno queste cose gratis (anche se molti avvocati, va notato, fanno anche del lavoro ” pro bono ” ), ma migliaia di persone scrivono senza compensi.
Perché lo fanno? È forse perché qualche complotto capitalista ha deciso che il loro lavoro non ha alcun valore, come molti dei sostenitori di Kreider sembrano pensare? No. In alcuni casi è perché gli piace farlo , e non hanno bisogno di soldi. In altri casi è perché la scrittura aiuta a pubblicizzare altre cose che invece fanno fare soldi, come Dan Lewis ha sottolineato in un post in cui racconta perché scrive gratis – cose come le newsletter o libri, o conferenze.
Kreider riconosce tra l’ altro nel suo pezzo che questa strategia funziona, quando dice :
” Il mio primo articolo pubblicato a livello nazionale era in una rivista universitaria, che pagava i collaboratori in copie, ma non ho mai più vissuto un momento più felice di quello nella mia carriera . E non è del tutto vero che non si ottengono benefici dalla visibilità – aver pubblicato sul New York Times mi ha aiutato a trovare un agente, che mi ha fatto fare un affare editoriale”.
Come più di una persona ha sottolineato su Twitter, ci sono sempre state persone disposte a scrivere per niente – con la differenza che le barriere di ingresso sono molto più basse ora. Per alcuni, questa è una grande cosa, una democratizzazione di contenuti che permette a chiunque di raggiungere un pubblico potenziale. Mentre per altri – osserva Ingram-, questi scrittori che lavorano gratis sono come dei ‘’crumiri’’ virtuali che rompono i picchetti sindacali e metteno in pericolo la sopravvivenza di altri scrittori.
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L’ abbondanza è più dirompente della scarsitÃ
Diverse persone cercano di sostenere che sono solo gli editori a stabilire il prezzo per le cose , e che quindi rovinano il settore non pagando i collaboratori   anche se persino Kreider ammette nel suo pezzo che la maggior parte delle persone che gli chiedono di fare qualcosa gratuitamente non hanno molti soldi o non ne hanno affatto. Ma il problema è che questo modo di vedere rovescia le cose: la realtà è che i media o il contenuto in senso lato sono passati da una situazione di  monopolio dell’ offerta a una situazione, opposta, di dominio della domanda, che ha radicalmente cambiato i dati economici essenziali del settore.
Come Clay Shirky ha chiarito – prosegue Ingram -, l’ abbondanza pesa nel cambiamento molto più della scarsità (“abundance breaks more things than scarcityâ€)  e forme come la scrittura (o la musica) ne sono un grande esempio. La narrazione non è diventata gratuita o poco costosa perché nessuno la vuole più ma perché ce n’ è così tanta in circolazione che il suo valore intrinseco è stato eroso – e il contenuto pubblicitario che serviva per sostenere la diffusione della scrittura ha perso valore altrettanto rapidamente.
E ‘una brutta situazione per molte persone? Certo che lo è, proprio come la amatorizzazione della fotografia (ad esempio) crea forti difficoltà per molti professionisti del settore. Ma è senza dubbio un bene per molti altri – alcuni dei quali possono ora crearsi una vita in cui c’ è anche la possibilità di fare qualcosa che si ama, raggiungendo un pubblico o collegandosi con altri artisti , e che forse potranno anche essere pagati per questo. Cosa che non è affatto male.