Stampa on line, in Francia il messaggio è ‘’Cavarsela insieme’’

JpelDopo le Assises du journalisme a Metz segnate dalla depressione generale, è toccato alla giornata della stampa on line organizzata dello Spiil ridare morale alle truppe.

 

Missione riuscita a metà, ma ennesima conferma che la stampa on line transalpina è viva e determinata più che mai a vendere cara la pelle.

 

 

di Andrea Paracchini

 

Si è tenuta venerdì 14 a Parigi la 4a giornata della stampa on line organizzata dal sindacato Spiil che riunisce molti dei siti web di informazione indipendenti d’oltralpe.

 

La giornata si è aperta con un acceso quanto inconcludente confronto sui finanziamenti alla stampa. L’occasione era ghiotta perché per la prima volta si trovavano sullo stesso palco Ludovic Blecher, direttore del Fondo Google-AIPG per l’innovazione digitale della stampa (Finp), Maurice Botbol, presidente dello Spiil e Sylvie Clément-Cuzin, sotto-direttrice della stampa scritta e dei mestieri dell’informazione al ministero della Cultura e della Comunicazione e Corinne Denis, presidente del groupement des éditeurs de services en ligne (Geste). Il risultato è stato ahimè un dialogo fra sordi in cui lo Spiil, padrone di casa, ha ribadito le sue consuete rivendicazioni, di fronte a grandi editori – ampiamente rappresentati nel fondo google – e governo saldamente ancorati alle loro posizioni.

 

Anche per questo sono risultati molto più interessanti i panel successivi, in particolare quelli in cui si è discusso di modelli economici vincenti. Sembra chiaro infatti che la stampa tradizionale non sembra intenzionata a rinunciare alla posizione di vantaggio che occupa e che l’azione del governo sarà improntata a logiche di razionalizzazione, senza prendere particolarmente in conto le esigenze dei pure players.

 

 

Hospimedia: l’informazione professionale a valore aggiunto

 

Hospimedia è un caso interessante, in un settore complesso come quello dell’informazione professionale. Nella fattispecie, si tratta di un sito di informazione che tratta di gestione e organizzazione delle strutture sanitarie. Creato a Lille nel 2002, si rivolge esclusivamente a istituzioni: ⅔ dei 1.200 abbonati sono delle strutture ospedaliere, il resto sono essenzialmente ministeri e uffici della pubblica amministrazione. L’abbonamento forfettario (utilizzatori illimitati) è annuale e calcolato in base alla taglia della struttura. In media è di 1.600 euro l’anno, ma nei fatti varia dai 300 ai 25.000 euro all’anno. Il sito genera così 2 milioni di euro l’anno di fatturato con un margine del 30%, cui si aggiungono 800 000 euro ricavati da un’attività di diffusione di annunci. Abbastanza da permettergli di raggiungere, da ormai oltre sei anni, l’equilibrio a fine anno. Ma non è stato semplice, riconosce Christian Nicoli, presidente della società.

 

“Inizialmente avevamo sottovalutato le difficoltà e pensavamo ci sarebbe voluto meno. Avevamo solo due commerciali, mentre oggi sono dodici, assunti e stipendiati. Sono loro il vero fattore di successo.”

 

Il loro compito è di contattare le strutture ospedaliere e proporre un periodo di test di un mese. Quotidianamente ci son oltre 3.000 test in corso. Sono sempre loro che rilanciano ogni anno gli abbonati per ottenere il rinnovo, atto non scontato considerato che in questo tipo di strutture le decisioni vengono prese collegialmente. E che i concorrenti sul settore non sono molti, ma agguerriti. Eppure il tasso di rinnovo è del 95%

 

Creato con 800 000 euro di fondi raccolti presso investitori esterni, il sito ha appena completato un secondo aumento di capitale per finanziare la crescita. I canali di sviluppo sono il mobile – che oggi rappresenta solo il 25% ma cresce rapidamente – e nuovi clienti: le 10.000 case di riposo del paese oltre che le tante imprese fornitrici delle strutture ospedaliere. E’ invece escluso che Hospimedia si lanci nell’organizzazione di fiere ed eventi, cosa che lo porterebbe a entrare in concorrenza con i suoi attuali partner commerciali.

 

 

Mediapart: successo scoop-driven

 

Jpel2Su LSDI abbiamo già parlato in passato di Mediapart, uno dei più grandi successi del panorama on line transalpino. E della recente difficoltà a mantenere un ritmo di crescita costante negli abbonamenti, unica sua fonte di reddito. Alla Journée de la presse en ligne, Estelle Coulon, direttrice marketing della creatura di Edwy Plenel è entrata nel dettaglio della strategia del pure player. Oggi Mediapart – 80.000 abbonati – offre tre formule: prova (1€ per 15 giorni di consultazione), mensile (9€ al mese) e annuale (90€ all’anno). Impossibile invece l’acquisto di singoli articoli, proprio per non cannibalizzare gli abbonamenti. Del resto, la prima formula, quella di prova, sembra dare oggi buoni risultati, se, come afferma la direttrice marketing, 90% di quanti aderiscono restano abbonati. Questo è probabilmente dovuto al fatto che la formula prevede una tacita riconduzione dell’abbonamento al termine del periodo di prova (è l’obbligo di inviare una lettera scritta per interrompere l’abbonamento). Un’ipotesi che sembra confermata dal precedente fallimento dell’offerta a 0€ per 15 giorni. Anche la possibilità per gli abbonati di offrire un mese gratuito o l’accesso gratuito a un amico sembra funzionare bene. Più ambiguo il risultato di operazioni di abbonamento raggruppato. Il partenariato con @rrêt sur images nell’anno delle elezioni presidenziali è stato un successo, al punto da indurre i due pure player a ritentare l’operazione nel 2013…con un sostanziale fiasco.

 

Gli sforzi del marketing non sono oggi tanto tesi a migliorare l’offerta commerciale quanto più a meglio comunicare il prodotto editoriale. Una trasmissione in diretta live accessibile a tutti è così organizzata ogni mese su un tema di attualità ma non solo. Si pensa anche a una migliore valorizzazione dei contenuti multimediali, oggi relegati a fondo “pagina”. E la sezione “Club”, situata all’esterno del paywall, passerà in responsive design nel marzo 2014, per essere più accessibile tramite mobile (dove oggi la testata totalizza solo il 5% degli accessi nonostante esista da oltre due anni un’applicazione dedicata). Il fondatore Edwy Plenel vorrebbe ugualmente puntare più sulla diversificazione editoriale, insistendo ad esempio sui temi culturali. L’impressione, confermata dalle parole di Estelle Coulon, è che Mediapart non abbia ancora il pieno controllo del proprio successo.

 

“Certo, la varietà dei contenuti è un buon modo di fidelizzare i propri lettori. Dal punto di vista del numero di abbonati però, la curva degli abbonamenti è nel complesso lineare ma sono ancora gli scandali che il giornale porta alla luce a farci crescere. Basti pensare che la sola affaire Cahuzac ci ha portato 10.000 nuovi abbonamenti in un mese”

 

 

Piano Media: paywall nazionale

 

Piano Media è una società con sede in Slovacchia che ha concepito e implementato soluzioni paywall per un’ottantina di siti, in particolare nell’Europa centrale. Jan Cifra, responsabile dello sviluppo, spiega:

 

“Non lavoriamo solo sull’aspetto tecnico perché è la concorrenza mondiale è troppo competitiva. Prima di proporre una soluzione tecnica, analizziamo le statistiche di traffico con strumenti molto più sofisticati di Google Analytics ed eseguiamo dei comparativi con il nostro benchmark per identificare quali sono i contenuti di maggior valore”

 

L’obiettivo non è infatti di rimpiazzare la pubblicità ma di esserne complementari. Le formule di remunerazione adottate variano. Piano Media preleva un 30% di commissione quando si fa carico degli abbonamenti e del marketing, 20% quando è l’editore a gestire queste fasi. In ogni caso, la società firma sempre degli accordi di condivisione dei dati degli abbonati, che restano a disposizione dell’editore.

Piano Media però lavora ugualmente su operazioni collettive, per offrire con una sola soluzione accesso a un bouquet di più media. E’ il caso ad esempio della piattaforma creata con alcuni editori polacchi per l’accesso a 12 pubblicazioni.

“Abbiamo cominciato con due gruppi e ci abbiamo messo un anno per lanciare l’offerta. Una piattaforma nazionale è indicata quando i lettori non hanno l’abitudine di pagare l’informazione. Se tutti i giornali si trovano nella piattaforma infatti, questi non avranno alternative gratuite a disposizione”

 

L’accesso ai contenuti in Polonia costa oggi 50€ all’anno, di cui il 30% resta a Piano Media per il marketing, 40% va all’editore che ha raccolto l’abbonamento e 30% viene distribuito fra gli editori in funzione dei dati di traffico. Oggi, alcuni editori cominciano a implementare sulla piattaforma anche una seconda offerta a pagamento, per proporre un contenuto premium a quei lettori che possono o vogliono spendere di più.

 

 

Pure players locali: verso una concessionaria comune

 

Su LSDI ci siamo già occupati in passato dell’effervescente panorama dei pure players locali francesi, sempre alla ricerca di nuovi modelli economici. Nel paese se ne contano oggi una sessantina per un fatturato di 2,5 milioni di euro e un centinaio di posti di lavoro. La Journée de la presse en ligne è stata l’occasione per scoprire alcune nuove esperienze in corso. Mentre infatti nella sala affianco venivano presentate le esperienze dell’olandese De Correspondent e del partner spagnolo di Mediapart Infolibre, Cécile Dubois, capo redattrice di 94 Citoyen, presentava il suo progetto di creazione di una concessionaria pubblicitaria comune per i siti di informazione locale.

 

“Abbiamo cominciato in giugno con 15 siti e siamo già a una ventina, per un bacino complessivo di visitatori unici che entro la fine del 2013 dovrebbe raggiungere i due milioni”

 

La parola d’ordine, un po’ come nel caso di Piano Media, è anche in questo caso mutualizzazione. I siti – tutti ufficialmente registrati e animati da giornalisti professionisti – puntano infatti a costituire una massa critica che li renda più visibili e identificabili da parte degli inserzionisti rispetto a blog e stampa locale tradizionale.

Christine Turk, direttrice commerciale del pure player nazionale Slate.fr, commenta benevolmente l’operazione dei colleghi:

 

“I direttori marketing cercano soluzioni semplici e una concessionaria unica consente in effetti di non dover negoziare un media alla volta. Mentre a livello nazionale più media con la stessa concessionaria finirebbero per rubarsi la pubblicità, localmente è proprio unendosi che le testate possono costituire un target abbastanza ampio da interessare un inserzionista nazionale”.

 

La speranza per questi siti è quella di riuscire a fare concorrenza a Google promettendo l’accesso a un pubblico fidelizzato – composto di semplici lettori ma anche di opinion leader locali – per messaggi pubblicitari altamente contestualizzati.

 

 

2081.info[1]: il pensatoio dell’informazione di domani

 

Jpel3Era la sorpresa annunciata per questa giornata. Una piattaforma creata e finanziata dallo Spiil ma aperta a tutti gli editori, quale che sia la loro natura, oltre che a giornalisti, esperti di media e semplici lettori. Lo scopo è semplice quanto ambizioso: discutere e riflettere del futuro dell’informazione (e non della stampa). Per intanto, il sito ospita tre dibattiti. Il primo ruota attorno alla madre di tutti le questioni: Quali modelli economici per la stampa on line? Al momento contiene quattro contributi fra cui quello del sociologo dei media  Jean-Marie Charon, quello su Il valore aggiunto delle banche dati a cura del noto datajournalist francese Nicolas Kayser-Bril e due esempi, ActuEnvironnement, importante sito specializzato in informazione professionale su tematiche ambientali e di ActualLitté, sito di attualità letteraria. Gli altri due dibattiti riguardano le applicazioni native e il diritto all’informazione. Ma il loro numero è destinato a crescere rapidamente. Fra un anno il bilancio.



[1] La domanda è scontata: perché 2081 ? Nella risposta c’è tutto il gusto francese per la Storia con la S maiuscola. Secondo i creatori del sito infatti, la storia della stampa francese si articola attorno a quattro date fondamentali per la sua libertà e indipendenza. La prima è il 1781, quando Jacques Neker, ministro di Luigi XVI, osa rivelare le pensioni versate ad alcuni nobili, in nome della trasparenza dei conti pubblici. La seconda è il 29 luglio 1881, data del voto della legge sulla libertà della stampa, ancora oggi in vigore. Un secolo dopo, siamo nel 1981, il governo mette fine al monopolio di stato sulla radio e la televisione lasciando campo aperto alle prime radio libere. E nel 2081 ? Si spera di non dover attendere così a lungo per rispondere a molte delle domande già presenti sulla piattaforma…