Un’ etica per chiunque fa giornalismo (anche se non è giornalista)
‘’To Commit acts of journalism’’: nel gergo pubblicistico americano l’ espressione* sta entrando nell’ uso comune ora che all’ interno della produzione giornalistica si intrecciano sempre di più i contributi di figure un tempo esterne al processo e cresce in maniera rilevante il perso delle comunità . Josh Stearns**, giornalista ed esperto di strategie nel campo dell’ organizzazione dei cittadini pone qui il problema di una etica per il nuovo giornalismo, un insieme di risorse che siano valide per tutti coloro che fanno giornalismo (anche non essendo giornalisti professionali), per tutto il nuovo ‘’quarto potere’’ che si sta costruendo in Rete.
Ne abbiamo già parlato (qui e qui), ma riteniamo utile segnalare le nuovi voci che nel mondo adottano questo nuovo punto di vista, anche alla luce del dibattito in corso al Consiglio nazionale dell’ Ordine sulla Riforma.  Â
  Considering Ethics for Anyone Who Commits Acts of Journalism
di Josh Stearns
Quale etica per il nuovo giornalismo? Di fronte al cambiamento del panorama tre delle maggiori istituzioni Usa che si occupano di giornalismo hanno lanciato in questi giorni un dibattito fra i loro membri, l’ Online News Association, la Society for Professional Journalists e il Poynter Institute, che ha appena pubblicato un saggio dal titolo “The New Ethics of Journalism.â€
Poynter ha utilizzato l’ uscita del libro per organizzare alcuni incontri pubblici sulla questione (…) e una delle cose più interessanti è stata detta da Mark Glaser (di Pbs MediaShift), secondo cui il manuale ‘’non è diretto ai giornalisti ma a tutti coloro che fanno attività giornalistica’’ (‘’…commits acts of journalismâ€). E infatti gli autori del manuale, Kelly McBride e Tom Rosenstiel, hanno lavorato intensamente per impostare un quadro di quello che può essere rilevante e significativo per l’ insieme delle persone che partecipano al giornalismo oggi.
Rosenstiel, in particolare, è convinto che oggi l’ etica debba essere incorporata in ogni momento di giornalismo, non solo nell’ insieme di valori attribuiti a una redazione o a una testata giornalistica. Il modo in cui i contenuti si diffondono on-line mostra bene, dice,  come il giornalismo sia spesso scollegato dalla fonte e quindi non si possa contare sempre sui brand per stabilire fiducia con il lettore . Il pubblico ha bisogno di vedere, all’ interno del processo giornalistico stesso, se questo pezzo sia degno di fiducia e come rifletta una ipostazione etica. Questo è il motivo per cui Rosenstiel e McBride danno nel loro libro un maggior rilievo alla trasparenza rispetto all’ indipendenza, una decisione che a sua volta ha scatenato un utile dibattito.
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Costruire fiducia è una’’trattativa’’ con la comunitÃ
Monica Guzman, del GeekWire e del Seattle Times, ha sottolineato come la necessità di rivalutare l’ etica nel settore sia determinata dai cambiamenti dei ruoli e delle relazioni tra pubblico e giornalisti. Come esempio ha parlato della copertura giornalistica dopo gli attentati alla maratona di Boston segnalando che la comunità poneva ai giornalisti delle domande difficili. “Sei sicuro? ” , e “Qual è la tua fonte ? “. E Vivian Schiller, di NBC News,  ha convenuto che “i social media stanno insegnando ai cittadini a porre ai giornalisti le domande giuste”.
Delle considerazioni analoghe erano emerse  l’ estate scorsa in un workshop  organizzato dalla Online News Association in cui giornalisti e addetti ai social media avevano raccolto  da membri della comunità Boston le loro esperienze durante e dopo la vicenda degli attentati. I membri della comunità erano profondamente scettici su quasi tutto ciò che vedevano e si sentivano spinti a porre domande difficili ai giornalisti. La maggior parte dei cittadini hanno raccontato che nei momenti più acuti della crisi si erano affidati alle conoscenze che già avevano con giornalisti o redazioni esistenti su cui sentivano maggiormente di poter fare affidamento, che fosse una stazione radio pubblica locale o un blog satirico su Tumblr che aveva messo da parte l’ umorismo per dare notizie e  informazioni utili alla loro comunità .
Clay Shirky pensa che le persone stanno adottando competenze giornalistiche e un sano scetticismo perché sono obbligate a farlo. Un tempo  la fiducia proveniva da un senso di autorità radicato nella scarsità , ma oggi la fiducia deve essere negoziata in modo nuovo. ” L’ uomo che segue un solo giornale sa qual è la notizia”, spiega Shirky . ” Quello che legge due testate non è mai convinto”. Oggi dobbiamo pensare alla notizia come pensiamo alle condizioni del tempo, ha aggiunto. Sempre in termini di probabilità . L’ abbondanza di notizie ed informazioni sta coltivando un pubblico sempre più sofisticato che vuole capire non solo la notizia in sé stessa ma anche il processo che le sta dietro.
La trasparenza di per sé non è sufficiente: il nostro pubblico guarda sempre di più anche alla responsabilità .
“La nostra più grande opportunità – secondo Guzman – è che ogni nuova voce, ogni testata giornalistica, debba guadagnarsi la fiducia”.
Si tratta di una negoziazione costante, un rapporto all’ interno di un flusso. E ‘ sempre incompiuto.
Tom Rosenstiel riformula questa tensione tra abbondanza e scarsità nelle parole di due studiosi del settore, Lee Bollinger e Vartan Gregorian. Rosenstiel dice così :
“Lee Bollinger ritiene che la Suprema Corte, nelle sue decisioni sul Primo Emendamento, abbia rafforzato una idea su tutte, e cioè che da una diversità di vedute e di fonti ci sono più probabilità di arrivare alla verità . Vartan Gregorian invece ha più volte osservato che quando le informazioni sono in grande abbondanza è più difficile arrivare alla conoscenza, perché dobbiamo vagliare ulteriori dettagli e la dissonanza cresce”.
Dal punto di vista di Rosenstiel nel campo giornalistico oggi abbiamo di fronte un gap  tra l’ avere “gli ingredienti per una comprensione più accurata degli eventi e dei fatti pubblici” e la capacità di riuscire a “vivere a quel livello”. Colmare il gap è un lavoro duro e non è facile. Ma stiamo iniziando a capire a che cosa questo lavoro assomiglia.
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I tre pilastri della nuova etica del Poynter Institute sono la verità , la trasparenza e la comunità . È da notare che la comunità gioca un ruolo di primo piano, anche se c’ è ancora molto da fare sul piano dell’ evoluzione dell’ etica nel giornalismo partecipativo, nella collaborazione con la comunità e nella costruzione di rapporti reciproci di approfondimento con gli stakeholder esterni alla redazione.
Poynter sta progettando un nuovo evento per continuare questa discussione e ha creato sul suo sito un luogo dove continuare il dibattito.  Mentre la conversazione qui – alla Online News Association e alla Society of Professional Journalists – prosegue spero che ci sarà più spazio per parlare con la comunità , e non solo su di essa. Come questa discussione ha mostrato, le nostre comunità sono affamate di questa conversazione e le nostre redazioni sono in una ottima posizione per contribuire a facilitare un dialogo più aperto sull’ etica del giornalismo per tutti gli atti di giornalismo.
La trasparenza non dovrebbe essere solo una linea guida per il reporting, ma per tutti i modi in cui le nostre redazioni organizzano i loro contatti con le comunità . Dobbiamo accogliere le nostre comunità all’ interno del processo di produzione giornalistica e quindi anche nei nostri dibattiti su etica , responsabilità e impatto .
Crescono sempre di più persone le persone che partecipano all’ attività giornalistica sia come produttori che come collaboratori e diffusori, e sono alla ricerca di spunti significative e dei modi per aderire a questo dibattito . Dopo gli attentati alla maratona di Boston ho fatto  una serie di dibattiti e conferenze su social media, ultime notizie e lavoro di verifica. E spesso i cittadini mi hanno chiesto se ci sono guide, risorse e manuali progettati per loro, che parlavano dei problemi e delle questioni che loro si stavano ponendo.
Gruppi come quelli vicini alla Citizens Campaign e progetti come il Mediactive di Dan Gillmor stanno cercando di creare questo tipo di risorse. Ma potremmo fare molto di più nella nostra collaborazione con le organizzazioni locali se sostenessimo questo tipo di alfabetizzazione attiva e impegnata per aiutare le nostre comunità a costruire intorno al nuovo quarto potere in rete una etica per tutti.
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Da consultare anche:
– Why Journalism Needs to ‘Do’ Ethics, Not Focus on Defining Journalists, by Stephen Ward
– Let’s Stop Defining Who Is a Journalist, and Protect All Acts of Journalism, by Josh Stearns
– Why Defining a Journalist Is Messy But Crucial, by Jonathan Peters and Edson C. Tandoc, Jr.
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*In italiano è meglio tradurre con ‘’fare attività giornalistica’’ (visto che il commettere – o fare - atti… ricorda troppo i famosi atti ‘’impuri’’ del divieto catechistico)
**Josh Stearns è un giornalista e uno studioso di strategie per l’ organizzazione delle comunità . E’ direttore della Public Media Campaign for Free Press, un’ associazione non-partisan e non-profit impegnata nella riforma dei media  attraverso l’ educazione e l’ impegno. Su Twitter @jcstearns.