Una guida per avere più donne fra gli esperti nei dibattiti televisivi in Francia

Esperte

Più parità anche sugli schermi.

 

E’ questa l’obiettivo della “Guide des expertes”, un annuario realizzato da un’ agenzia francese per promuovere la presenza femminile in qualità di esperte all’interno dei talk show e delle trasmissioni di approfondimento.

 

In Francia infatti, meno di due invitati su dieci sono donne.

 

 

 

 

Le donne francesi sono grandi consumatrici di televisione. In media, passano davanti al piccolo schermo quasi quattro ore e mezza al giorno contro meno di quattro ore per gli uomini. Sono donne il 56% dei telespettatori contro il 52% della popolazione. E dall’altro lato dello schermo? Quante sono le donne in tv? Poche. Non tanto nel giornalismo, dove la parità, almeno fra i giovani, si avvicina, quanto più nel ruolo di esperte nelle trasmissioni di approfondimento e nei TG. Secondo un rapporto realizzato nel 2011, meno di due su dieci!

 

E’ per tentare di riequilibrare la situazione che è nata “Le Guide des expertes”, un annuario, oggi alla sua seconda edizione, che raccoglie 317 nomi di esperte competenti e riconosciute in una grande varietà di tematiche: economia, politica, ambiente, scienze sociali…

 

 

Il progetto è partito dall’agenzia EpOke Conseil; nata dall’incontro fra Marie-Françoise Colombani, ex-capo redattrice ed editorialista della rivista Elle e di Chekeba Hachemi, un passato alla direzione marketing della multinazionale Arjo Wiggins e prima rappresentante diplomatica donna del governo afgano presso l’Unione Europea. Inizialmente le due donne hanno raccolto un centinaio di profili di esperte residenti nella capitale, inviati gratuitamente alle principali redazioni. La guida è stata poi arricchita e distribuita in 1 500 copie dalle Editions Anne Carrière.

 

“Agli uomini l’ economia, alle donne i bambini”

 

Tutto nasce dalla pubblicazione del Rapport 2011 de la Commission sur l’image des femmes dans les médias – Les expertes : bilan d’une année d’autorégulation, realizzato da Brigitte Grésy, ispettrice dell’Inspection générale des affaires sociales per valutare gli effetti di un accordo firmato dai media francesi nel 2010 nel quale si impegnavano ad aumentare la presenza di donne nel corso delle trasmissioni televisive, radiofoniche e anche sui giornali. Bilancio catastrofico: solo il 18% degli esperti apparsi in tv è donna (il 15% di quelli intervistati sulla stampa, il 23% di quelli in radio).

 

Una realtà che è balzata agli occhi di Chekeba Hachemi, che così spiegava in un’intervista ad Elle:

 

“Che si parli di crisi economica, di nucleare o di immigrazione, tutti i dibattiti in tv si svolgono fra uomini. Bisogno di uno specialista, di un universitario o di un consulente? I giornalisti e produttori si rivolgono immancabilmente a degli esperti in giacca e cravatta. Le donne sono lasciate al ruolo di testimone della vita quotidiana: si chiede loro dei bambini, dell’educazione, della saluto del potere d’acquisto…Ma non appena si tratta di soggetti “seri”, le si taglia fuori”

 

L’esempio classico nel panorama televisivi d’Oltralpe è la trasmissione C’est dans l’air (E’ nell’aria) del giornalista Yves Calvi. In onda nel preserale settimanale della rete pubblica France 5, questo talk – che potrebbe ricordare Otto e ½ di La7 – vede immancabilmente sfilare da anni gli stessi uomini bianchi, anziani e conservatori. Un esempio? Nella settimana dal 14 al 18 febbraio, sui 20 ospiti ricevuti (quattro a puntata) per parlare ad esempio di Egitto, Tunisia e sondaggi, 17 erano uomini. E due delle tre donne invitate hanno partecipato ad una puntata sulla presenza femminile nei ranghi del governo !! Non stupisce dunque che la trasmissione, e il suo conduttore in particolare, è diventata il bersaglio preferito dal collettivo La Barbe, un’associazione femminista che si prende gioco dei consessi troppo “testosteronici”.  E dire che l’anno scorso il produttore della trasmissione, che nel rapporto 2011 mostrava un vergognoso tasso del 7% di donne fra gli ospiti, si era impegnato ad avere almeno una donna ad ogni puntata. Una modesta quota rosa ben presto disattesa: nel giugno del 2012, ad esempio, solo otto delle ottanta personalità invitate erano donne, persino meno del 7%!

 

 

Tante scuse, più o meno credibili

 

Del resto, a giudicare certi dibattiti essenzialmente mascolini, si ha l’impressione che le rare donne invitate servano più da alibi che altro. Il magazine M di Le Monde aveva dedicato un lungo servizio al fenomeno in cui si citavano ad esempio assistenti di programma che non esitavano, al telefono con una potenziale ospite, ad ammettere di “avere bisogno di una donna” o che “nella tua fascia d’età sei la sola” o ancora chiedere, in caso di indisponibilità “non conosceresti un’altra donna che potrebbe intervenire?”.

 

Ci sono poi tutta una serie di scuse avanzate dai direttori di programma e dagli addetti ai casting delle differenti trasmissioni. Intanto, la tv è a volte lo specchio della realtà e ci sono ambienti, è il caso dei consigli d’amministrazione delle grandi aziende quotate, in cui in effetti le donne sono sotto rappresentate. Se l’autrice della guida sottolinea come certe ricercatrici abbiano molte più pubblicazioni dei maschi specialisti della materia abitualmente ospiti delle trasmissioni tv, gli uomini del mestiere, citati ad esempio nella meticolosa inchiesta di M, ribattono che per andare in onda non basta essere competenti, bisogna anche essere buoni divulgatori capaci di rispettare codici, convenzioni e limiti del mezzo televisivo. Ma questo non vale anche per gli uomini? Altri si giustificano poi con l’effetto “visto in tv”, per cui le trasmissioni si rubano gli ospiti che bucano meglio lo schermo (in Italia, esempi del fenomeno dell’“ospiti di professione” non mancano). Oppure con il “peso” della consuetudine. In settembre, il redattore capo del TG delle 8 di France 2, Pascal Doucet-Bon, si giustificava in un articolo apparso su Télérama.

 

“Cerchiamo di variare, di invitare anche delle donne, ma non è sempre facile. Quando sollecitiamo le istituzioni, quelle continuano per lo più a proporci degli uomini. Al contrario, l’ambiente universitario sta al gioco e troviamo sempre più specialiste in matematica e fisica”

 

Ci sono poi motivi pratici, legati al ruolo che le donne ancora rivestono nella gestione della “logistica” familiare e che impedirebbero loro di accettare di partecipare ad una trasmissione senza il sufficiente preavviso. Per attivare infine a teorie psico-antropologiche, ammesse persino dall’autrice della guida, secondo le quali gli uomini sarebbero più propensi a cercare il quarto d’ora di gloria. Inviano libri, sono sempre disponibili per far pubblicità a sé o al loro ultimo libro e prendono il rischio di pronunciarsi anche su argomenti che esulano dal loro campo. Senza contare quella che Brigitte Grésy evoca come una forma di autocensura, dovuta ad un deficit storico di legittimità.

 

 

La risposta giusta?

 

In Francia, nessuno sembra voler sentir parlare di quote rosa in tv. Dalle istituzioni viene piuttosto un incoraggiamento alle iniziative vote a creare banche dati di esperte a disposizione dei media. France Télévision lavora ad un annuario interno di esperte condiviso da tutte le redazioni. L’associazione Voxfemina ha creato un sito internet con recapiti, biografia e specializzazioni delle sue aderenti. Quanto alla “Guide des expertes”, la seconda edizione pubblicata a fine gennaio, ha potuto fregiarsi di una prefazione firmata da Najat Vallaud-Belkacem, ministra per i Diritti delle Donne e dall’antropologa Françoise Héritier, professoressa onoraria del Collège de France.Questa seconda edizione, comprendente oltre 300 referenze, ha poi tenuto conto di alcune critiche che le erano state rivolte ed in particolare un approccio eccessivamente accademico alla nozione di competenza. Basterà? Per il blog Bigbrowser di Le Monde però la guida ha dei limiti.

 

“Questa guida non risolverà un problema endemico dei media francesi [e non solo, ndr], legato ad una forma di pigrizia: quello di invitare sempre gli stessi esperti in tutte le trasmissioni. Oltretutto, il fatto che la guida sia “sponsorizzata” dal ministero rischia di frenare certi giornalisti dal dare la parola a delle invitate approvate dal governo”

 

 

In realtà, il governo non ha partecipato alla redazione della guida, ma si è limitato farne la promozione. La vera soluzione tuttavia sarebbe un’altra:

 

“Per uscire dal circolo ristretto dei soliti esperti mediatici, ci vorrebbe anzitutto un po’ più di curiosità da parte dei giornalisti e delle televisioni, ma anche un po’ più di tempo per scovare invitati più vari dal discorso meno banale”

 

 

Andrea Paracchini