A venti anni di distanza il duplice omicidio verrà ricordato con una serie di iniziative, e, soprattutto, nell’ ambito della ventesima edizione del Premio Giornalistico “Ilaria Alpiâ€, evento che ogni anno testimonia la voglia e la necessità di fare giornalismo vero.
di Fabio Dalmasso
Una petizione per rendere accessibili 8.000 documenti secretati. Intervista a Francesco Cavalli: ‘’ Questa vicenda è molto presente e molto forte nel cuore e nella memoria degli italiani. E questo fa ben sperare, anche se sono passati venti anni, ancora alla possibilità di arrivare alla verità e alla giustizia’’.
Ombre, depistaggi, insabbiamenti: la vicenda di Ilaria Alpi, inviata del Tg3 Rai in Somalia, e dell’ operatore tv Miran Hrovatin, assassinati il 20 marzo 1994 a Mogadiscio, è un’intricata successione di luci e ombre, spiragli di verità che sembrano portare alla giustizia per imbattersi poi nelle tante, troppe porte chiuse. A venti anni da quel tragico episodio, mentre dal punto di vista giudiziario la vicenda è ancora aperta, cresce fra i cittadini (e non solo fra gli addetti ai lavori) la domanda di verità , culminando in una petizione, Niente segreti sulla morte di Ilaria Alpi e sul traffico di armi e rifiuti che ha già raccolto quasi 42.000 firme. Indirizzata alla Presidente della Camera, Laura Boldrini, la petizione chiede che vengano resi accessibili gli oltre 8.000 documenti secretati e posti negli archivi della Camera affinché possa essere fatta finalmente luce sul caso.
«Vogliamo cercare ancora»
Un caso sul quale aveva indagato anche una commissione d’ inchiesta, istituita nel 2004 e presieduta dall’ avvocato Carlo Taormina, secondo cui la giornalista sarebbe morta nel corso di una rapina e senza che avesse svolto alcuna inchiesta in Somalia, dove si sarebbe trovata in vacanza.
Dichiarazioni oltraggiose e offensive che si aggiunsero ai tanti misteri e depistaggi come, ad esempio, la scomparsa delle cassette girate da Miran Hrovatin e dei taccuini con gli appunti di Ilaria.
Le perizie e i processi che si sono susseguiti negli anni non hanno portato a una verità giudiziaria certa e ancora oggi Luciana Alpi, la madre della giornalista, chiede che si indaghi seriamente dopo anni di depistaggi. «Sappiamo quel che è successo quella domenica 20 marzo 1994 – ha dichiarato Mariangela Gritta Grainer, presidente dell’ Associazione “Ilaria Alpi†–. Sappiamo quel che è successo prima e anche dopo. Sappiamo il perché, forse anche da chi era composto il commando assassino. Non sappiamo con certezza chi ha ordinato l’esecuzione e chi ha coperto esecutori e mandanti. Ma vogliamo cercare ancora, mettendo all’opera tutti gli strumenti della conoscenza: questo è il nostro impegno».
Un impegno che trova una sua rappresentazione anche nel premio giornalistico televisivo intitolato ad Ilaria, giunto alla sua ventesima edizione con una novità : da quest’anno, infatti, alle sezioni per il Premio Miglior Inchiesta Televisiva concorreranno anche i servizi giornalistici trasmessi sul web e sulle tv locali e regionali insieme alle inchieste apparse su canali televisivi nazionali, in chiaro, digitale terreste, satellitari. In occasione del ventennale, inoltre, la giuria assegnerà una menzione speciale “Ilaria Alpi†per il miglior servizio da tg e una menzione speciale “Miran Hrovatin†per la miglior fotografia. Confermati il Premio IA Doc e il Premio della Critica. Nel 2014 giunge inoltre alla seconda edizione il premio Coop Ambiente rivolto alle inchieste giornalistiche televisive dedicate alle tematiche ambientali e alla quinta edizione il premio UniCredit assegnato a una giornalista che si sia distinta per valore e coraggio.
«La strada di Ilaria»
Tra le molte iniziative in programma per ricordare Ilaria e Miran si segnala l’ uscita del libro La strada di Ilaria, Milleu edizioni, “un romanzo rigoroso nelle informazioni e poetico nelle parole†scritto da Francesco Cavalli: ideatore e direttore del Premio Giornalistico Televisivo “Ilaria Alpiâ€,
Cavalli è produttore televisivo e responsabile di un gruppo editoriale radiotelevisivo e ha realizzato come autore diversi reportage tra i quali Somalia Italia e Un clown a Gaza oltre ad essere stato tra i curatori di Carte False. L’assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Quindici anni senza verità (Edizioni Ambiente/Verdenero, 2009).
Nella prefazione del libro, Pietro Veronese scrive: “Sono convinto che Ilaria Alpi avrebbe fatto scuola e che per questo averla persa sia stata una tragedia particolare: non era solo una bravissima giornalista, era anche un modelloâ€.
Lsdi ha intervistato Francesco Cavalli per parlare del premio e di come sia ancora possibile fare del vero giornalismo, cioè un giornalismo che cerchi e racconti la verità . Proprio come quello che stavano facendo Ilaria Alpi e Miran Hrovatin 20 anni fa.
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L’associazione “Ilaria Alpi†nasce conseguentemente al premio che è stato istituito 20 anni fa, nell’estate 1994. Pochi mesi dopo la morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin organizzammo, a Riccione, un’ iniziativa, dedicata a Ilaria e al duplice omicidio. In quel periodo ero presidente di un’ associazione che si chiamava “Comunità Aperta†e organizzava eventi culturali a Riccione. Come associazione “Comunità Apertaâ€, in occasione di quell’iniziativa, ci venne l’idea di dedicarle un premio giornalistico affinché, nel nome di Ilaria, fosse valorizzato questo mestiere e chi ancora cerca di farlo seriamente come seriamente lo stava facendo lei. Così è nato il premio “Ilaria Alpiâ€.
Poi negli anni il premio è cresciuto: da piccolo premio di provincia è via via diventato un punto di riferimento per il giornalismo televisivo italiano. Abbiamo così deciso di cambiare il nome e anche la missione, l’ oggetto sociale, dell’associazione “Comunità Aperta†trasformandola in associazione “Ilaria Alpi† avendo come scopo principale, oltre all’organizzazione del premio, quello di mantenere vivo l’impegno per la ricerca della verità e della giustizia per la morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
Obiettivi che rimangono attuali viste le tante ombre che ancora gravano su quell’episodio.
Devo dire che attorno alla morte di Ilaria e Miran c’è una dimensione estremamente negativa, ma anche una estremamente positiva: quella negativa è che a venti anni di distanza ancora non c’è la parola giustizia. Ancora non c’ è una verità giudiziaria e non ci sono i mandanti. Per quanto si sia ormai esplicitato quali siano i motivi che hanno verosimilmente portato alla morte di Ilaria a Miran, ancora non c’ è una giustizia di tribunale che li affermi.
Mentre la dimensione positiva?
L’elemento positivo è che nonostante i numerosi tentativi di insabbiamento, di depistaggio e la evidente volontà di chiudere la vicenda nel silenzio, dopo venti anni invece siamo ancora qui a chiedere giustizia e a chiedere verità con una mobilitazione pubblica che, devo dire, in occasione di questo ventennale, è davvero impressionante e per certi aspetti forse inaspettata. Questo significa che questa storia è una vicenda che è molto presente e molto forte nel cuore e nella memoria degli italiani. E questo fa ben sperare, anche se sono passati venti anni, ancora alla possibilità di arrivare alla verità e alla giustizia.
Il premio Ilaria Alpi è giunto alla sua ventesima edizione. Secondo voi esiste ancora la voglia e la possibilità di fare giornalismo serio, basato sulla ricerca della verità ?
Certamente sì e lo vediamo tutti gli anni con i tanti servizi che partecipano al premio: sono sempre tanti i colleghi che mandano i propri lavori e non sempre è semplice per la giuria scegliere i vincitori perché in realtà di materiale, di lavori seri e fatti secondo i criteri di verità , ce ne sono sicuramente più di uno. Questo significa che un certo tipo di giornalismo esiste ancora e che continua, sicuramente, ad essere possibile.
Può dirci qualcosa su La strada di Ilaria, il libro scritto da lei e in uscita in questi giorni?
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La strada di Ilaria è un romanzo che nasce dalla volontà di mettere per iscritto delle storie, delle vicende di persone che ho incontrato nei miei viaggi che ho fatto in Somalia e che si intrecciano sia nel rapporto che c’ è tra l’Italia e la Somalia sia lungo la Garoe – Bosaso che è la strada costruita dagli italiani tra il 1986 e il 1989 in Somalia, la strada attorno alla quale ci sono sicuramente interramenti di rifiuti tossico nocivi, sulla quale Ilaria aveva viaggiato e sulla quale aveva indagato. La strada forse è un po’ la protagonista vero di questo romanzo.