Customize Consent Preferences

We use cookies to help you navigate efficiently and perform certain functions. You will find detailed information about all cookies under each consent category below.

The cookies that are categorized as "Necessary" are stored on your browser as they are essential for enabling the basic functionalities of the site. ... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

Ampliare il dibattito su ‘sconfitte e futuro’ del giornalismo (online) in Italia

Netizen
Prosegue su vari spazi online il dibattito sul futuro del giornalismo, i possibili business model e vari annessi relativi al contesto italiano.

 

Dopo l’analisi di Marco Alfieri, direttore de Linkiesta, su sfide (e cadute) del digitale, e l’opinione di Marco Dal Pozzo sul giornalismo come guida e stimolo per le comunità (con relativi commenti), nei giorni scorsi ci sono stati ulteriori interventi: eccone una sintesi.

 

In questo quadro vanno intanto ricordati i recenti interventi di Jeff Jarvis, proposti da Lsdi in italiano e ovviamente centrati sulla scena Usa, ma che comunque offrono ampi agganci per proseguire la discussione generale.

Dove si segnala la posizione di Francesco Piccinini, tesa a sottolineare che, dopo la fine del giornale cartaceo, «dobbiamo fare i conti con un’altra sfida: quella della morte del giornale online».

Questi i punti salienti dell’articolo del fondatore di Agoravox:

«Il contenuto deve bussare alla porta del lettore che lo sceglie perché risponde ad una sua esigenza immanente, che non è il concetto di un generico “essere informato” (concetto borghese ma che in un processo di democratizzazione dell’informazione non è più centrale) ma alla più ampia necessità di interagire. Un contenuto che non interagisce non interessa e, de facto, non esiste. … Finché non cambia il paradigma, finché il concetto di giornale on line non si allarga a un concetto più vasto che definiremo medium solo per convenzione, i conti non potranno mai essere in attivo. Lasciarsi alle spalle l’idea di un giornale come di un’isola è il primo passo».

Analogamente, Vittorio Zambardino (ex Repubblica.it) riprende lo “sfogo” di Alfieri e rilancia sulla possibilità di salvare il giornalismo, puntualizzando fra l’altro:

«Qualcuno ha la nuova grammatica del giornalismo che sa farsi leggere, cioè del giornalismo di successo? Non lo so se c’è. Di certo non lo trovammo noi “vecchi innovatori” e chi fingeva di ascoltarci non ha comunque capito, ma anche i giovani mi sembrano al buio. Potrebbe essere in mezzo al ghiaccio duro della valanga, mentre tutti scendiamo a valle, la condizione ideale per cominciare a discutere, sapendo che una cosa ci accomuna tutti: la sconfitta (no, niente convegni, ma una discussione sì, non reggerei di guardarvi in viso)».

Infine ma non certo per ultimo, queste ed altre utili riflessioni vengono riprese sul blog di Mario Tedeschini Lalli, sotto il titolo della valanga del giornalismo. Se però è cruciale che di questi temi (e ricadute) varie) se ne continui a discutere, andrebbero coinvolti direttamente gli ex-lettori, i cittadini, cercando cioè di andare oltre i soliti addetti ai lavori… altrimenti siamo sempre punto e daccapo, no?
PS: Arriva ora un ulteriore intervento su Wired.it in cui Vittorio Zambardino sembra scagliarsi a spada tratta contro le posizioni (e le pratiche) espresse nei giorni scorsi da Francesco Piccinini (e sintetizzate sopra). A ciascuno il suo giudizio. Ciò conferma però il fatto che se il dibattito sulla crisi del giornalismo italico (e la sua rinascita nell’era digitale) resta confinato agli addetti di ieri o di oggi (quando non chiaramente alla “casta”), anziché capire come la vedono gli ex-lettori, dar voce a “chi non ha voce”, offrire spazi ai cittadini (reporter o meno), ai netizen e alle nuove leve, bè, il cambiamento appare decisamente un miraggio.