Fabio Lalli, amministratore delegato e fondatore di  Iquii, “digital company specializzata in marketing digitale, sviluppo di applicazioni per mobile, internet of things e wearableâ€, tratteggia così il rapporto attuale tra giornalismo italiano e mondo digitale.
di  Fabio Dalmasso
In una intervista a Lsdi che parte dalle applicazione che possono aiutare il lavoro del giornalista e rendere più fruibile i contenuti da parte del lettore, il fondatore e presidente dell’associazione Indigeni Digitali  e ideatore, tra le altre cose, del progetto CulturaDigitale.com per la diffusione della cultura digitale in Italia, sottolinea i cambiamenti in atto nel mondo del digitale e del mobile e presenta il Todi APPy Days, di cui Lalli è direttore tecnico: una serie di appuntamenti in programma dal 25 al 28 settembre a Todi e interamente dedicati alle “al mondo delle App, le applicazioni software pensate per essere utilizzate da tablet e smartphone†e alla digital life.
Come è il rapporto tra applicazioni e giornalismo oggi?
Secondo me bisogna analizzare la cosa da due punti di vista, cioè da quello della raccolta dei contenuti e da quello della loro fruizione e distribuzione. Per quanto riguarda la raccolta mi riferisco a tutto ciò che oggi ha dato vita al cosiddetto citizen journalist, quindi quella serie di possibilità che derivano dalla raccolta di informazioni geolocalizzate sul territorio da parte degli utenti. Esistono applicazioni, ad esempio che permettono, facendo richiesta, di raccogliere fotografie geolocalizzate: oggi un giornalista non ha più l’esigenza di dover investire tempo e denaro per andare a cercare materiale fotografico su alcune ‘’librerie’’ particolari in quanto può geolocalizzare un punto su Twitter, ad esempio, e avere dei contributi direttamente dagli utenti.
Oppure, tramite altre applicazioni collaborative, richiedere di scattare una fotografia in un determinato momento e in un determinato luogo per poi retribuire o comunque dare visibilità a chi ha fornito quel tipo di contributo. Quindi la raccolta del materiale e dei contenuti è sicuramente facilitata dalla crescita e dallo sviluppo delle numerose applicazioni presenti sul mercato.
E dal punto di vista della fruizione?
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Dal punto di vista della fruizione, bisognerebbe distinguere tra la situazione italiana e quella all’estero: in questo momento in Italia le testate giornalistiche e tutto quello che sono i canali mobile di testate e media tradizionali che stanno andando sul mobile si trovano, secondo me,  ancora ad uno stato non troppo evoluto rispetto ad altri progetti messi in piedi in altre nazioni che hanno già fatto passi da gigante.
Attualmente, nella distribuzione e fruizione del contenuto, il giornalismo beneficia, secondo me, di un fattore non indifferente che è la profilazione e la raccolta di dati da parte degli utenti così da poter tarare sempre meglio anche il lavoro delle successive pubblicazioni.
Oggi, i progetti editoriali digital, soprattutto mobile, permettono di raccogliere dall’ utente, in modo abbastanza veloce e capillare, le sue preferenze, la sua geolocalizzazione, informazioni riguardanti i suoi interessi etc… così da poter ritarare i contenuti in base anche ai feedback ricevuti dall’utente.
Si possono così produrre contenuti personalizzati in modo da renderli molto più d’appeal e interessanti. Inoltre si possono scatenare condivisioni e sharing in modo più mirato in quanto si riesce a costruire un messaggio diretto a quell’utente con quel tipo di preferenze, di interessi etc…
Quindi entrambi gli aspetti possono trarre beneficio dalle applicazioni
Si: miglioramento della possibilità di raccolta di informazioni sul territorio, quindi tutto quello che gira attorno al citizen journalism, e distribuzione del contenuto mirato grazie a feedback in real time, interazione maggiore e raccolta di informazioni che permettono di migliorare le successive pubblicazioni.
Lei è l’ideatore del progetto CulturaDigitale.com: proprio dal punto di vista della cultura digitale, ritiene che ci sia un deficit anche nel mondo del giornalismo?
Per quanto riguarda la cultura digitale nel giornalismo, dal mio punto di vista, c’è un’evoluzione: quelli che prima erano gli smanettoni della rete, poi diventati blogger e poi, in qualche modo, riciclati in simil-giornalisti, se così si possono chiamare, hanno portato con loro una serie di valori della rete. Chi invece ha fatto percorso inverso, è partito, cioè, dal giornalismo tradizionale per poi arrivare alla rete, in qualche caso ci sta impiegando un po’ di più perché deve ancora capire alcune meccaniche e modalità di interazione della rete.
Mancanza di cultura digitale? Un po’ manca, ma credo che sia un’evoluzione fisiologica: ogni cambiamento genera regole nuove e ad esse ci si adatta con il tempo, con un’evoluzione culturale, di approccio, di metodo e di contenuti. Basti pensare alle modalità con cui viene prodotto un contenuto giornalistico per un utente mobile oggi e quello tradizionale: prima c’era testo, fotografie contestualizzate al contenuto, mentre ora c’è video, micro video, microblogging etc… cambia di fatto il modo. Diciamo che si, manca un po’ di cultura digitale, ma è comunque in corso un’ evoluzione.
Che cos’è il Todi APPy Days?
Il Todi APPy Days è un evento incentrato sulla digital life, su come il mobile e le nuove tecnologie collegate entrino nella vita di tutti i giorni modificando abitudini e comportamento delle persone. Si terranno dei workshop che affronteranno il tema del digital nella sfera personale e in quella famigliare, ma anche nello studio, nell’ intrattenimento e nel business. Saranno presenti aziende che producono app e sviluppatori che presenteranno loro iniziative, ma non mancheranno le famiglie che potranno partecipare agli appuntamenti con momenti di intrattenimento per bambini. Sono previsti poi gli interventi di relatori italiani e internazionali con contributi a 360 gradi sul concetto di digital life.
Sarà un evento molto importante, il primo incentrato interamente sulla digital life. È una scommessa che ci piacerebbe diventasse un punto di riferimento annuale su questi temi. Cercheremo di abbassare la terminologia e modo di spiegare le cose per rendere il tutto accessibile a chiunque, ma sarà anche un’opportunità di incontro tra sviluppatori, aziende e chi ha opportunità da mettere in gioco.