Lasciando da parte la dimensione più dibattuta della vicenda, quella della sicurezza dell’ Icloud (che questo episodio non mancherà di contribuire a rafforzare) e altre lamentazioni sulla fine della vita privata (il furto non significa la fine della proprietà ), quello che colpisce in queste immagini – dice lo studioso – e che ne costituisce evidentemente il valore (a causa del nuovo paradigma dell’ autenticità che regge i meccanismi di registrazione dell’ immagine) – ‘’è la loro banalità e la loro intimità ’’.
Non si tratta, come al tempo delle foto di Estelle Halliday, di scatti di paparazzi rubati su una spiaggia – spiega Gunthert -. Si tratta di immagini quotidiane realizzate dai personaggi stessi, spesso dei selfie di cattiva qualità , che coprono una ampia gamma, dall’ esibizione al gioco sessuale, in cui si riconoscono star e starlette, ma in cui si vedono soprattutto giovani donne che si autofotografano in modo molto naturale, come possiamo fare io e voi, come chiunque abbia una vita sessuale e no smartphone.
Non si può che condannare il furto dell’ intimità di queste giovani donne, il cui solo torto è essere famose. Ma questo incidente – spiega lo studioso – ha un valore di segnale. Se si pensa a una iconografia per definizione nascosta agli sguardi, che esiste solo per essere condivisa in seno a una coppia o in una piccola cerchia di amici intimi, la manifestazione del carattere assolutamente banale della pratica dell’ autofotografia erotica è una informazione preziosa.
Più ancora delle pratiche sessuali stesse, questi utilizzi fotografici, vecchi come gli stessi mezzi di registrazione delle immagini, sono particolarmente difficili da osservare e da documentare, a causa del discredito che colpisce l’ immagine pornografica, unanimamente condannata. Come spesso accade in materia amorosa o sessuale, le pratiche delle star, quando vengono rivelate in maniera fraudolenta, sono indicative di una evoluzione di tutta la società . E quello che ci dicono, queste immagini rubate, nella loro gioiosa noncuranza, è la normalizzazione e la prodigiosa espansione di un genere autonomo, stimolato dall’ autonomia digitale e dalla connessione generalizzata.
Più del selfie classico, l’ autofotografia erotica è un genere molto lontano dai modelli di bellezza irraggiungibili dell’ industria. Oppure, il fatto che la cattiva qualità delle pose non abbia in questo caso nessuna importanza è una lezione che deve far riflettere, per quello che suggerisce in termini di indipendenza reale in rapporto ai modelli culturali (…). Malgrado l’ insopportabile sessismo che ha motivato il furto di queste immagini – conclude Gunthert -, le attrici non hanno niente da recriminare in relazione alle loro immagini. Queste ultime non fanno che tenderci uno specchio – o, meglio ancora, dare un po’ di legittimità a una delle nostre libertà private.