Chiarendo meglio la questione, il noto reporter economico della Reuters appena nominato web editor del canale Tv via cavo Fusion, spiega che «solo i giornalisti si preoccupano degli scoop. …
Se tu scrivi qualcosa cinque minuti dopo che l’ho fatto io, secondo il ‘codice d’onore del giornalismo’ dovresti dare credito alla fonte originale. … Ciò vale soprattutto per le agenzie-stampa, dove in teoria chi arriva prima può smuovere il mercato, ma in pratica gli abbonati all’agenzia non possono mai essere abbastanza rapidi per cambiare davvero le carte in tavola».
Tuttavia, il punto cruciale è che, comunque vada, il lettore finale non s’ interessa affatto a questa pseudo-competizione: «Puntare a scoop ed esclusive è un chiaro segno che si pubblica soprattutto a beneficio degli altri giornalisti, piuttosto che dei lettori. … È ora di abbandonare la cultura dello scoop, e del giornalismo per i giornalisti. Vediamo invece di fornire un servizio ai lettori. Quelli veri, che non sono su Twitter», conclude Salmon.
Oltre alla varietà (e puntualità ) di commenti al post, utile la sintesi delle reazioni dei ‘colleghi’ proposta da Matthew Ingram, il quale rafforza il concetto sottolineando l’importanza della credibilità e della fiducia, rispetto invece alla corsa allo scoop. «È vero che alla gente non importa chi arriva per primo su una certa notizia, però direi che prendono nota di chi l’ha diffusa in modo corretto, o più specificamente, di chi ha detto qualcosa di utile o di vero su quell’evento». È comunque prevedibile che questo divario a favore del primo ambito proseguirà nel prossimo futuro.
A livello ideale, riprendendo Emily Bell del Tow Center for Digital Journalism presso la Columbia University, «tutti e due gli aspetti contano e vanno usati all’unisono, e le testate d’informazione vogliono avere abbondanza di entrambi, per quanto possibile». In altri termini, non è affatto semplice per i giornalisti liberarsi dell’ossessione di arrivare primi, ma la realtà è che il ciclo delle news oggi si esaurisce assai rapidamente, grazie soprattutto al flusso ininterrotto dei social media.
Più che la notizia in sé, nell’ attuale ecosistema dell’ informazione sembrano dunque vincere chiarezza e contesto, elementi su cui d’ altronde puntano nuove testate ‘native digitali’ quali Vox e 538 e la sezione Upshot del New York Times.
Lo conferma anche Eric Scherer di France Television: «La fiducia che ne deriva è sostanzialmente l’ unico bene che resta nelle mani delle aziende mediatiche, oggi che non controllano più la piattaforma tramite cui le loro notizie raggiungono il consumatore finale». Insomma, per chi avesse ancora qualche dubbio: arrivare primi sta diventando sempre meno importante a ogni livello.