Lo studio ha messo in rilievo come la formazione accademica ricevuta sia il dato a cui viene assegnato il valore più rilevante (3,2 punti in media, in una scala 0-5), seguita dagli insegnanti (3 punti); mentre gli strumenti a disposizione degli studenti e, soprattutto, il piano di studi seguito ottengono risultati più bassi (2,9 e 2,6 punti, rispettivamente).
Inoltre – aggiunge il sito spagnolo 233grados – , alla domanda su quale sia la generazione di giornalisti migliore, la minoranza opta per quelle più recenti, mentre la maggioranza è convinta che i migliori sono quelli che si formano negli anni Ottanta (37 per cento) e Novanta (20,7 per cento).
Un altro elemento che la ricerca ha rilevato è  la necessità di una maggiore collaborazione tra il mondo accademico e il mondo del lavoro. Lo sostengono il 73,7% degli intervistati. Lo studio segnala anche che molti ritengono ‘’poco pratica’’ la formazione accademica dei futuri giornalisti, ma che chi auspica una maggiore correlazione fra università e aziende sottolinea la necessità che gli studenti non si trasformino in manodopera a basso costo.
Infine da segnalare che il 69% del campione crede che l’ essenza del giornalismo sia cambiato negli ultimi tre decenni, cosa che, secondo lo studio, ‘’impone di analizzare in che senso questo cambiamento si è verificato”.