Il declino dei quotidiani Usa: classico esempio della ‘’distruzione creativa’’ di Schumpeter
L’ impressionante declino dei ricavi pubblicitari dei quotidiani a partire dal 2000 è una delle più significative e profonde ventate schumpeteriane di distruzione creatrice dell’ ultimo decennio, se non di una intera generazione. E non è detto che sia finita. Un report del 2011 dell’IBISWorld sulle “industrie morenti’’ identificava infatti l’editoria quotidiana come uno dei dieci settori industriali che rischiano l’estinzione negli Stati Uniti.
Il commento e il richiamo a Schumpeter e alla sua teoria della distruzione creatriva come motore principale dei cicli capitalistici è di Mark J. Perry, docente di economia all’Universtà del Michigan, che in un blog (Carpe Diem) sul sito dell’ American Enterprise Institute, pubblica un’ampia analisi sugli ultimi dati del settore (di cui abbiamo già dato notizia qui e qui), intitolandola, appunto, â€Creative destruction: Newspaper ad revenue continued its precipitous free fall in 2013, and it’s probably not over yetâ€.
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Il calo della pubblicità sui quotidiani su carta – spiega il docente – tocca il minimo storico di 63 anni fa, ed è già sorprendente in sé stesso ma il forte riflusso degli ultimi anni è incredibile. I ricavi pubblicitari su carta nei quotidiani Usa sono infatti diminuiti di oltre il 50 % solo negli ultimi cinque anni, passando da 37,6 miliardi dollari nel 2008 a soli 17,3 miliardi dollari l’ anno scorso; e di quasi il 70 % negli ultimi dieci anni, da 56,9 miliardi nel 2003 a 17,3 del 2013.
Perry adotta un ulteriore punto di vista. C’è voluto mezzo secolo per far crescere i ricavi pubblicitari sui quotidiani dai 20 miliardi nel 1950 (cifra corretta con i dati relativi all’ inflazione nel 2013) a 65,8 miliardi dollari nel 2000  e invece sono bastati solo 12 anni per passare da questi 65,8 a meno di 20 miliardi nel 2012 (caduti ulteriormente a 17,3 miliardi l’anno scorso).
Anche se al fatturato della pubblicità su carta vengono aggiunti i ricavi da pubblicità digitale e da altre categorie descritte dalla NAA, come ” pubblicazioni di nicchia, direct marketing e pubblicità su testate non quotidiane” ( vedi linea rossa nel grafico) le entrate totali erano ancora solo 23,56 miliardi dollari nel 2013, il valore più basso dal 1954, quando erano stati investiti (si parla sempre di carta) 23,3 miliardi.
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L’ introduzione della pubblicità digitale a partire dal 2003 – e l’ introduzione delle voci “pubblicazioni di nicchia, direct marketing e pubblicità su non quotidiani” nel 2011 – hanno contribuito ad aumentare leggermente i ricavi pubblicitari totali (stampa + digitale + altri) e la linea rossa nel grafico mostra il contributo di queste altre fonti di reddito.
Ma si tratta di un contributo relativamente piccolo, che non ha fermato la continua erosione complessiva dei ricavi pubblicitari. Ad esempio, la pubblicità digitale è aumentata solo dell’ 1,5 % lo scorso anno, la nicchia/non-quotidiana è scesa di quasi il 6 % e il direct marketing è aumentato solo del 2,4%. Mentre quella su carta è diminuita dell’ 8,6 % , e i ricavi pubblicitari complessivi sono scesi del 6,5 %. Queste nuove fonti di ricavi stanno aiutando a rallentare il declino, che senza di loro sarebbe più rapido, ma probabilmente non potranno  mai bastare per invertire il calo generale precipitoso dei ricavi pubblicitari nei prossimi anni.
Da qui la lezione economica che ne trae il prof. Perry: