Una dettagliata ricostruzione dell’Associated Press – basata e verificata su oltre 1.000 pagine di documentazione esclusiva – chiariva di una rete di comunicazione testuale mirata a minare il governo comunista cubano, portata avanti nel periodo 2009-2012 da aziende-prestanome e tramite i fondi di banche straniere.
Il tutto sotto l’ egida di USAID (U.S. Agency for International Development), direttamente legata al Dipartimento di Stato, con l’ obiettivo di attirare una consistente massa di giovani e amanti della tecnologia, nella speranza poi di spingerli verso forme di dissenso popolare.
ZunZuneo (il nome del network, slang locale per indicare il cinguettio del colibrì) copiava il sistema di Twitter ma tramite semplici sms a pochi centesimi per aggirare lo stretto controllo su Internet imposto delle autorità cubane. Apparve come d’incanto nell’autunno 2009, con una sorta di sondaggio informale inviato a nominativi ripresi dall’elenco telefonico e ricevendo circa 100.000 risposte, primo passo per la messa a punto di un accurato database.
Sparsasi rapidamente la voce, nel marzo 2011, la piattaforma raccolse fino a 40.000 utenti impegnati a chiacchierare via sms su sport, musica, tecnologia, uragani e simili “temi non controversi” – con una certa popolarità soprattutto tra gli studenti, alcuni dei quali si mostrarono sorpresi di avere fino a qualche migliaio di ‘follower’.
Da metà 2012 però ZunZuneo scomparve tanto rapidamente e misteriosamente come era arrivato. Sembra perché il budget dell’USAID fosse ormai prosciugato.  Qualche utente chiese invano su Facebook e Twitter se qualcuno ne sapeva qualcosa, ma anche le ricerche incrociate di geek locali non diedero alcun frutto. Il sito originale rimandava a un sito per bambini dal nome analogo e infine il dominio, registrato da un’azienda con base nelle Isole Cayman, fu lasciato scadere al 31 marzo 2013.
Venuti alla luce questi fatti, i netizen si sono subito scatenati con l’hashtag #CubanTwitter, per lo più con taglio assai critico e negativo, e pochi interventi di giustificazione come tentativo per “favorire la libertà ” dei cubani. In prima fila anche parecchie testate hi-tech e giornalisti veterani come Dan Gillmor:  «Il progetto del ‘twitter cubano’ ha completamente avvelenato la credibilità di USAID? Com’è possibile che il governo sia così miope?».  Partita anche una petizione a Obama «per bloccare il pericoloso, inutile e controproduttivo programma per cambiare il regime cubano».
Nella giornata di venerdì, in Usa anche le grosse testate mainstream e i notiziari radio-Tv continuano gli approfondimenti, rivelando dettagli inediti, domande senza risposta e tipici affossamenti. Fra gli altri, il Washington Post segnala come questa non sia la «prima gaffe cubana di USAID. Già nel 2006 l’agenzia era stata rimproverata perché quasi l’intero budget di 74 milioni di dollari per iniziative pro-democrazia a Cuba era stato speso senza appropriati appalti né controlli adeguati».
C’ è chi si chiede se ora l’USAID non sia la nuova CIA, con riferimenti alle mai sopite spinte Usa per rovesciare il regime castrista, dal tentato sbarco nella Baia dei Porci del 1961 a manovre tipiche della guerra fredda. Ovvio quindi che i media cubani la sbandierano come prova della “cyber-war  segreta” che vanno denunciando da tempo. Né manca il sarcasmo pesante, come quello del classico The Onion: «È tutta colpa dei cubani. Chi è che darebbe ciecamente i propri dati personali a un social network qualsiasi?»; «Ma smettiamola, sono anni che i miei tweet vanno fomentando la rivoluzione cubana».
Dopo aver inizialmente negato ogni coinvolgimento diretto, la Casa Bianca ha poi difeso il progetto,  spiegando che era stato “dibattuto” al Congresso e non era un’operazione segreta o di “intelligence” che richiedeva specifica approvazione presidenziale. Eppure almeno due deputati democratici hanno detto di non averne mai saputo nulla, e il senatore Patrick Leahy lo ha definito “sciocco e insensato” in una diretta su MSNBC. Perfino il repubblicano Jason Chaffetz ha dichiarato: «Non è certo di questo che dovrebbe occuparsi l’USAID».
Dopo il tonfo sull’ affaire Snowden-NSA, la cui onda è ancora rampante, si tratta dunque dell’ennesima gaffe dell’amministrazione Obama — che in tema di trasparenza sembra essere la peggiore in assoluto, anche rispetto al FOIA e agli open data. Stavolta si può forse parlare di “imperialismo social-mediatico”, con tutte le ripercussioni possibili per gli stessi dissidenti cubani. Una vicenda che promette ulteriori sviluppi, da non perdere – soprattutto, manco a dirlo, via Twitter.