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E’ la considerazione che Andé Gunthert – insegnante e ricercatore nel campo della cultura visuale – trae, in un articolo su Culture Visuelle, dalla disavventura del fotografo David Slater, a cui Wikipedia ha ‘’rubato’’ una immagine col pretesto che era stata una scimmia a scattare la foto facendo clic. Negandogli pertanto il diritto di proprietà su immagini scattate fortuitamente dal suo apparecchio fotografico.
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Lo proponiamo su Lsdi in traduzione italiana.
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Le singe, le photographe et la propriété intellectuelle
di André GunthertÂ
Qual è la funzione della proprietà intellettuale? Il diritto contemporaneo non ne ha la minima idea. E’ questa la conclusione che si può trarre dalla disavventura del fotografo di animali David Slater, a cui Wikipedia ha ‘’rubato’’ una immagine col pretesto che era stata una scimmia a scattare la foto premendo sul clic.
Durante un viaggio in Indonesia nel 2011, Slater si fa rubare la macchina da un macaco. Il fotografo riesce a recuperare l’ apparecchio dopo che l’ animale lo aveva comunque manipolato, scattando a più riprese (un caso che comunque ha dei precedenti). Diverse immagini si rivelano sfruttabili, aggiustando l’ inquadratura. Ma quando Slater protesta e reclama dall’ enciclopedia online il ritiro dell’ immagine, Wikipedia rifiuta, negando al fotografo qualsiasi diritto di proprietà sull’ immagine.
Intervistato da Libération, l’ avvocato Emmanuel Pierrat, specialista in diritto d’ autore, non si meraviglia del no di Wikipedia.  «Il proprietario della foto è chi la scatta. L’ impronta della personalità – ciò che permette di definire l’ autore di un’ opera – è della scimmia. E’ lei che inquadra l’ immagine e preme il clic quando decide che sia il momento».
Una scimmia può essere l’ autore di un’ opera dello spirito, come la definisce la proprietà intellettuale, che implica tra l’ altro il suo sfruttamento commerciale? Non c’ è bisogno di un dottorato in filosofia per affermare tranquillamente che una tale opinione è assurda. Tutti i turisti che un giorno hanno dato la loro macchina a un passante per farsi fotografare, dovranno farsi firmare una liberatoria per avere il diritto di conservare l’ immagine senza rischio di andare sotto processo? Non se ne dolga l’ avvocato Pierrat, ma qui è il turista che avrebbe ragione in giudizio. Colui a cui viene prestato l’ apparecchio parte dal principio che è il proprietario della macchina che resta proprietario dell’ immagine.
Applicando il diritto di proprietà , e non quello delle opere di spirito, il turista definisce la sua produzione come un semplice documento e non come una creazione originale. Diversi casi recenti mostrano che questo è il ragionamento che viene applicato in generale. Ad esempio, anche se era stato scattato da Bradley Cooper, il famoso selfie degli Oscar è stato attribuito a chi aveva sollecitato l’ immagine ed era proprietaria dell’ apparecchio, Ellen DeGeneres. Ugualmente, quando i padroni di uno smartphone rubato hanno pubblicato sulle reti sociali le immagini prodotte dai ladri, nessuno ha immaginato un processo per mancato rispetto del diritto d’ autore da parte di questi operatori maldestri. Infine, il carattere fortuito dell’ autoritratto dello scoiattolo del lago Minnewanka non ha certamente impedito al National Geographic di acquistare l’ immagine e di applicarvi il suo copyright (vedi qui sotto).
La logica difesa da Wikipedia diverge comunque dal ragionamento di Pierrat. Dal momento che è il macaco e non il fotografo a scattare, quest’ ultimo non può rivendicare il suo diritto come autore. In quanto, essendo stata prodotta in maniera fortuita,  si suppone che l’ immagine sia di dominio pubblico.
Si tratta però di un modo di vedere molto semplicistico. David Slater non è solo il proprietario dell’ apparecchio. E’ lui, e non la scimmia, che ha selezionato, inquadrato e diffuso le immagini, tutte operazioni rilevanti dell’ esercizio del giudizio di gusto. Ridurre la produzione di una immagine al solo clic dello scatto non è un modo pertinente di immaginare la complessità degli usi visuali.
Chiunque sia dotato di ragione non ha nessun dubbio sul fatto che le foto frutto di questa peripezia appartengano a chi le ha fatte conoscere. Ma è da molto tempo che il diritto ha dimenticato qualsiasi buon senso in materia di proprietà intellettuale, che a questo punto non serve ad altro che a giustificare dei sofismi.