Dalla ricerca emerge poi che solo il 3% dei giornalisti che hanno risposto al questionario ammettono di essere sensibili all’ ‘’effetto buzz’’ (di cui comunque il rapporto non fornisce una definizione).
A questo punto, osserva  Eric Mettout, l’ autore del post, sono possibili tre spiegazioni: i rimanenti 97%
-Â Â Â Â Â Â Â Â Â sono dei gran bugiardi;
-Â Â Â Â Â Â Â Â Â vivono nelle nuvole;
-Â Â Â Â Â Â Â Â Â sono dei gran bugiardi e vivono nelle nuvole.
Il 66% del campione poi ritiene che sia da ‘’molto importante’’ a ‘’fondamentale’’ la formazione alle nuove tecnologie. Ma – obbietta Mettout – questo significa che un 34% di loro la pensano al contrario…
Ancora. Per il 52% dei giornalisti interrogati, le nuove tecnologie rappresentano un aiuto prezioso. Bicchiere metà pieno. Ma – ed ecco il bicchiere metà vuoto – per il 48% esse sono uno strumento accessorio.
E infine, peggio, il 25% dei giornalisti interpellati le trovano una minaccia, pericolose e qualcuno (87 su 700) persino nocive! (l’ esclamativo è dell’ autore).
Conclusione: Mettout la lascia a uno dei giornalisti che hanno risposto: ‘’E’ una questione anacronistica. Sono 15 anni che viviamo con Internet e il giornalismo non è morto’’.