Lsdi ne ha parlato con Francesca Vanoni, responsabile del progetto, che si articola per ora in una serie di interviste, una piattaforma di crowd-sourcing online e un vademecum in dieci lingue per aiutare concretamente i giornalisti che subiscono violazioni.
di Fabio Dalmasso
Lo scorso anno, in Romania, un famoso giornalista sportivo è stato licenziato perché un suo giudizio critico nei confronti di una delle due squadre impegnate in una partita di calcio avrebbe nuociuto agli interessi economici del canale televisivo per il quale lavorava.
In Croazia, invece, i giornalisti, in base al nuovo codice penale, rischiano di essere condannati per il reato di “umiliazioneâ€: la prima condanna è già arrivata e si tratta di Slavica Lukić del quotidiano Jutarnji list colpevole di aver scritto che “l’ azienda sanitaria privata Medikol, nonostante ingenti finanziamenti pubblici ricevuti, aveva problemi economici. Medikol si è sentita ‘umiliata’ ed ha denunciato la giornalista. Il giudice l’ ha poi condannataâ€.
Sostegno e consapevolezza
Il progetto mira al sostegno dei giornalisti minacciati in Bulgaria, Croazia, Cipro, Grecia, Italia, Macedonia, Montenegro, Romania, Serbia, Slovenia e Turchia, ma non solo: molto importante, infatti, è creare, anche attraverso l’ uso dei social network, la consapevolezza nei cittadini dell’ importanza della libertà di stampa, tassello fondamentale per una vera democrazia. Una serie di interviste, una piattaforma di crowd-sourcing online e un vademecum in dieci lingue per aiutare concretamente i giornalisti che subiscono violazioni sono gli elementi che caratterizzano il progetto Safety Net for European Journalists.
Per saperne di più abbiamo intervistato Francesca Vanoni, responsabile del progetto per l’Osservatorio Balcani Caucaso.
 Che cos’è Safety Net for European Journalists?
È un progetto sulla libertà di stampa in Europa che Osservatorio Balcani e Caucaso (OBC) realizza insieme a 13 partner europei. Per tutto il 2014, questa ampia rete monitorerà e documenterà le violazioni alla libertà di stampa in Italia, sud-est Europa e Turchia, offrirà sostegno concreto ai giornalisti minacciati e sensibilizzerà la politica e l’opinione pubblica su questo problema.
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Come e perché è nato il progetto?
L’Unione Europea, che sostiene questo nostro lavoro attraverso la Dg Connect, è consapevole del fatto che in molti stati membri, così come nei paesi candidati all’accesso, esiste un problema di limitato pluralismo dei media che in certi casi diventa vera e propria violazione e censura alla libertà di stampa o, in casi più gravi, vera e propria minaccia all’incolumità di chi fa informazione. I recenti dati pubblicati dall’ organizzazione Freedomhouse nel rapporto 2014 sulla libertà di stampa nel mondo, rileva ad esempio che la Grecia è lo stato membro con la peggiore situazione in questo momento (al 92° posto), ma anche altri paesi membri dell’ Unione sono catalogati come “solo parzialmente liberi†rispetto alla libertà di stampa. Tra questi la Bulgaria (78°), la Romania (84°) e anche l’Italia che si attesta ad un poco nobile (64° posto).
Partendo dalla consapevolezza che si tratta di un problema serio e diffuso in Europa, OBC e i suoi partner hanno proposto una serie di attività per sostenere i giornalisti minacciati in Bulgaria, Croazia, Cipro, Grecia, Italia, Macedonia, Montenegro, Romania, Serbia, Slovenia e Turchia, e per aumentare la consapevolezza dell’ opinione pubblica europea rispetto a questa questione che ci riguarda tutti in quanto cittadini, e che spesso non è percepita nella sua gravità . Con tante attività distinte ed intrecciate tra loro, vogliamo raggiungere tanto i professionisti dell’ informazione quanto i citizen journalists, tanto i decisori politici, quanto l’opinione pubblica, con l’unico obiettivo di rafforzare il pluralismo dei media in Europa e la professionalità di chi fa informazione. Questo significa migliorare la qualità della democrazia in Europa.
Quali le principali attività del progetto?
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Safety Net fornisce un regolare monitoraggio delle violazioni della libertà dei media nei paesi che ho citato prima e che viene condotto dai nostri partner Ossigeno per l’informazione per quanto riguarda l’Italia e dalla South-East Europe Media Organisation per i Balcani e la Turchia.
Inoltre, con una serie di interviste condotte da un team di ricerca nei 10 paesi e attraverso una piattaforma di crowd-sourcing online, studiamo le necessità che i giornalisti minacciati esprimono per poter far fronte alla loro situazione, ad esempio nuova legislazione, più ampie tutele da parte degli editori o dei sindacati, maggiore sostegno da parte dei colleghi, maggiore trasparenza nei legami tra i media e gli inserzionisti, etc…
Questo lavoro darà vita ad un manuale con suggerimenti concreti per i giornalisti e ad uno studio approfondito rivolto ai policy makers nazionali ed europei affinché si sviluppi una legislazione europea sul tema. Parallelamente a ciò, stimoliamo un ampio dibattito pubblico transnazionale grazie alla collaborazione di 10 media europei che pubblicano sul tema in 9 lingue e con alcuni eventi pubblici internazionali favoriremo lo scambio di buone pratiche e il dialogo con i responsabili politici dell’UE per trovare soluzioni ad un problema europeo.
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Come sta procedendo il lavoro?
Non nego che far lavorare insieme tanti soggetti in tanti contesti diversi sia un lavoro complesso. Tuttavia, stiamo lavorando molto bene con i vari partner e l’interesse dell’opinione pubblica cresce. È tantissimo il materiale che raccogliamo su questo tema: articoli e multimedia, episodi di intimidazioni che ci vengono raccontati nelle interviste, casi di limitazioni di varia natura che documentiamo con l’attività di monitoraggio. Purtroppo questo conferma che gli ostacoli esistenti per una stampa libera sono molti e assumono svariate forme, dai casi più gravi di violenza fisica ai giornalisti, al loro arresto, dalle minacce di denuncia per diffamazione alla violenza psicologia, fino agli attacchi hacker ai server di media online, come è accaduto ad OBC l’anno scorso.
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In questo contesto, i social network possono svolgere un ruolo importante?
Quanto più il giornalismo si serve dei social media, dei blog, e di altri mezzi di comunicazione online, tanto più questi canali sono presi di mira da chi intende limitare la libertà di informazione. È noto come il primo ministro turco Erdogan abbia pubblicamente dichiarato guerra ai social network, definendo Facebook “immoraleâ€, YouTube una “forza famelica†e promettendo di “sradicare†Twitter. E quest’ultimo ha indubbiamente giocato un ruolo importante nelle proteste anti-governative del Parco Gezi ad Istanbul l’anno scorso ed è stato utilizzato tanto dai giornalisti quanto dai manifestanti. E altrettanto è avvenuto per le manifestazioni riguardo al caso della miniera di Rosia Montana in Romania.
Con queste premesse, ovvero la forza dei nuovi media, i social network sono senz’altro uno strumento potente per sensibilizzare l’opinione pubblica europea rispetto al fatto che la violazione della libertà di stampa è un problema che molti paesi europei condividono e si possono utilizzare per stimolare una coscienza comune e per difendere il diritto all’informazione.
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Come sarà articolato il manuale di sostegno ai giornalisti minacciati?
Accanto al lavoro di regolare monitoraggio delle violazioni, il nostro partner SEEMO (South-East European Media Organisation) produrrà con questo progetto un vero e proprio vademecum in 10 lingue per aiutare concretamente i giornalisti che subiscono violazioni. Ci saranno indicazioni su tutto ciò che bisogna sapere in caso di minacce o abusi, la possibilità o meno di ottenere assistenza legale gratuita, consigli pratici su come comportarsi nei vari casi, contatti di associazioni e/o istituzioni a cui rivolgersi, etc. Con questo strumento, così come con la piattaforma di crowd-sourcing proviamo ad occuparci dell’“anello mancante†ovvero ciò che concretamente serve a chi fa informazione per poter condurre il proprio lavoro in modo libero. Il manuale sarà pubblicato entro la fine dell’ anno.
A cosa serve la piattaforma di crowdsourcing?
Così come le interviste in profondità e l’attività regolare di monitoraggio, anche la piattaforma di crowd-sourcing è uno strumento per conoscere da un lato i casi di violazione della libertà di stampa in Europa e dall’altro le necessità che hanno i giornalisti esposti a minaccia per poter contrastare queste violazioni. In collaborazione con un’ organizzazione britannica, l’Index on Censorship Index on Censorship, utilizziamo una piattaforma online che si chiama Ushahidi, che in Swahili significa “testimonianzaâ€. I giornalisti, i blogger, i citizen journalist o chiunque abbia subìto violazioni alla libertà di informazione potrà inserire direttamente online il proprio caso, compilando un semplice modulo attraverso il computer, il telefono, twitter, via e-mail, etc…
Tutte queste informazioni saranno visualizzate su una cartina che guardata nel suo complesso permetterà di visualizzare la portata del problema e analizzata più nel dettaglio aiuterà a capirne i contenuti e le sfaccettature. Anche questa dovrebbe essere online entro maggio.