In grado di dare respiro ai produttori che cercano nuovi mercati e di pensare e progettare nuovi percorsi editoriali.
L’ indagine, condotta nel giugno 2014 da Fondazione Nordest e Università di Padova sui laureati magistrali in scienze della comunicazione degli ultimi dieci anni sfata miti e pregiudizi che troppo spesso accompagnano chi ha scelto questo corso di laurea.Â
 di Luca Barbieri*
 L’ indagine – “Comunicare il Made in Italy†– si basa su un questionario cui hanno risposto 165 laureati magistrali negli ultimi dieci anni (su un totale di 271 che hanno concluso gli studi nell’ultimo decennio). Di questi l’88% ha un lavoro, il 7% l’ha avuto in passato e solamente il 4% non ha mai lavorato dopo la laurea. Primo mito sfatato: scienze della comunicazione non sforna disoccupati.
 Per quanto riguarda poi la tipologia contrattuale: il 35% del campione ha un contratto a tempo indeterminato, il 31% un contratto a termine, l’ 11% è freelance e l’ 8% ha un contratto a progetto. Secondo mito sfatato quindi: la precarietà , che invece riguarda solo una minoranza.
 Altre sorprese: in pochi sono emigrati, l’81% ha trovato lavoro a Nordest. Terzo mito sfatato: per lavorare con la comunicazione non è necessario emigrare a Milano, Roma o addirittura all’estero.
 Dati che meritano una riflessione sul rapporto con il territorio.
Interessante su questo punto il commento di Stefano Micelli, direttore di Fondazione Nordest: “Il successo di Scienze della Comunicazione a Padova è quello di aver trovato un terreno fertile e ricettivo nella manifattura nordestina – ha detto presentando la ricerca -. Sono proprio le aziende venete che si stanno internazionalizzando e hanno un grande bisogno di «raccontarsi» per esplorare nuovi mercati che danno lavoro ai laureati in Scienze della Comunicazione. Oggi infatti per competere e presidiare i mercati internazionali le imprese manifatturiere italiane devono saper coniugare il saper fare e il ben fatto con la capacità di narrare le caratteristiche, la cultura e la qualità del Made in Italyâ€.
Per Marco Bettiol, docente di marketing avanzato e autore della ricerca, “le imprese manifatturiere oggi interpretano la comunicazione come parte integrante del processo di innovazione e non solo come attività da svolgersi a giochi fatti, quando il prodotto è uscito dalla fabbrica. Il Made in Italy si basa su prodotti personalizzati, su misura, che non possono prescindere dall’ interazione con la domanda. Da questo punto di vista, la comunicazione gioca un ruolo prezioso interpretando le richieste del consumatore e traducendole in indicazioni utili per designer e tecniciâ€.
Veri e propri manager integrati nelle strategie e nei processi decisionali aziendali, quindi. Anche perché gli studenti intuiscono le richieste del mercato, il corso di laurea in scienze della comunicazione sta producendo professionisti orientati in maggior parte nel campo del marketing e del web.
 Pochi invece scelgono la via del giornalismo e dell’ editoria. Chi l’ ha fatto – compreso il sottoscritto – ha trovato, pur in un mercato difficile e in profonda trasformazione, spazio in giornali consolidati e nuove avventure editoriali. Due segmenti all’interno dei quali il giornalista, fino a pochi anni fa chiuso e protetto all’ interno del guscio rassicurante della propria indipendenza (che spesso ha voluto dire autosufficienza e autoreferenzialità ), sta vivendo su di sé l’assunzione sempre più frequente del rischio e della responsabilità imprenditoriale.
Un passaggio non sempre chiaro a tutti ma che metterà presto a confronto – sui due lati della sempre più labile linee di demarcazione tra chi produce comunicazione e chi la elabora, la verifica, la diffonde – studenti usciti dallo stesso corso di studi.
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*Luca Barbieri, laureato a Padova in Scienze della Comunicazione, è giornalista professionista dal 2004. Lavora per il gruppo Rcs ed attualmente, dopo aver lavo rato per 12 anni nella cronaca locale con il Corriere del Veneto, è coordinatore editoriale di Corriere Innovazione.
 Blogger, ha fondato il sito www.anordestdiche.com.Â