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Sconfitte e futuro del giornalismo (digitale) in Italia: la parola agli ex-lettori

Come segnalato nei giorni scorsi, prosegue su vari spazi online il dibattito su ‘sconfitte e futuro’ del giornalismo digitale (ma non solo) italiano. Resta però cruciale ampliare la discussione e coinvolgere direttamente, non tanto o non solo gli ‘addetti ai lavori’, bensì i soggetti primi della questione: ex-lettori, cittadini, citizen-reporter, blogger, curiosi, ragazzi e cani sciolti – oltre naturalmente a chi opera in settori complementari, dal mondo dell’istruzione alla cultura ai new media e altro.

 

Ecco allora che LSDI si offre come ‘piattaforma neutrale’ per ospitare opinioni e suggerimenti di chiunque vorrà farsi avanti. Pronti? Via!

 

Riassumendo il quadro, agli interventi già sintetizzati, vanno oggi aggiunti il rilancio di Mario Tedeschini Lalli e l’attesa formalizzazione delle dimissioni di Marco Alfieri da direttore de Linkiesta (oltre alla prossima chiusura di Europa Quotidiano). Altrettanto utile è guardare alla variegata partecipazione in simili discussioni (con annesse sperimentazioni pratiche) che avviene nell’ ecosistema anglofono, pur se anch’esso alle prese con la perdurante crisi del giornalismo, in particolare rispetto ai business model vincenti.

 

In tal senso, vanno attirando commenti le riflessioni di uno che la sa lunga come Jeff Jarvis, il quale segnala, per esempio, che tra i nuovi ruoli del giornalista c’è quello di «“organizzatore di comunità”, a sottolineare l’impegno sociale a tutto tondo di un’ informazione a difesa dei principi etici e a servizio dei bisogni del pubblico – rimanendo comunque “super partes”». Senza dimenticare l’ opportunità per i giornalisti di vedersi anche come “educatori”, capaci però di «spingere lettori e comunità a sperimentare, condividere e costruire in autonomia, in base a proprie abilità, desideri e bisogni».

 

Come rapportare (e sviluppare) questi nuovi ruoli nel quadro italiano? È forse l’iperlocale la soluzione a tutti i problemi odierni? In quanto ex-lettori, dovremmo preoccuparci di salvare o rafforzare i gruppi editoriali tradizionali, aderendo ai paywall e ai contentui premium che oggi ci vengono proposti? Oppure meglio dare man forte e appoggiare anche economicamente i tanti giornalismi possibili veicolati dal digitale? E pensando alle nuove leve, avrebbe senso proporre nel nostro Paese una laurea in ‘giornalismo sociale’, come si appresta a fare Jarvis alla City University of New York?

 

Queste solo alcune delle questioni bollenti sul tappeto. Pur se trattasi di un dibattito apparentemente complesso, e se la tradizione italica sembra poco avvezza a simili aperture a 360 gradi, il coinvolgimento di tutti gli stakeholder rimane un momento portante per ogni sviluppo futuro, oltre che nostro scopo e interesse primario: non esitate a contattarci per proporre interventi personali!

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