Il giornalismo nonprofit si avvia infatti a diventare uno dei modelli principali dell’ informazione giornalistica negli Usa e la questione dell’ impatto ha una grossa rilevanza.
Riuscire a determinare e a quantificare i cambiamenti che una inchiesta può avere sull’ attività politica e sul dibattito culturale del paese può infatti condizionare notevolmente la contrattazione fra testate e finanziatori.
– – – – –
Avere un impatto è l’ obiettivo fondamentale del giornalismo no-profit, spiega su NiemanLab (How can journalists measure the impact of their work? Notes toward a model of measurement) Lindsay Green-Barber, da luglio al Center for Investigative Reporting come analista dell’ impatto mediatico.
La ricercatrice cita in particolare articoli sull’ argomento pubblicati da  Poynter,  Investigative Reporting Workshop (American University) e ProPublica. Ma la domanda rimane: che cosa è l’impatto ? La risposta standard è: “Lo sappiamo quando lo vediamo” – e ci riferiamo generalmente a cambiamenti su larga scala, come ad esempio l’ adozione di una nuova legge o l’ avvio di un’ indagine governativa.
Al CIR – racconta l’ autrice – siamo orgogliosi per il fatto che il nostro lavoro di inchiesta si traduce spesso in nuove norme di tipo strutturale o in cambiamenti politici. Ma sappiamo che ci sono anche altri tipi di risultati reali, che sono altrettanto importanti. In determinate circostanze, spostare i termini del dibattito pubblico o cambiare le preferenze di voto di qualcuno può significare contribuire a rendere duraturi dei cambiamenti sociali, politici e culturali.
Ma il problema è la quantificazione di questi fenomeni e il problema del valore.
Da quasi 10 anni, nota l’ articolo, i responsabili dei media nonprofit ed i loro finanziatori hanno discusso le questioni relative all’ impatto, comprese definizioni, misurazione e rilevanza. Ci sono almeno quattro filoni di conversazione rimasti costanti e che ancora devono essere completamente sviscerate: la necessità di standard, la relazione tra il coinvolgimento degli utenti e l’ impatto, il peso dell’ online analytics e la difficoltà di capire come dei risultati qualitativi offline possano essere rappresentati nel processo di impatto a lungo termine dei media.
Standard
Per quanto riguarda questo aspetto, la mancanza di una definizione standard di impatto per i media nonprofit fa sì che ogni testata abbika la sua concezione. Questa assenza di comprensione condivisa è un problema perché rende impossibile condividere conoscenze, strategie di misurazione, strumenti o competenze analitiche tra le varie organizzazioni. La mancanza di standard comuni ha creato anche dei problemi di comunicazione tra i partner finanziatori e le testate dal momento che “impatto” può significare cose diverse per le varie parti che stanno discutendo una sovvenzione.
Coinvolgimento
Il valore del coinvolgimento online e offline del pubblico è una domanda che sia i media profit che quelli nonprofit si pongono ogni giorno. Qual è il valore di un commento online? L’ opinione di qualcuno è stata modificata se lui o lei mettono “mi piace ” a un post su Facebook? E se lui o lei ritwittano un articolo? Qual è il valore di una persona che partecipa dal vivo a un evento o guarda per intero un documentario ?
In un suo Libro bianco sull’ impatto il presidente di ProPublica, Richard Tofel, afferma: “Un fattore chiave per tracciare l’ efficacia del giornalismo ragionatosarà il coinvolgimento dei lettori”. Egli definisce questo coinvolgimento come ” l’ intensità della reazione a un articolo, la misura in cui essa è condivisa, il livello oltre il quale esso provoca un’ azione o una interazione”.  Ma – si chiede Green-Barber – come facciamo a misurare  questa azione offline e i cambiamenti nel modo di pensare e di percepire le cose che possono produrre un cambiamento?
La ricercatrice ricorda che Brian Abelson ha messo a punto una metrica del coinvolgimento testata sui dati del New York Times:  si tratta – dice – di un primo passo importante nella creazione di strumenti di misurazione comuni per comparare il coinvolgimento fra le varie testate e siti web. Se questo parametro venisse calcolato in modo coerente, saremmo in grado di ottimizzare e affinare l’ equazione per riflettere con maggiore precisione la realtà .
Online analytics
‘’I produttori di media hanno un sacco di dati per l’ attività online. Per ogni servizio conosciamo il numero di pagine viste, il numero di visitatori unici, dove stanno i visitatori, per quanto tempo le leggono, in che misura scorrono verso il basso della pagina, quanti clic sulla pagina hanno fatto. In alcuni casi sappiamo anche l’ età , il sesso e altre informazioni personali dei visitatoti.
Sappiamo anche quanti ‘’like’’, share e view ha ottenuto un post su Facebook. Sappiamo chi sta twittandio con chi, che hashtag e quali parole chiave sceglie. Utilizziamo un sacco di tempo ed energie per valutare l’ online analytics cercando di scovare un significato divino nei numeri e grafici. Ma ancora non riusciamo a capire che cosa significhino quei dati in relazione a un impatto tangibile’’.
La complessità conduce alla chiarezza
Forse – osserva Green-Barber – rispetto allo stimolo alle persone a verificare con più attenzione a quali enti dare o meno le proprie donazioni, potrebbe essere ancora più influente il cambiamento nel dibattito su quali sono gli enti filantropici ‘’poco raccomandabili’’ che ha imperversato in Nonprofit Quarterly e The Chronicle of Philanthropy, stimolato dal lavoro del CIR. Se il nostro lavoro cambia la comprensione di ciò che significa essere un ente di beneficenza onesto all’ interno delle riviste specializzate più autorevoli – aggiunge -, gli effetti a lungo termine di tale impatto continueranno senza dubbio per molti anni e forse porteranno ad adottare una nuova norma.
Non ogni inchiesta, naturalmente, si tradurrà in una modifica legislativa o politica. Ma ci sono anche altri tipi di risultati. Ad esempio, CIR – in collaborazione con l’ Investigative Report Program della UC Berkeley Graduate School of Journalism, Frontline e Univision – ha prodotto un documentario dal titolo “Rape in the Fieldsâ€, oltre a un cartone animato e a un servizio scritto (diffusi in inglese e spagnolo),  in cui si denunciano episodi di stupro e molestie sessuali nei confronti di lavoratrici agricole negli Stati Uniti.
Poiché molte di queste donne non sono autorizzate a lavorare negli Stati Uniti, potrebbe essere molto rischioso per un parlamentare appoggiare questa campagna. Al contrario il risultato ottimale potrebbe essere una crescita della consapevolezza all’ interno delle comunità coinvolte: più alte percentuali di denunce di stupro o molestie sessuali; calo dei tassi di abuso e violenza sessuale;  e maggiore uso degli strumenti di denuncia forniti da CIR e altre organizzazioni di difesa delle donne – cose che stanno accadendo in seguito a quel nostro lavoro.
IL CIR e i suoi partner ritengono che il Rape in the Fields sia un progetto fallito perché E il fatto che l’ Assemblea della California non abbia preso subito posizione sulla questione varando una nuova legge non significa che il profetto sia fallito. Al contrario – dice Green-Barber – questo progetto ha avuto un impatto nel senso più forte del termine: un cambiamento del mondo reale che interessa la vita quotidiana di centinaia – forse migliaia – di donne vulnerabili. Concretamente, a otto mesi dalla prima messa in onda del documentario, ci sono state quasi un centinaio di indagini indipendenti, che hanno interessato anche dei funzionari pubblici.
L’ impatto: le soluzioni
Il CIR definisce l’ impatto come un cambiamento dello status quo in seguito a un intervento diretto, sia esso un articolo scritto, un documentario o un evento dal vivo. L’ impatto – secondo Green-Barber – può essere caratterizzato da tre tipi di risultati: eventi strutturali di tipo macro come cambiamenti nelle leggi e nelle politiche; cambiamenti a livello meso, per esempio nel campo del dibattito pubblico; e cambiamenti a livello micro, come modifiche nella conoscenza, nelle credenze o nel comportmento degli individui.
Il Centro sta quindi cominciando a pensare a come quantificare queste interazioni: non si tratta di alchimia, ma di un fatto scientifico – e forse anche un po’ di arte. Come in ogni scienza – conclude l’ la ricercatrice -, ci saranno tentativi ed errori e, naturalmente, verifica delle ipotesi.
Per stimolare questa conversazione, il CIR ha organizzato un incontro dal titolo CIR Dissection: Impact, che nell’ ottobrer scorso ha riunuito responsabili dei media, finanziatori, studiosi e tecnologi per creare una comunità nazionale di analisi e pratica intorno all’ impatto mediatico . I primi due eventi sono stati realizzati a San Francisco e a Macon, in Georgia. Altri due incontri del genere sono in programma per aprile a  New York e a Washington.
Il CIR invita chi è interessato a seguirlo in questa conversazione.
(via http://www.scoop.it/t/giornalismo-digitale)