Social media: giornalisti divisi fra scettici, pragmatici ed entusiasti
Rispetto all’ uso dei social network il 10-15% dei giornalisti sono ‘’scettici rifiutatori’’, il 5% sono ‘’entusiasti attivi’’ e tutto il restante 80-85% rientrano nella categoria dei ‘’conformisti pragmatici’’.
E’ il risultato di una ricerca, pubblicata da  Digital Journalism ( un nuovo journal accademico edito da Taylor & Francis che si occupa delle trasformazioni del giornalismo nell’era digitale), in cui Ulrika Hedman e Monika Djerf-Pierre (Göteborg University) hanno analizzato come i giornalisti svedesi usano i social media studiando per 5 anni i comportamenti di 2500 professionisti, sulla base dei dati elaborati dallo Swedish Journalists Surveys.
Lo riferisce Evgeniya Boklage in un articolo sull’  European Journalism Observatory .
Il primo segmento (“skeptical shunners’’)  tende a essere fin troppo scettico nei confronti dei social media ed evita completamente l’ uso di Facebook o Twitter. Il rappresentante tipico di questa categoria è un giornalista in là con gli anni che lavora nella carta stampata.
Il secondo strato (“pragmatic conformistsâ€) ampiamente maggioritario,’’ è composto da professionisti di diversa età e differente posto di lavoro che utilizzano i social regolarmente, ma in modo molto selettivo. In particolare, i conformisti pragmatici usano Twitter e leggono i blog per cercare informazioni o per sondare l’ambiente, ma postano sui social network raramente. Le principali caratteristiche di questo gruppo sono ambivalenza e pragmatismo’’.
La terza fascia (“enthusiastic activistsâ€) ‘’è composta, senza troppe sorprese – scrive Boklage –  da giornalisti più giovani che lavorano per piattaforme digitali o cross-mediali. Questi giornalisti abbracciano completamente i social, li usano per cercare informazioni, per networking, personal branding e collaborazione. Questi entusiasti condividono con gli altri due gruppi le più comuni opinioni sulla professione, ma hanno una più forte convinzione che il giornalismo debba andare incontro a profondi cambiamenti e proprio a causa dei social media.
Da notare che i giornalisti svedesi, oggetti dello studio, tendono a essere molto sindacalizzati: circa l’85% di tutti i giornalisti assunti e il 50% dei freelance sono infatti iscritti alla Swedish Union of Journalists. L’iscrizione al sindacato è un marchio forte di identità professionale’’.
Un secondo studio
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Un altro studio – realizzato da Agnes Gulyas della Canterbury Christ Church University -, invece, dimostra come i giornalisti inglesi siano generalmente meglio disposti nei confronti dei social media dei colleghi in Germania, Finlandia e Svezia. I giornalisti in questi paesi tendono a utilizzare i social media allo stesso modo, ma nello specifico quelli tedeschi si riconoscono per essere i più negativi nei confronti degli effetti dei social; le differenze possono essere spiegate alla luce della cultura giornalistica e del tipo di sistema mediatico in vigore, due fattori che influenzano inevitabilmente come e quanto velocemente i social media vengano adottati.
‘’ In generale – osserva Blokage –  i risultati degli studi mostrano come l’esistente cultura giornalistica è un fattore importante nel determinare come i social media siano adottati dai professionisti dei media. La relativa insignificanza dei fattori professionali, invece, dimostrano come le variabili in gioco, in questo senso, siano molte di piu e offrano spunti per ulteriori studi’’.
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