Bujnak, 56 anni, non era un giornalista, ma il capo carpentiere del giornale, bravissimo – racconta la  Columbia Journalism Review – in ogni tipo di ristrutturazione e di aggiusto.
Per anni, viste le difficoltà economiche dell’ azienda, i vertici gli hanno chiesto di risparmiare. “La parola che mi veniva detta più frequentemente era ‘risparmia, risparmia, risparmia’ – ha raccontato Bujnak. Così, quando ha saputo di un nuovo bonus al CEO è andato dal direttore e gli ha annunciato che se ne andava.
La sua decisione ha catturato il sentimento di giornalisti e osservatori dei media che hanno guardato con crescente frustrazione negli ultimi anni ai ricchi bonus rastrellati dai vari dirigenti della Lee Enterprises, il gruppo editoriale a cui fa capo il Post-Dispatch, mentre gli stipendi dei giornalisti e degli altri dipendenti stagnavano e i tagli del personale si moltiplicavano. Una discussione molto accesa che si è svolta sui blog d’ informazione  locali and nazionali, sui social media e, ovviamente, all’ interno della redazione.
“In ogni redazione c’ è qualcuno che si lamenta – ha detto un dirigente del giornale che ha chiesto l’ anonimato – ma non credo che si possa trovare qualcuno contento di lavorare qui’’.
Silenzio completo da parte dell’ editore. ‘’Il portavoce della Lee, Dan Hayes non si è mai fatto trovare in questi giorni’’, racconta Jim Romenesko, titolare di un blog sui media molto seguito.
Dai 8.300 dipendenti del 2007, il gruppo editoriale – una cinquantina di testate, con una diffusione di 1.136.000 copie giornaliere – è passato nel 2013 a 4.600 addetti. Nello stesso periodo – calcola la CJR – lo stipendio annuo medio del CEO del Post-Dispatch oscillava fra gli 800 e i 900.000 dollari. Per non contare i bonus ricevuti: nel 2012 complessivamente aveva gudagnato 2 milioni di dollari: incluso un premio di 500.000 dollari ricevuto proprio il giorno prima che l’ azienda annunciasse il licenziamento di altri 23 dipendenti.