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Un cittadino extracomunitario regolarmente soggiornante in Italia può diventare direttore responsabile di un giornale

L’Italia è sempre più una società multietnica in cui convivono cittadini italiani e cittadini stranieri. Anche nel mestiere del giornalista cominciano ad esserci sempre più colleghi che arrivano da culture e nazioni diverse e che vogliono  diventare direttore responsabile di una testata.

 

Come noto la legge 69 del 1963 recita all’articolo 46 che

Il direttore ed il vicedirettore responsabile di un giornale quotidiano o di un periodico o agenzia di stampa, di cui al primo comma dell’art. 34 devono essere iscritti nell’elenco dei giornalisti professionisti salvo quanto stabilito nel successivo art. 47

La Corte Costituzionale ha poi sancito nel 1968 che anche un pubblicista possa essere direttore responsabile di un giornale.

C’è poi la legge 47 del 1948 che stabilisce che

Ogni giornale o altro periodico deve avere un direttore responsabile. Il direttore responsabile deve essere cittadino italiano e possedere gli altri requisiti per l’iscrizione nelle liste elettorali politiche. Può essere direttore responsabile anche l’italiano non appartenente alla Repubblica, se possiede gli altri requisiti per la iscrizione nelle liste elettorali politiche.

L’articolo 9, della legge 6 febbraio 1996, n. 52, ha equiparato i cittadini degli stati membri della Comunità europea ai cittadini italiani.

Agli effetti degli articoli 3 e 4 della Legge 8 febbraio 1948, n. 47, riguardanti rispettivamente il direttore responsabile ed il proprietario di giornali o altri periodici, i cittadini degli Stati membri della Comunita’ Europea sono equiparati ai cittadini Italiani.

Meno chiara la situazione nel caso di giornalisti extracomunitari. Per questo dei tribunali hanno cavillato nel momento in cui a chiedere di diventare direttori responsabili sono stati dei giornalisti stranieri non comunitari.

Una collega rumena che da anni lavora a Torino ha chiesto all’ Odg nazionale un parere sul tema. L’Ordine Nazionale ha sua volta ha richiesto un pronunciamento formale all’ Ufficio Legislativo e alla Direzione Generale della Giustizia Civile del Ministero della Giustizia in relazione al diritto di un cittadino extracomunitario regolarmente soggiornante in Italia e iscritto all’Albo dei Giornalisti, di diventare direttore responsabile di un giornale.

La risposta dell’Ufficio Legislativo  del Ministero della Giustizia è chiara

L’art. 3 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, prevede che ogni giornale abbia un direttore responsabile e che questi sia cittadino italiano. A sua volta, l’art. 2, comma 2, del d. 19s. 25 luglio 1998 n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e nonne sulla condizione dello straniero) dispone che “lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio del!o Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni internazionali in vigore per l’Italia e il presente testo unico dispongano diversamente”.
Si tratta quindi di stabilire quale sia l’ambito applicativo di questa norma, e in particolare cosa si debba intendere per “diritti in materia civile”.  E’ opinione consolidata che l’mi. 2, comma 2, del d. 19s. 286/98, che ha recepito la norma già contenuta nella legge 6 marzo 1998 n. 40 (Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), ha sensibilmente ridotto il principio di reciprocità, previsto dall’art. 16 delle disposizioni preliminari al codice civile. Questo principio era stato introdotto nel 1938 (anno in cui fu approvato il primo libro del codice civile), subordinando il godimento dei diritti civili alla condizione che lo Stato a cui appartiene lo straniero facesse altrettanto nei confronti dei cittadini italiani. La norma si spiega con la sensibilità all’ identità nazionale, tipica del periodo storico in cui fu emanata. A distanza di cinquanta anni, il d. 19s. 286/98 ha invece preso atto dell’ inevitabilità dei flussi migratori per l’ Italia (e in genere per l’ Europa), introducendo la regola per cui lo straniero munito del permesso di soggiorno è tendenzialmente parificato al cittadino.  Va a tal proposito osservato che l’art. 2 del testo unico sull’immigrazione distingue tra diritti fondamentali e diritti in materia civile. Il rispetto dei primi è assicurato allo “straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato”, quindi indipendentemente dal fatto che sia entrato in modo regolare o invece violando le norme dirette a regolamentare i flussi di ingresso.

 

La tutela dei diritti in materia civile, invece, è assicurata allo straniero purchè in regola con le norme sull’ingresso nel territorio dello Stato (e quindi, la legge richiede che sia munito del permesso di soggiorno). Questo requisito minimo, indispensabile per evitare di agevolare le immigrazioni clandestine, rende evidente che l’ordinamento da un lato ha preso atto dell’impossibilità di arrestare la mobilità e, dall’altro, che intende valorizzare le attitudini di qualunque persona, indipendentemente dalla sua nazionalità.  La ricostruzione in questi termini della ratio legis appare confermata da alcune pronunce giurisprudenziali, che hanno ritenuto che rientrino nella nozione di “diritti in materia civile”: l’esercizio dell’autonomia negoziale diretta ad acquistare la proprietà di beni immobili (Cass. 21 marzo 2013 n. 7210, in tema di acquisto di un immobile da parte di un cittadino iraniano)  la nomina di amministratore di sostegno (Trib. Reggio Emilia 7 gennaio 2008, che ha deciso su una domanda proposta da una cittadina marocchina)  il diritto al risarcimento del danno subito a seguito di un sinistro stradale (Cass. 450/11 ) accesso alle prestazioni riparatorie del Fondo di garanzia per le vittime della strada (App. Milano 22 giugno 1999).
Peraltro, anche in materia di pubblico impiego è possibile evidenziare una linea di tendenza dell’ordinamento diretta a consentire l’accesso allo straniero. L’art. 38, comma 3-bis del d. 19s. 165/2001, aggiunto con l’articolo 7, comma l, lettera b), della Legge 6 agosto 2013, n. 97, consente allo straniero munito di permesso di soggiorno CE di lungo periodo di “accedere ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela dell’interesse nazionale”. Con questa norma si è attuata una piena equiparazione dello straniero al cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea, anche per i posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche. Concludendo, questo Ufficio ritiene che l’ art. 3 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, nella parte in cui richiede che il direttore responsabile di una testata possa essere solo un cittadino italiano, sia stata abrogata per incompatibilità con il d. 19s. 286/98.

Altrettanto chiaro il pronunciamento della Direzione Generale della Giustizia Civile del Ministero della Giustizia

La normativa di riferimento è costituita dall’art. 3 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, che dispone che ogni giornale abbia un direttore responsabile e che questi sia cittadino italiano, con il che sembrerebbe essere radicalmente esclusa la possibilità per un cittadino extracomunitario, pur se regolarmente soggiornante in Italia, di diventare direttore responsabile di un giornale o altro periodico.
Tuttavia, detta norma va coordinata con la disciplina successivamente adottata in relazione alla materia dell’ immigrazione.  Più in particolare, l’ art. 2, comma 2, del D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’ immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) dispone che “lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni internazionali in vigore per l’ Italia e il presente testo unico dispongano diversamente”.
La risoluzione del quesito verte pertanto intorno alla individuazione del concetto di “diritti in materia civile” contenuto nel citato art. 2, che li distingue dai diritti fondamentali, garantiti anche allo straniero comunque presente alla frontiera o sul territorio dello Stato.
A parere della scrivente Direzione Generale, pur non rinvenendo si precedenti giurisprudenziali in termini, il diritto di esercitare liberamente la propria attività professionale, ivi compreso il ruolo di direttore responsabile di un giornale o un periodico, rientra a pieno titolo tra i diritti in materia civile, che vanno riconosciuti anche alla straniero extracomunitario che soggiorni regolarmente sul territorio dello Stato. Diversamente si dovrebbe ritenere che la direzione del giornale costituisca un ambito riservato della più generale attività professionale di giornalista che soltanto i cittadini italiani (e comunitari) potrebbero ingiustificatamente vantare, senza tuttavia che sia richiesta dall’ordinamento una diversa qualificazione professionale.
In ragione della considerazione in forza della quale lo spirito del D.lgs. 25 luglio 1998, 11. 286 in esame appare viceversa quello di equiparare tendenzialmente la condizione del cittadino straniero fornito di regolare permesso di soggiorno sul territorio dello Stato a quella del cittadino italiano (e comunitario), non si ravvisa alcuna norma che possa impedire al cittadino extracomunitario regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato il godimento degli stessi diritti civili attribuiti al cittadino italiano, tra i quali rientra anche la libertà di poter essere direttore responsabile di un giornale o altro periodico. Del resto la stessa giurisprudenza civile più recente riconosce a stranieri extracomunitari regolarmente soggiornanti in Italia ampi spazi di esercizio di autonomia negoziale.

Si ritiene conclusivamente che l’art. 2 del D.lgs 25 luglio 1998, n. 286 abbia abrogato parzialmente l’art. 3 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, nella parte in cui richiedeva espressamente il requisito della cittadinanza italiana per potere assumere il ruolo di direttore  responsabile di un giornale o altro periodico. Pertanto, anche un cittadino straniero extracomunitario regolarmente soggiornante sul territorio italiano può legittimamente diventare direttore responsabile di un giornale o altro periodico. Quanto osservato vale a fortiori per la figura del proprietario, anche in considerazione del fatto che l’art. 4 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 non prescrive esplicitamente che questi debba essere cittadino italiano.

 

I documenti originali del lodo del Ministero della Giustizia

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