Amici da sempre di Art.21 l’associazione co-fondata da Giulietti di cui siamo anche gemelli di sito, nel senso che ci scambiamo notizie ad ogni piè sospinto. Noi di Lsdi condividiamo tutte le battaglie, e sono state davvero molte, promosse dall’Associazione che prende il nome dal fondamentare articolo della Costituzione Italiana che promuove e tutela la “libertà di espressione”. Ebbene l’arrivo di un giornalista con la sua storia alla guida del sindacato unico dei giornalisti italiani, ancorchè condizionato da un triste evento, la prematura e improvvisa scomparsa del Presidente precedente Salvo Della Volpe; potrebbe davvero dare avvio a quell’epoca di rinascimento del giornalismo italiano che noi nel nostro piccolo auspichiamo da tempo immemorabile e che potrebbe trovare solide basi anche nella rivoluzione digitale in corso di compimento.
C’è uno scollamento sempre più forte, evidente e marcato, fra la società  reale e il mondo dell’informazione sempre più condizionato dai poteri
forti e sempre meno attento alla realtà dei fatti. Marco Pratellesi anni fa nel corso di un suo intervento ad un dibattito ha riassunto in modo
molto preciso e circostanziato le fasi che hanno contraddistinto il lento ma progressivo e inarrestabile decadimento della professione giornalistica. I passaggi fondamentali sono stati: dal giornalismo praticato consumando le suole a quello delle agenzie di stampa che hanno riportato
molte delle “forze” giornalistiche da fuori a dentro le redazioni, per arrivare all’ odierno rito del giornalismo da terminale, con redazioni sempre meno numerose – intese proprio come forza lavoro – e una mole sempre maggiore di notizie da gestire, o forse sarebbe meglio dire da non essere in grado di gestire, tutte o quasi rigorosamente indoro. Trasversale a tutto questo c’è l’arrivo della cultura digitale con l’esigenza sempre più pressante di riscrivere il modello produttivo dell’editoria giornalistica, mentre vanno in fumo milioni di euro e si cerca, più o meno disperatamente, il fantomatico modello di business.
Serve qualcuno che rimetta il giornalismo al centro del dibattito. Che riporti l’esigenza primaria sulla qualità del lavoro e ricollochi nella loro giusta luce le professionalità necessarie a determinare la non più rimandabile crescita di questa qualità . Il sindacato dei giornalisti potrebbe tornare ad essere uno degli attori determinanti in questo passaggio epocale, come non è stato quasi per niente, in questi ultimi anni. Pensiamo a tutte le questioni irrisolte, spesso posticipate a divinis, o peggio che mai risolte accettando in modo pedissequo, vedi l’ultimo contratto nazionale della categoria, le indicazioni degli editori.
Non c’è più nessuna guerra giornalisti-editori, siamo difronte ad un mondo superato che si dibatte negli spasmi agonici della fine. Nessuna possibilità di ritorno alle origini, nessuna replica dei bei tempi andati. Non serve contenere i danni, perchè non si tratta di danni ma di
oppotunità non colte.
Stiamo vivendo, come molti esperti dichiarano da tempo, un periodo d’oro per il giornalismo, tutto il contrario di quello che lo scenario italiano racconta ogni giorno. I professionisti dell’informazione sono sempre più merce rara in questo mondo liquido, globalizzato dove le notizie in numero sempre maggiore viaggiano a velocità superiori a quelle della luce senza che nessuno, a cominciare dai giornalisti, faccia il necessario lavoro di verifica prima di divulgarle. Servono sempre di più persone competenti e preparate per reindirizzare in modo corretto l’inarrestabile flusso. Ma serve soprattutto un serio e profondo lavoro di reimpostazione della filiera di produzione della notizia riportando l’attenzione delle parti in causa sul ruolo dei professionisti dell’informazione. E’ quantomai necessario ricominciare a pensare alla complessità del ciclo di produzione della notizia declinato nell’universo digitale e per questo è necessario ripopolare le redazioni – non svuoltarle come sta accadendo da anni – dei professionisti necessari a raccontare nel modo corretto gli eventi dentro l’ecosistema digitale.
Ridefinire le regole e non – all’italiana – crearne di nuove e sempre più cervellotiche. Questo va fatto. Non un nuovo contratto di lavoro specifico per i giornalisti digitali ma inserire a tutti gli effetti nel vecchio e magari anche molto più semplificato contratto FNSI tutte le nuove figure professionali secondo una logica produttiva che tenga conto dei – quelli si – nuovi scenari. Un Presidente della Federazione pronto a sostenere l’inarrestabile processo in corso come Beppe Giulietti non potrà che far bene, e speriamo molto, alla nostra professione. Buon lavoro!