Il futuro è già qui e la nostra sfida, oggi, è disegnare un’informazione che sia libera, contro ogni bavaglio, indipendente, plurale ed economicamente sostenibile. Un settore che tenga insieme dipendenti e lavoratori autonomi; che dia pari dignità ad ogni media, ad ogni giornalista, professionista e pubblicista, alla carta stampata come all’emittenza, al servizio pubblico e agli uffici stampa. Veniamo dalla crisi più profonda che l’Italia abbia conosciuto, che ha abbattuto certezze e mutato le prospettive. La legislazione sul lavoro è cambiata e cambierà ancora.
Le risorse pubblicitarie si sono ridotte del 70%, quelle pubbliche sono state drasticamente tagliate dal governo (Rai, fondo per l’editoria, agenzie di stampa). E ora alla Fnsi si chiede coraggio: di adeguarsi ai tempi, di trovare soluzioni innovative, di collocarsi davvero al centro del confronto con la Fieg, di proporsi come punto di riferimento nel dibattito con gli altri editori, di essere interlocutore serio e del governo. Una Fnsi forte, pluralista, federalista, espressione delle associazioni regionali (statutariamente elemento fondante della Federazione) e dell’esperienza maturata sui territori. Che rappresenti i dipendenti, i pensionati, e che sappia interpretare i bisogni di quel 60% di colleghi che lavora fuori dalle redazioni, l’ “altro mercato del lavoroâ€, quello parasubordinato o autonomo, dal welfare debole. Alcune organizzazioni sindacali si stanno ancora domandando se può convivere la rappresentanza di questi due mondi, dei dipendenti e dei “precari†in senso lato; la Fnsi deve rispondere di sì.
Il sindacato, l’organizzazione e il gruppo dirigente. Noi immaginiamo un sindacato a due teste. Che sappia occuparsi dei giornalisti dipendenti ovunque, per qualunque mezzo esercitino la professione, che sia elemento di aggregazione e controparte forte e determinata della Fieg, della pubblica amministrazione nel caso degli uffici stampa pubblici, di Confindustria Tv, del governo. Ma che sappia essere associazione di categoria per i freelance e i lavoratori atipici, che sia in grado di guidarli a trovare lavoro anche a livello europeo, che sia una centrale di servizi per l’interpretazione delle norme, della legislazione del lavoro e di quella fiscale, di consulenza sulle nuove frontiere di investimento, opportunità di sgravi, benefici e finanziamenti.
Per ottenere questi risultati serve un’organizzazione agile, funzionale e su più livelli. Serve un forte rinnovamento della classe dirigente della Fnsi, anche (ma non solo) generazionale. Da nuove persone possono nascere nuove idee, lo sguardo sulla categoria e sul mondo dell’informazione può essere fresco e innovatore.
Deve cambiare il paradigma. Quello che serve oggi è soprattutto la capacità di leggere un futuro che, fino a ieri, ci ha sempre colti impreparati, tanto la Fnsi quanto gli editori. Bisogna avere mezzi e persone per saper vedere prospettive, dare nuove opportunità , trovare soluzioni tecniche e vie legali da percorrere e contemporaneamente affrontare crisi, esuberi, difficoltà economiche di un settore che si sta contraendo – e qui è il paradosso – mentre la richiesta di informazione sta raggiungendo vette fino a qualche tempo fa neppure immaginabili. Strategia e visione politica non possono essere improvvisate e rincorse, ma devono essere costruite nel dialogo continuo e nel confronto con la categoria. Il futuro della categoria non può essere lasciato alla progettualità degli editori che, come hanno dimostrato in questi anni, non sono stati in grado né di prevedere la crisi né di affrontarla se non con un massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali se non con i licenziamenti. La Federazione dovrà essere in grado di lavorare su più tavoli, anche alla ricerca di nuovi segmenti di mercato, di seguire bandi e finanziamenti europei.
Il nuovo contratto è la prima sfida di questa Fnsi. Se guardiamo il nostro mercato del lavoro, ci rendiamo conto che siamo tornati indietro di 10 anni: nel 2013 il totale degli occupati dipendenti era di 19.840 unità , nel 2004 era di 19.368. Molto prima di quanto si possa immaginare, gli editori riapriranno il confronto e la Federazione deve essere pronta a mettere in discussione un modello contrattuale vecchio, da riscrivere interamente per tenere insieme tutto il mondo dell’informazione. Il punto di partenza è il CNLG: uno per tutti. Serve un contratto in grado di garantire l’ingresso delle nuove professioni dell’informazione, quelle che gli editori stanno cercando di tenere al di fuori del perimetro della contrattazione e della garanzie deontologiche. Ma devono esserci anche regole ferree che impediscano un pericoloso mix tra giornalismo e pubblicità . In passato la Fnsi ha lottato per mantenere l’online nel CNLG e oggi non si può abdicare a questo traguardo anche perché buona parte della nuova occupazione potrebbe venire da questo settore. E’ necessario guardare alle esigenze dell’online, ma senza cedere sulla qualità dell’informazione. Il nuovo contratto deve essere la casa di tutti. La parola d’ordine deve essere inclusione, non esclusione. Partiamo da una posizione di vantaggio, unica in Italia: il nostro attuale contratto collettivo è l’unico a parlare di cococo. E proprio perché pensiamo che il contratto debba essere unico pensiamo che al tavolo contrattuale debba essere presente l’emittenza nazionale, la Rai, e che al confronto con gli editori insieme con la Fnsi, debba esserci l’Usigrai.
Il coraggio di chiedere nuove norme. Sono necessarie e non bisogna avere paura di chiederle, dall’emittenza privata alle norme sui prepensionamenti, per arrivare al web e ai social. I giornalisti italiani producono informazione di qualità che i motori di ricerca usano e che devono pagare.
Servizio pubblico. Venendo al Servizio Pubblico pensiamo che la legge Gasparri vada superata. E se non ci piaceva la Rai lottizzata tra i vecchi partiti, non ci piace una Rai troppo subalterna ai governi di turno. Per queste ragioni condividiamo il progetto e le proposte elaborate dall’Usigrai e riteniamo che il prossimo gruppo dirigente dovrà promuovere una grande campagna a sostegno della riforma radicale e ineludibile del servizio Rai e contro le ricorrenti ipotesi di sua liquidazione. L’impegno per la riforma non dovrà essere disgiunto dalla più generale vertenza per la riforma del sistema radiotelevisivo e dalla indispensabile alleanza professionale tra le redazioni di tutte le emittenti, pubbliche e private.
Istituzioni di categoria. Nell’ottica della riorganizzazione della Fnsi, dei nuovi compiti che la attendono, delle sfide che dovrà affrontare a partire dal disegno di un nuovo e coraggioso contratto, serve una struttura che riesca a far lavorare assieme Federazione, Inpgi, Casagit e Fondo complementare. Serve una collaborazione più stretta tra gli enti, ognuno con il proprio ruolo e i propri compiti. Con l’Ordine nazionale pensiamo vada fatto un tentativo per riallacciare i rapporti anche se con questi vertici e con questa struttura di rappresentanza l’impresa appare molto difficile. Ma sui temi della libertà dell’informazione, sui temi etici, sulla difesa del ruolo del giornalismo, il percorso può e deve essere comune.
Il lavoro autonomo, nelle sue diverse declinazioni, non deve solo essere rappresentato, ma deve assumere un ruolo di direzione negli organismi statuari della Fnsi. I lavoratori autonomi devono essere presenti in modo politicamente e numericamente rilevante anche nella giunta e nel consiglio nazionale della Fnsi, soprattutto in vista del prossimo rinnovo contrattuale. E soprattutto questo Congresso dovrà fornire legittimazione politica al lavoro autonomo.
Uffici stampa e comunicazione istituzionale e uffici stampa nel settore privato. Il nuovo gruppo dirigente della Fnsi deve affrontare in maniera sistematica e concreta il tema dell’informazione e della comunicazione istituzionale nella pubblica amministrazione, ridando vigore al lavoro della Commissione uffici stampa (che dovrà occuparsi anche delle Agenzie di stampa nella PA). Sono centinaia i giornalisti occupati negli uffici stampa delle aziende nel settore dell’industria e del terziario: colleghe e colleghi inquadrati con contratti non giornalistici e che versano i contributi ad enti previdenziali diversi dall’Inpgi. Il nuovo gruppo dirigente dovrà , in accordo con l’Inpgi, aprire una negoziazione con i rappresentanti datoriali (in primo luogo Confindustria) per l’inclusione di questi colleghi nel perimetri contrattuale e previdenziale del nostro sistema.
Via i bavagli. Oggi dobbiamo far convivere la democrazia, il pluralismo e l’autonomia dell’informazione con i vecchi media e con quelli nuovi, i social e il web. La legge sulla diffamazione che è in discussione al Senato rischia di imbavagliare per sempre l’informazione con norme sempre più restrittive e penalizzanti. Su questo terreno dobbiamo batterci tutti insieme, compreso l’Ordine.