<< So che questa mia apparirà come l’ennesima richiesta di pronto soccorso che si
rivolge al giornale o sito di turno, però spero di meritare un po’ della vostra attenzione, e di conseguenza una risposta. Si fa da tempo un gran parlare di blog, non blog, crisi, il giornalista ci sarà  sempre e bla bla a continuare. Io stessa ho seguito alcuni vostri panel, però a dirla tutta, da utente (forse un po’ distratta ), io sento e vedo UNA GRANDISSIMA CONFUSIONE nella comunicazione di quel che potrebbe essere il futuro del giornalista disoccupato come me,
oggi. Le vere offerte sono disponibili per pochi addetti ai lavori, e se non si ha una squadra dietro, difficile emergere. Faccio un esempio: in un panel sul giornalismo imprenditoriale si parlava del gran successo di Varese News, e il direttore diceva che è possibile anche realizzare un’attività imprenditoriale autonoma. Bene, a parte le americanate che da noi lasciano il tempo che trovano; nel mercato italiano, c’è qualche esempio di giornalista /blogger autonomo che riesca a “risplendere” da solo della propria professione? Perché di casi o modelli concreti di business da seguire, ci sono pochi esempi. Per questo ad esempio vi chiedo: se io volessi aprire un blog in campo giornalistico, come potrei muovermi? Sapreste fornirmi esempi, pensate sia fattibile? E se non è così, dove mi conviene indirizzarmi perché la speranza, si sa , è l’ultima a morire?? Questo creda che valga per me e tanti altri, che magari, indirizzati meglio, potrebbero provarci. Spero mi comprendiate e rispondiate >>.
La confusione c’è non vi è dubbio. Proviamo a mettere insieme alcuni spunti su cui ragionare.
Il problema è culturale. Non si tratta di capire se il blog si possa ritenere giornalismo o se il singolo giornalista possa fare impresa. Il focus va incentrato sulla funzione del giornalismo, che rimane quella di sempre ma che va esercitata in un universo diverso da quello a cui siamo abituati: quello digitale. La digitalizzazione dovrebbe essere un aiuto, uno strumento, non una piattaforma a cui adattare ciò che si faceva informandosi offline.
E’ un dato di fatto che l’informazione è sui social media, mobile, datadriven e profilata. Tutto questo è portato dalla digitalizzazione a questo tipo di informazione (che esercita sempre la stessa funzione che aveva nel mondo analogico) stiamo cercando di affiancare modelli di business che funzionino.
Il rischio più grosso a cui si va incontro è rischiare di porre il problema solo in termini di freelance vs impresa, non è così che si supera il problema.
” Il giornale è un prodotto collettivo” - ha spiegato molto bene a digit15 Marco Giovannelli, direttore di VareseNews nel corso del panel su: il giornalista imprenditore.  Raccontando la sua esperienza come co-inventore di VareseNews il direttore del quotidiano online ha detto fra le altre cose:
“Siamo nati nel 1997, un’epoca in cui nessun comune della provincia di Varese aveva un sito internet, e nessun consigliere comunale aveva un indirizzo mail. Oggi abbiamo un volume d’affarri di 1 mln e 200 mila euro, 30 dipendenti, di cui 20 giornalisti, tutti sotto contratto, 14 professionisti assunti con contrattoAer Anti Corallo. Siamo la più grossa realtà editorial/giornalistica italiana fra i nativi digitali, rispetto anche a più di prestigiose testate nazionali come Il Post, Linkiesta, Lettera43. Il giornale è molto più piattaforma che giornale puro e semplice, facciamo progetti sul territorio non solo news. E’ una cosa che abbiamo capito in epoca non sospetta e di cui ora parlano tutti e che è in linea con la fantomatica ricerca del nuovo modello di business per il giornalismo digitale. Il nostro core business non sono solo le notizie ma cercare di costruire progettualità e iniziative sul territorio e con il territorio per dare valore al nostro ruolo sul territorio, e al territorio stesso. La nostra è una macchina complessa che per motivi evidenti deve rimanere super partes e scevra da contaminazioni << commerciali >> ma che allo stesso tempo per riuscire a campare deve farsi contaminare continuamente e in modo più o meno profondo dal suo territorio altrimenti non sopravvive. Siamo giornalisti ma anche imprenditori di noi stessi”.
Ci sono svariati esempi come questo, e le riflessioni che quotidianamente inseriamo in questo laboratorio online e che proviamo a riformulare in un modo e in un luogo diverso attraverso digit sono, speriamo, stimoli ad accostarsi all’universo digitale – per giunta in continuo e rapido mutamento – in modo << culturalmente >> diverso. Cercando di comprendere che il giornalista oggi è una commistione di figure diverse e che la funzione del giornalista – ancorchè quella del narratore – è soprattutto quella del curatore di contenuti altrui.
Un professionista che grazie alla sua preparazione specifica è in grado di controllare, verificare, e separare fatti veri da fuffa mediatica e indirizzare – anche e soprattutto grazie all’aiuto e al coinvolgimento della community degli altri utenti online – notizie certe verso gli utenti a cui si rivolge.
Un esempio di apertura mentale e di ricchezza di strumenti e contenuti per comprendere il cambiamento e orientarsi verso nuovi pascoli da cui prendere sostentamento? Certamente Robin Good, sicuramente Salvatore Aranzulla. Due esempi profondamente diversi di un universo variegato e composito.
Robin è un ricercatore a 360°. Un’esploratore dell’universo digitale che ha fatto della condivisione il suo mantra. Applicando quasi alla lettera la teoria della << coda lunga >> Robin Good indirizza i suoi utenti verso la scoperta e la comprensione degli strumenti per meglio agire nell’universo della comunicazione digitale imparando a valorizzare attraverso questi strumenti le proprie competenze e a metterle sul mercato. Il caso di Salvatore Aranzulla è diverso eppure così simile a quello di Robin. Bambino prodigio con una passione sfrenata per i computer prima e la rete poi. Salvatore è riuscito a creare un business – e che business – realizzando la sua passione. Via via che imparava, e impara ancora adesso, << le cose >> dell’informatica e della rete, le spiega alle persone online sul suo sito, gratuitamente, rendendole facilmente comprensibili e quindi utilizzabili. Quando ponete una domanda su qualcosa che non riuscite a comprendere o ad utilizzare del mondo informatico ad un motore di ricerca guardate quali sono i siti che vi vengono proposti per primi fra le risposte trovate? Il sito di Salvatore esce sempre fra i primi. Monetizzare questo enorme successo di numeri non è stato difficile per il giovane genio siciliano che nel frattempo però ha proseguito nella sua formazione personale laureandosi con profitto alla Bocconi.
Vabbè ma Aranzulla non è un giornalista? Certo, ma il suo metodo è perfetto – a nostro avviso - come quello di Robin Good, per comprendere come porsi in modo adeguato rispetto all’universo digitale. Due modelli da studiare, assieme a quello di Varese News per orientare meglio la propria ricerca. Modelli non definitivi, perfezionabili, arricchibili e confrontabili con molte decine di altri esempi di sperimentazione di produzione di prodotti giornalistici o di comunicazione digitale che nel nostro Paese sono in corso di realizzazione da alcuni anni e che riguardano porzioni specifiche e molto ristrette del territorio o ambiti fortemente mirati e specializzati dello scibile. Insomma giornali iperlocali o iperspecializzati. Materia da studiare con grande attenzione e dalla quale arrivano altri molteplici spunti.
Le soluzioni certamente non l’abbiamo a portata di mano, ma speriamo che questi siano punti da cui partire per riflettere verso quale strada rivolgersi e dunque ringraziando la collega per le domande, e voi per l’attenzione, dichiariamo ri-aperto il dibattito (qualcuno l’aveva mai chiuso?). Che ognuno racconti di sè e grazie mille per ogni contributo!!!