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Benvenuti a #digit16

Se “le conversazioni sono notizie “,  esistono ancora molti muri da abbattere e non ci riferieamo solo a quelli a pagamento o a membership proposti dalla filiera editoriale, sigh! Benvenuti a tutti, finalmente #digit16, quinta edizione, del festival nazionale dedicato al giornalismo digitale. Grazie di aver pensato che stare qui, di persona o in forma virtuale attraverso la visione dei nostri incontri in streaming fosse la cosa giusta da fare, anche solo per pochi minuti, oggi e domani. Il menu odierno prevede 10 wrkshp e  12 tavoli di lavoro, per un totale di 56 ore di formazione.  Nel corso degli incontri di oggi ci occuperemo di : social giornalismo, lingua italiana, second screen experience, figuracce digitali, istant articles, google, gestione delle emergenze, twitter, giornalismo e scuola digitale. I tavoli di lavoro saranno dedicati al macrotema dell’ufficio stampa digitale.

 

I nostri relatori affronteranno il tema declinandolo in svariate sfaccettature partendo dai dati (la prima ricerca ufficiale sulla consistenza degli uffici stampa nella pubblica amministrazione realizzata proprio in Toscana), scoprendo le diverse narrazioni, il foia, il diritto all’oblio, la gestione delle crisi aziendali e la preparazione e poi realizzazione delle conferenze stampa digitali, come si comunicano arte e turismo nel mondo digitale, la gestione delle campagne elettorali sul web e le tematiche dei dati aperti vera pietra angolare di tutta questa rivoluzione.

 

Proprio riflettendo sui dati aperti e le ultimissime evoluzioni intervenute nei giorni scorsi in questo campo vi invitiamo a condividere con noi  questo breve ma incisivo contributo sul tema, e buona giornata:

 

“È notizia di pochi giorni fa: Google News segnalerà con un bollino “fact check”. Quanto questo possa incidere sul lettore italiano è difficile da valutare, ma su quanto inciderà sui produttori di notizie lo si può prevedere. Tantissimo. La predominanza dell’opinione ha schiacciato l’informazione e l’editoriale è più uno strumento di condizionamento che di indirizzo. I dati sono il perno. Senza dati espliciti un’opinione ha valore solo nella sua forma ma non nella sua sostanza, ma quanto costa aggregare, analizzare e tradurre i dati? E, ancora peggio, quanto costano i dati stessi qualora fossero proprietà e asset di un grosso detentore? I giornali, sui dati, vivono un paradosso: detengono negli archivi una mole di dati che non riescono a mettere a valore; contemporaneamente chi lavora per i giornali è pagato troppo poco per perdere anche solo un’ora per cercare un database o ripulire un foglio di calcolo.

 

I dati aperti non sono la soluzione a tutti i mali, ma sono un vettore per creare relazioni e dipendenze: tra editori e giornali, tra giornali e lettori… e viceversa. “

 

 

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