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Narrazioni da altri schermi

Uno dei modi per stare dentro al cambiamento in modo consapevole è quello di utilizzare al meglio gli strumenti che la rivoluzione digitale ci ha fornito su un piatto d’argento. Il cambiamento di passo da analogico a digitale ha, come oramai abbiamo compreso tutti, allargato in modo esponenziale il bacino di utenza per una determinata arte/ professione/ attività a dir si voglia che si voglia affrontare. Per fare delle fotografie professionali bisogna continuare a studiare e prepararsi sino a superare la soglia altissima e inarrivabile del professionismo, ma, grazie agli strumenti digitali, siamo diventati tutti bravissimi a fare belle foto. Per realizzare un disco, meglio ancora, un demo da sottoporre al giudizio dei discografici, oppure -  udite, udite – da sottoporre direttamente al giudizio delle persone grazie alla rete: servivano molti soldi, musicisti, una sala d’incisione, altri soldi, qualcuno che conoscesse qualcun altro che conoscesse un amico o qualche intimo di qualcuno che lavorava in una casa discografica, e poi altri soldi, e poi, anche, molta fortuna. Ora grazie agli strumenti digitali, se siete in grado di suonare e poi produrvi un demo, magari un video-demo, potete anche saltare a piè pari la filiera e sottoporre il vostro lavoro direttamente al giudizio del pubblico.
I like o le centinaia di migliaia di visioni faranno la differenza e voi potrete intraprendere la carriera artistica, fine dei giochi. La professionalità, l’estro, l’originalità, la capacità, qualcuno direbbe l’arte, continuano a fare la differenza, ma la catena di produzione si è accorciata moltissimo. Succede nella musica, succede nel cinema, succede nella fotografia, succede anche nel giornalismo why not? Il problema è che siamo ancora a discutere se i blog sono giornalismo e se la verifica delle notizie sia una condizione determinante per sancire la differenza fra un giornalismo di tipo professionale da un giornalismo….ditemi voi di che tipo, io non capisco la differenza e non sono in grado di proseguire l’analisi partendo da questi presupposti.

 

 

Comprendere il cambiamento significa osservare, studiare e provare a raccogliere la sfida cimentandosi in produzioni di diverso tipo anche in campo giornalistico. Un cammino interessante da questo punto di vista è stato intrapreso in televisione. Un esempio che vorremmo raccontarvi viene dagli Usa e un secondo esempio che vorremmo provare ad approfondire viene invece, vivaddio,  dal BelPaese.  La prima sperimentazione viene  da una sitcom di grande successo nonchè ricchissima produzione che va in onda oramai da 8 stagioni in tutto il mondo: Modern Family.

 

Un capitolo insolito sperimentale dello show è stato  tutto realizzato dallo schermo del computer, inframmezzando l’azione con  foto, video e  video chiamate su skype e altre piattaforme di comunicazione.

 

Dall’aeroporto dove sta per imbarcarsi la capo famiglia Claire tenta di gestire la sua complessa famiglia allargata – come prova a fare da sempre nella serie senza peraltro riuscirvi minimamente – anche da “remote control” attraverso gli strumenti digitali.

 

L’episodio si intitola “equivoci” è il sedicesimo della sesta stagione della sitcom, dura i soliti 20 minuti, ed è, dal nostro punto di vista, un fantastico spaccato di forme narrative in sperimentazione attraverso l’uso degli strumenti digitali.

 

Un coacervo dove attraverso gli strumenti e le piattaforme che ognuno di noi usa nel proprio presente in quasi totale automatismo per comunicare, la narrazione televisiva si realizza e prende corpo sullo schermo del nostro apparecchio tv ma in modo completamente diverso dal solito. Le immagini sono lì ma non sono le solite inquadrature sono frame di videogiochi, social network, chat, videochiamate con aggiunta di video, immagini, podcast, emoticon, gift animate. Una narrazione tv tutta fatta fuori dalla tv in un continuo altalenarsi di rimandi e sovrapposizioni che prendono vita su strumenti diversi procedendo in parallelo e dialogando continuamente senza che la narrazione “normale” della puntata ne esca in qualche modo penalizzata.

 

E’ la nostra solita sitcom, si ride come sempre con i nostri beniamini, solo che il racconto è tutto dentro “altri schermi”.

 

O meglio, è ancora tutto dentro la tv ma proviene da fonti diverse da essa, fonti che non sono le telecamere di scena cui siamo abituati. In realtà a voler ben guardare le telecamere ci sono anche qui, ovviamente, ma sembra proprio che tutto si svolga dentro gli schermi dei computer, tablet e smartphone utilizzati dai protagonisti della puntata.

 

A voler essere molto critici, come ad esempio fanno  in un blog spagnolo di critica televisiva, una delle finalità di tutto questo sperimentare potrebbe essere parte di una strategia commerciale concordata da Apple con i produttori dello show.

 

Mah? Possibile, in effetti, il product placement della casa della mela multicolore morsicata è davvero molto potente nell’episodio in questione, ma permetteteci: ce ne fossero di iniziative pubblicitarie così ben fatte dove la sperimentazione regna sovrana!!!

 

Alle nostre latitudini cose di questo genere al momento non ne abbiamo viste ma su Sky, impero Murdoch, tv privata e a pagamento, in questo caso su uno dei loro canali in chiaro, va in onda Edicola Fiore, e qui si sperimenta, oltre a ridere a crepapelle. Fiorello è il solito camaleonte, cambia pelle, faccia, voce ed espressione, riuscendo a strappare consensi e risate a ripetizione con in più ricerca e sperimentazione. Provare per credere! Dentro lo spazio di primissima mattina de La 8 proposto poi in replica all’ora di cena, lo showman racconta le news diventando di volta in volta anche cameram e regista di se stesso e della sua squadra; usando le aste da selfie accopiate a tablet e smatphone, ma spesso anche solo le sue mani alla giusta distanza, come telecamere per proporci immagini in soggettiva e altri schermi dentro il piccolo/grande schermo della tv per raccontare altre storie coincidenti ma anche discordanti e dissonanti con alcune particolari sequenze del suo programma. Conduttore ma anche narratore, attore, cantante, ma anche giornalista e cameraman, imitatore ma anche produttore e regista di un unico grande piccolo spettacolo totalmente inusuale e sperimentale per la televisione di ogni latitudine e Paese. Grande Fiore ;) Del resto avete mai visto – ed è una domanda retorica – Diego Bianchi in arte Zoro? Conoscete forse Gazebo? Altra domanda retorica. Ma soprattutto vi sarete mica persi la puntata di Edicola Fiore con ospite-incursore Diego/Zoro?

 

 

 

 

Cosa centra tutto questo con il “rock&roll – sorry – giornalismo” ? Ditemelo Voi, anzi facciamolo Vi prego!

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