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Non è solo il fatto che stia passando in secondo piano la questione dell’uso dei dati (trasparenza degli algoritmi) a vantaggio di quella della privacy tout court che deve allarmare nella storia Facebook-Cambridge Analytica.
Merita infatti attenzione anche il miscuglio che si sta facendo tra privacy/algoritmo e fake news.
Due citazioni a premessa della riflessione.
Così si legge sul Post :
“L’inchiesta del Guardian ha però il pregio di portare nuovi elementi nel grande dibattito sulle notizie false, sulla propaganda e sulla facilità di diffusione di questi contenuti tramite un uso distorto dei social network. Dimostra che Facebook è probabilmente in buona fede, ma continua ad avere un enorme problema nel garantire che non si faccia un uso non autorizzato dei nostri dati.”
Così invece su la Stampa :
“Cosa c’entra la trasparenza con le fake news?” si chiede a Innocenzo Genna, giurista che si occupa di regolamentazione europea del digitale, che risponde «Qualcuno potrebbe pensare che loro possono colpire all’origine la diffusione delle fake news sulle bacheche»
Algoritmi Privacy e Fake News sono argomenti che non possono essere posti sullo stesso piano. Primo perché quella delle Fake News è una storia che non esiste (in questo spazio si è già sufficientemente argomentato sulla natura inconsistente dell’argomento, sostenendo la tesi della “questione culturale” come cruciale anche e soprattutto per depotenziare il fascino che per tanti invece ha la soluzione che, riducendo, porta il nome di “censura”); secondo perché, nell’ipotesi che quello delle Fake News fosse affare di qualche sostanza, non potrebbe stare sullo stesso piano del binomio privacy/algoritmi perché opposte sono le rispettive “dimensioni di azione”: le news, quindi anche le loro eventuali versioni fake, sono fuori, in superficie, alla portata di tutti, sono distinguibili, basta leggerle con quel minimo di senso critico al quale si rifà chiunque abbia scritto o raccontato di questo tema; l’algoritmo è invece una entità che sta dentro, in profondità , nascosta dalla vista, è cosa opaca che al senso critico sfugge.
Sorge il dubbio che portare sullo stesso piano temi inconciliabili sia un tentativo, direi goffo, per ri-proporre la via legislativa come metodo di controllo dei contenuti veicolati sulle piattaforme online; una strategia che, vista l’attuale posizione di debolezza (almeno nell’opinione pubblica, per non dire degli affari finanziari) di chi governa le piattaforme, corre il rischio di rivelarsi vincente. Bisogna vigilare.
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In ultimo aggiungiamo il contributo video di Michele Mezza che, con anticipo, spiega la questione Facebook /Cambridge Analytica a #digitRoma il 2 febbraio scorso.
Per chi volesse approfondire altre analisi su terms&conditions dei social media: