LÂ’’articolo descrive la giornata di un giornalista, su unÂ’’auto a guida autonoma e mentre l’Â’assistente virtuale gli legge la rassegna stampa, i sensori dellÂ’’auto rilevano un deterioramento nella qualità dellÂ’’aria. UnÂ’’analisi statistica immediata scopre che la cosa è inusuale; il giornalista, con un programma di mappatura dei social, scopre che si discute dei problemi respiratori dei bambini. Allora, sempre in auto, scarica le immagini dalle telecamere e consulta i registri pubblici con un’Â’analisi automatizzata del testo. Per fare unÂ’’ulteriore verifica invia dei droni con fotocamere e li segue con gli occhiali per la realtà virtuale. In seguito intervista i protagonisti, cittadini e fonti ufficiali e su queste ultime le tecnologie dÂ’i analisi vocale interpretano il tono della voce riscontrando esitazione e nervosismo”. Fatto questo, il giornalista è pronto a dettare la storia ad una apposita App che esegue autonomamente e automaticamente anche il controllo ortografico, la formattazione e la pubblicazione del testo.
Potrebbe sembrare fantascienza e invece si tratta di un esempio basato su un report dellÂ’’Associated Press, “The Future of Augmented Journalism: A Guide for Newsrooms in the Age of Smart Machines“, dedicato al ruolo dellÂ’’intelligenza artificiale nel giornalismo. L’articolo di Schmidt analizza altre questioni; noi però ora vorremmo provare a calare questa esperienza, futura, nel giornalismo italiano in generale e in quello ambientale nel particolare. La prima questione è: siamo pronti? No, per niente. Il giornalismo ambientale in Italia non se li pone nemmeno lontanamente questi problemi. Eppure si tratta di una questione di sopravvivenza dellÂ’’informazione ambientale. L’Â’accesso a queste tecnologie, e quindi allÂ’e informazioni che ne deriva, passa attraverso la possibilità di potersele permettere, ma soprattutto richiede giornalisti “ibridi” che sappiano fare inchieste, maneggiando agevolmente questi strumenti. Un problema comune a tutte le professioni e centrale nel nostro tempo come sostiene fra gli altri il professor Piero Dominici in molti suoi interventi:
“Il futuro sarà delle “figure ibrideâ€, dei “manager della complessità â€, di chi saprà «abitare quelli che oggi consideriamo come limiti e confini tra i saperi”.
Tornando al mestiere di informare e alla sua attualizzazione: servono dunque risorse economiche e professionalità maggiormente specializzate, che nel panorama del giornalismo italiano non ci sono e che, a nostro avviso, potrebbero non esserci per lungo tempo, creando una vera e propria barriera allÂ’a diffusione dell’informazione, specialmente di quella specializzata. Il tutto in un panorama nel quale spesso il giornalista è un freelance, precario, pagato poco e male, esterno alle redazioni e con scarsi strumenti tecnologici – cosa che oltrettuto impedisce anche la formazione allÂ’’innovazione. La scommessa sarà fare in modo che tutti i giornalisti possano accedere a tecnologie di questo tipo e che siano retribuiti in maniera equa per il loro lavoro. L’Â’alternativa è la perdita dellÂ’’informazione di qualità , in un momento storico nel quale è proprio la qualità a fare la differenza. In particolare in settori specialistici, ad esempio quello ambientale, dove è ancora più determinante lavorare sulla qualità per affrontare le molte e urgenti sfide – ad esempio il rebus delle mutazioni climatiche – , che ci troveremo ad affrontare.
Questo contributo è stato scritto dal nostro associato Sergio Ferraris giornalista scientifico e direttore responsabile ed editoriale di QualEnergia