Ecco lo sapevamo che c’era un intento polemico in tutto questo argomentare, direte Voi? Nessuna polemica, rispondiamo noi, ma solo la volontà di acciuffare per la collottola quel gattino chiamato realtà nel bel mezzo della prosopopea della “finta” lotta alle bufale. Tutte le leggi regionali sostengono l’editoria ma nessuno si preoccupa da nessuna parte nè nelle Regioni, nè in Parlamento, di capire di cosa è fatta l’editoria, sia essa regionale o nazionale. Manca una mappatura dell’effettiva consistenza, della composizione delle aziende editoriali. A parte le poche e semplici realtà nazionali di grandi dimensioni di cui si è quasi obbligati a conoscere “vita morte e miracoli”, di tutto il resto del variegato e composito mondo dell’informazione giornalistica nazionale, e soprattutto regionale e locale, non si sa nulla. E i primi a non saperne nulla sono proprio quegli stessi enti che propongono, dispongono e poi erogano contributi milionari a sostegno dell’editoria.
Non ne sappiamo nulla adesso, come non ne abbiamo saputo nulla per anni, addirittura decenni, anche quella volta che ci siamo improvvisamente ritrovati immersi in un’altra rivoluzione dell’informazione. Quando sono sbocciate nell’etere nostrano quelle antenne private che hanno preso a trasmettere da poggi e colline, da monti e cupole di chiese, dentro le città o dai casolari nel bel mezzo di pianure e monti impervi del Belpaese nostro. E’ successo tutto in un attimo? No certo. E allora com’è che il numero dei giornalisti è lievitato moltissimo in pochi anni ma nessuno si è preoccupato di capire da dove venissero quei giornalisti e cosa stessero facendo tutti questi giornalisti se non produrre e diffondere informazioni in giro per lo stesso Belpaese? Come mai nessuno si è preoccupato di capire di cosa campassero questi stessi nuovi numerosi giornalisti? E dove venissero diffuse, da chi e come, le informazioni di cui, queste antenne private che erano improvvisamente sorte, si cibavano con voracità ? Forse da questi stessi giornalisti?
Quando poi in epoca abbastanza recente ci siamo ritrovati ad un nuovo cambio di paradigma nel mondo dell’informazione. Quel cambio che in molti hanno etichettato come fine del nostro comparto. L’accelerazione ancora una volta improvvisa (???) dovuta all’avvento della rivoluzione digitale e alla mancanza di un modello di sostenibilità (il cosiddetto modello di business). Per l’ennesima volta ci ritroviamo a dover/voler sostenere il comparto con leggi regionali e nazionali e relativi fondi elargiti più o meno a pioggia, ma non ci preoccupiamo di capire come sia davvero composto questo settore e quali siano, se mai ci siano, delle figure professionali, delle aziende, dei settori di questo comparto che vadano davvero sostenuti e perchè.
La libera circolazione delle informazioni va tutelata senza alcun dubbio in una società civile e democratica. Il pluralismo va sostenuto con forza. Più voci si possono ascoltare per farsi un’opinione e più idee circolano liberamente fra le persone e meglio le persone stesse potranno orientarsi e conoscere le varie prospettive possibili per poter essere informate. Ma se l’informazione che circola è fatta da persone non competenti, disinformate esse stesse, oppure schierate, o peggio ancora sottopagate e non formate alla bisogna, o ancora minacciate. Ebbene quel tipo di informazione alimenta solo la bolla mediatica, l’immenso rumore di fondo in cui il mondo globale post rivoluzione digitale si ritrova e si ritroverà sempre più ad essere immerso. Â
Il mondo che viviamo oggi nella nostra quotidianità ci consente di arrivare alle informazioni in maniera diretta, disintermediata, come dicono gli esperti. Ma il facile accesso ai fatti senza passare attraverso il filtro degli operatori professionali nasconde mille insidie in più. Non siamo in grado di riconoscere un fatto da una bufala - del resto perchè dovremmo mica è il nostro lavoro - ma siamo però in grado di divulgare noi stessi ai nostri followers/amici il fatto medesimo, amplificando a ripetizione la consistenza e la circonferenza della bolla mediatica di falsità ; diventando noi in primis autori e divulgatori di quelle fake news di cui siamo così tanto preoccupati.
E quindi viva l’anarchia e divertiamoci così senza pudor? Però poi invochiamo a gran voce l’intervento dei responsabili delle OTT per difenderci dalla fake news!!! O forse sarà il caso di cominciare a collegare le iniziative a sostegno – ma a sostegno di chi se non abbiamo idea di chi sosteniamo? – delle editorie regionali o nazionali con un qualche tipo di riflessione sistemica e anche qualche analisi utile e concreta sul comparto e sulla sua evoluzione? L’ultima legge nazionale a sostegno dei giornali dopo un percorso lunghissimo e mille revisioni e considerazioni è stata varata, nonostante tutti gli inciampi e le lungaggini, senza considerare minimamente il comparto dell’informazione online. Un comparto che secondo i dati di Anso, l’associazione nazionale della stampa online, comprende migliaia di testate. Quanti saranno gli addetti in tutte queste aziende che producono informazione?
In ogni caso se volete farVi una cultura sulle leggi regionali – o proposte di - a sostegno dell’editoria ecco quello che siamo riusciti a trovare con pochi semplici click:
Legge quadro a sostegno del pluralismo dell’informazione e della comunicazione istituzionale (Lazio)