Per chi studia giornalismo

Una lunga ma anche breve storia di tweet. Una sequenza di segnalazioni che proveremo  ad approfondire un poco mettendoli uno accanto all’altro. Per onorare con un piccolo tributo uno dei nostri fondatori ma soprattutto per provare a riportare al centro la barra. Rimettere nei binari un mestiere in fortissima crisi di identità. E non per colpa della rivoluzione digitale, tanto meno a causa di internet o come vogliamo definire la rete che ci permette di collegarci in tempo reale con tutto e tutti, di interagire, di reagire, di parlare ed essere ascoltati. Chissà se quest’idea che ci è venuta potrà consolidarsi e trasformarsi in una specie di rubrica fissa? Oggi proviamo a proporvela fateci sapere se Vi piace. Raffaele Fiengo, il nostro fondatore di cui sopra, nella sua vita ha fatto il giornalista per tanti anni, lo ha fatto in molti giornali ma soprattutto al Corriere della Sera dove è stato spesso anche rappresentante degli altri giornalisti in qualità di sindacalista e componente del Cdr. Fra le molte altre sue attività Fiengo ha sempre avuto una grande passione per l’insegnamento, ha provato, in punta di piedi e con l’atteggiamento schivo e sommesso che lo contraddistingue, a lasciare tracce sul suo cammino. Riferimenti da cogliere per chi lo volesse. Appunti di attività in corso d’opera. Segnali di reazione e prove di comprensione per il cambiamento qualunque esso fosse. Molta della sua attenzione Raffaele Fiengo la ha  dedicata al suo mestiere e alla pratica che esso implica. Non a caso proprio per riuscire a studiare meglio il cambiamento in atto in questo mondo, da sempre in forte divenire, si è inventato assieme a Pino Rea: Lsdi,  questo osservatorio sul senso e le pratiche del giornalismo che è poi diventato il blog/associazione/centro studi di cui tutti noi facciamo parte e che si chiama Libertà di Stampa e Diritto all’Informazione. Partiamo dunque  con tre lampi in un frigido cielo di gennaio. Tre esempi da ricordare e propalare a chi studia e studierà questa complessa materia che riguarda tutti noi non solo chi il giornalismo lo pratica e prova a diffonderlo. Partiamo con il tweet più vecchio in ordine di tempo fra quelli selezionati e che riguarda il premio Pulitzer. Il massimo riconoscimento per i giornalisti di tutto il mondo quest’anno è andato ad un fumetto, e come sottolinea Fiengo nel suo tweet del settembre dello scorso anno:

 

 

#Linguaggigiornalistici. Un altro passo avanti. Il lavoro premiato di solito e’ leggibile nel sito del Pulitzer

 

 

A fregiarsi del prestigioso riconoscimento è stato Welcome to the new world ,un racconto  giornalistico a fumetti realizzato dal giornalista Jake Halpern e dal disegnatore Michael Sloan e pubblicato in chiaro a puntate sul sito del New York Times. Per la prima volta ha vinto una graphic novel e non come già  era accaduto in passato anche fra i Pulitzer:  il disegnatore satirico o il caricaturista del momento. Un cambio di passo importante dunque che fa il paio con un’ altra importante novità che riguarda il formato del fumetto vincitore: si tratta di una webcomic; ovvero una storia a fumetti tutta pubblicata direttamente sul web, in formato digitale.  Fare giornalismo a fumetti non è certo una novità, negli anni, anche in Italia, sono state pubblicate molte belle storie di giornalismo raccontate a fumetti, ma certo fa molto ben sperare per il futuro che il prestigioso premio di giornalismo sia stato assegnato direttamente ad una graphic novel. Fa sperare soprattutto che sia davvero in atto una rivoluzione professionale e di atteggiamento fra chi fa ed esamina questo mestiere e gli atti attraverso i quali esso si realizza. Un cambiamento che non riguardi e si esplichi solo attraverso la disperata ricerca di un nuovo modo per farci soldi con questo mestiere ma che lasci il posto ad una disamina molto più profonda e accurata di tutte le modalità che riguardano l’azione giornalistica dalla sua genesi alla sua pratica per provare a ridare il giusto e imprescindibile senso alla nostra professione.

 

 

A ritroso nel tempo avvicinandosi ai giorni nostri troviamo, datato fine settembre, un altro tweet del nostro mentore e decano che cita un altro strano ma non per questo meno prestigioso esempio di giornalismo sui generis, si parla della rivista satirica Mad e delle sue irriverenti ma non per questo meno rilevanti copertine:

 

 

Per chi studia giornalismo le 553 copertine di MAD la rivista satirica #giornalismo

 

I 65 anni di Mad, la rivista satirica americana, raccontati in un sito attraverso la raccolta e la pubblicazione digitale di tutte le sue  copertine. La rivista, che in questi nostri anni vive anche in una dimensione tutta digitale, continua ad essere pubblicata  nella sua versione cartacea dalla Dc Comics al prezzo di poco meno di 6 dollari. Nell’ultimo numero in edicola in questi giorni in copertina troviamo il presidente Trump in versione gigante smutandato  e arrabbiato. Una segnalazione, quella dedicata alla satira di Mad, che ci ricorda quanto sia stato e sia tuttora importante nel difficile rapporto fra informazione e potere l’uso della satira. Quanto possa far bene a noi tutti riuscire nella difficile azione di mettere in discussione, magari scherzandoci sopra,  i potenti e i loro potentati.  Provare a ricordare a tutti e a suon di critiche ben motivate che  l’amministrazione del potere deve passare sempre anche per lo sberleffo e/o la farsa. Solo in questo modo potenti e potentati potranno esercitare questo loro temporaneo potere, rimanendo umani, ricordando di non far parte di una elite o di una casta ma di essere lì in nome e per conto di chi li ha eletti   in modo democratico attraverso il voto, e di essere a scadenza, anche prima delle nuove elezioni, ancora una volta, democraticamente convocate.

 

 

Risalendo la china dei tweet arriviamo circa un mese dopo, verso la fine di ottobre ad un nuovo invito di Raffaele Fiengo rivolto a chi studia e frequenta il mondo del giornalismo. Il cinguettio sommesso è rivolto a sostenere un indubbio episodio di giornalismo praticato e concettuale che trae origine da un episodio di cronaca della professione che arriva stavolta dal Bel Paese e ha per protagonista ancora una volta, un  esponente del giornalismo disegnato,  che risponde al nome di Sergio Staino.

 

 

Per chi studia #giornalismo Leggere anche le due lettere

 

 

La vicenda riassunta in poche essenziali battute è questa: Staino ha deciso di interrompere la sua collaborazione con il quotidiano Avvenire e spiega in una lettera le motivazioni del suo abbandono. Alla sua missiva risponde il direttore del quotidiano della Cei Marco Tarquinio. Ma lasciamo la parola a loro copia-incollando di seguito le due lettere riprese dal blog del disegnatore satirico toscano:

 

 

Caro Direttore,

non te la prendere troppo: ci abbiamo provato. È stato bellissimo trovarmi sulle pagine del tuo giornale, in mezzo ai tanti articoli che ogni giorno ci parlano delle sofferenze del mondo, delle lotte degli umili contro l’infamia, lo sfruttamento e l’ingiustizia. Un giornale attento alle grida di dolore che si levano dalle parti più lontane e nascoste del mondo e che, per questo, troppo spesso vengono dimenticate.

Certo il mio Jesus non risponde completamente ai canoni tradizionali: suona il basso, legge “internazionale” e ha la mamma ancora giovane che forse vede su Netflix qualche serial di troppo, ma, nelle mie intenzioni, mantiene tutta la carica rivoluzionaria contenuta nel messaggio evangelico. Per questo mi piaceva, da non credente, essere al fianco di quel grande rinnovamento che osserviamo oggi nella chiesa cattolica guidata da Francesco. Non pensavo assolutamente che qualcuno potesse prenderla così male anche se so benissimo che la satira e il fumetto, con la loro ironica ambiguità, possono facilmente risultare poco comprensibili da chi, per età e formazione, non è abituato a frequentarli.

Le prime lettere e i primi messaggi arrivati anche a me non lasciavano promettere bene, ma speravo fossero sparute figure rancorose che si trovano sempre dentro ogni comunità. Uno di questi messaggi, nella sua cattiveria mi ha fatto anche sorridere: «aspetto il giorno», mi diceva, «di vederla bruciare nelle Fiamme dell’inferno accanto a quell’attorucolo che oggi siede sul seggio di San Pietro». Ovviamente non ho battuto ciglio e sono andato avanti sorretto dalla tua amicizia e dalla stima che mi hai sempre dimostrato.

Ma adesso è troppo. Adesso le voci dissonanti, a volte al limite della volgarità sono troppe ed investono, sfruttando strumentalmente il mio lavoro, la tua figura, il valore del giornale da te diretto, fino, oserei dire a colui che oggi guida il mondo cattolico. È chiaro che in questa situazione è ben difficile lavorare: prendere la matita in mano sapendo bene che qualunque cosa io disegni verrà passata sotto microscopio alla ricerca di punti o sfumature che possano esser letti come offensivi o blasfemi, fa sì che venga a mancare quella serenità di fondo che permette di far incontrare il sorriso fraterno laico con un sorriso fraterno cattolico.

Per questo, caro Marco, è forse meglio chiudere qui o se vogliamo essere ottimisti, sospendere qui la nostra esperienza comune.

Un augurio di buon lavoro e un abbraccio forte a te e ai lettori che mi hanno seguito con affetto e curiosità fino a oggi,

Sergio Staino

 

 

Caro Sergio,

quando abbiamo avviato questa collaborazione, giusto un anno fa, pensavo a tutto meno che a metterti in una condizione che ti avrebbe tolto serenità… E invece è andata in questo modo. Ti ringrazio per la tua schiettezza e il tuo rigore morale. E mi dispiace, mi dispiace davvero.

Così come mi dispiace che altre persone, turbate e in qualche caso eccitate anche solo dall’idea di un «ateo che disegna per “Avvenire”», abbiano perso la loro serenità fino a concepire e scrivere invettive come quella che citi. Anche passandosi parola. Terribile, ma purtroppo per me non sorprendente. Proprio come la lente da microscopio ostile che hai sentito addosso, soprattutto per dimostrare che “Staino deride Gesù”, sebbene il “tuo” Jesus abbia fatto e faccia pensare e sorridere in modo dolce o amaro sulla vita, sulle ingiustizie, sul prezzo dell’amore per la verità, sulle scelte dei potenti, e mai sia oggetto e vittima di sberleffo, come fu fin sulla croce… Sappi, però, che non somigliano, quelle parole arse e brucianti, ai pensieri e alle parole di tanti cattolici accanto ai quali io cammino dentro le pagine di questo giornale “uguale e speciale”, ma prima ancora, e ormai da una vita, nella Chiesa e sulle strade del mondo. Strade che non sono solo nostre e lungo le quali incontriamo e affianchiamo donne e uomini che vengono da altre direzioni, ma hanno voglia di parlare la stessa lingua, di riconoscere il bene, di capirsi e di appassionarsi insieme per l’umanità e soprattutto per i più poveri e i più piccoli. Ognuno porta la luce che ha, e accende quella che trova o che gli viene donata lungo il cammino. Tu sei così.

Grazie, caro Sergio, per le parole che riservi ai nostri lettori e al nostro lavoro. Grazie per la limpida preoccupazione per il nostro Papa. Grazie per il tuo abbraccio di saluto in forma di “striscia”. Lo ricambio con altrettanta forza, perché so che non resterai svenuto… Diranno che ora sei senza avvenire, ma non è vero.

Marco Tarquinio

 

 

Tre esempi di giornalismo dove le parole non hanno il peso maggiore ma sono le immagini e i disegni a farla da padroni. Tre narrazioni e modi di raccontare che hanno molto a che vedere con il giornalismo senza essere in molti casi nemmeno del tutto inserite a pieno titolo nelle pratiche e negli studi dedicati a questa professione. Come abbiamo visto il Pulitzer assegnato ad una graphic novel   è ancora una novità quasi assoluta nel mondo del giornalismo. Nell’osservare le rinnovate dinamiche di questa professione, in Italia e nel mondo, siamo giunti,  come già più volte fatto osservare anche su queste colonne,  ad uno dei momenti più delicati e intensi del cambiamento. Alla ricerca di un modello produttivo nuovo e redditizio post rivoluzione digitale;  a rivedere le logiche di acquisizione delle notizie in questo mondo in cui le fonti si confondono con i distributori e tutti possono trovare ma anche propagare le notizie alimentando a dismisura fatti del tutto opinabili se non completamente fasulli.  Siamo alla ricerca di nuovi modelli di narrazione che tengano conto in modo diverso dell’apporto delle fonti e dei contenuti che tutte queste miriadi di fonti (tutti noi che abbiamo accesso alla rete) rimandano attraverso il web. Alla ricerca di un modo diverso di considerare i professionisti dell’informazione, un tempo chiamati genericamente giornalisti,  ma che ora forse andrebbero anche definiti diversamente per cominciare già dal nome a tenere conto delle disparate  esigenze e competenze che questo ruolo oggi richiede. Di sicuro in tutto questo ribollire di novità e cambiamenti i consigli di un grande giornalista come Raffaele Fiengo possono essere di grande  utilità  e noi siamo davvero contenti di avervi potuto proporre alcuni suoi  tweet. Grazie per l’attenzione e a presto !