Site icon LSDI

Storia di noi

Era il 9 aprile del 2004, e senza squilli di trombe e neanche parate con majorettes, nasceva questo blog. All’epoca, come vedremo fra qualche riga, i blog stessi avevano ancora una lunga strada in salita da percorrere. E tutto era parecchio confuso e sfocato. Un pò come l’anno dopo e quello ancora successivo. Un pò come succede ancora adesso. Dopo 16 anni. La questione del “giornalismo”, complicata dalla rivoluzione digitale e dalla morte e avvenuta sepoltura,  del vecchio modello di business dei “giornali”, è ancora attualissima. O forse, solo molto, ma molto vecchia e superata. Chi può dirlo? Quello che vorremmo provare a fare, nelle prossime settimane, è recuperare alcune notizie, o meglio alcuni filoni di notizie, pubblicate da noi medesimi nel corso di questi 16 “onorati” anni di attività, per capire a che punto siamo, o meglio, dove eravamo rimasti… prima che tutto finisse -  o finirà – in un grande boato, e forse anche in muto svanire, chissa? Scherziamo, lo sapete, ma quello che abbiamo trovato rimestando nel nostro archivio, ci ha dato già numerosi spunti su cui riflettere, assieme. Il primo pezzo edito su queste colonne -  il 9 aprile appunto del 2004 – si intitolava “Immagini senza tempo”, ed era costituito dalla sintetica riflessione di un fotografo: Marco Capovilla, sull’uso e l’abuso delle fotografie. Ma attenzione, non ci si domandava se il digitale fosse un pericolo per il mondo delle immagini e per la professione dei foto-giornalisti. Quei tempi -  forse – ancora non erano giunti. I quesiti sollevati da Capovilla, che scriveva queste sue riflessioni, che noi divulgavamo in estratto – un’abitudine ben radicata da queste parti, a quanto pare, estrarre e poi divulgare a nostra volta -  sul sito fotoinfo.net, riguardavano quesiti meno “digitali” e molto più giornalistici. Permetteteci di estrarre, anzi, ri-estrarre dall’estratto e soprattutto dal nostro primo, primissimo articolo:

 

 

Capita a volte di discutere, tra fotografi, sulla opportunità -necessità di specificare la data in cui le foto sono state scattate, assieme alle altre informazioni (chi? dove? cosa? perchè?) che danno significato e contestualizzano l’immagine destinata ad usi giornalistici.

E mentre tutti, generalmente, sono d’accordo sull’indicazione scrupolosa della data nel caso in cui si tratti di immagini relative ad eventi riconoscibili e di valore “storico” o almeno documentario, quali ad esempio manifestazioni, incidenti, attentati o comunque eventi di grande risonanza mediatica, molte sono le riserve dei colleghi quando si parla di ritratti. Si ritiene infatti che, a differenza dei fatti di stretta attualità, i ritratti si possano e si debbano prestare a molteplici utilizzi, ben al di là dell’occasione contingente in cui sono stati fatti.

Si intuisce immediatamente che, a prescindere da discussioni teoriche sull’opportunità di pubblicare a distanza di mesi il ritratto di un politico, di un personaggio dello spettacolo o di un cittadino coinvolto in qualche fatto di cronaca, quello che i colleghi contrari alla datazione (e le agenzie che li rappresentano) tendono a salvaguardare è la “vendibilità” dell’immagine, il suo potere commerciale ben oltre il momento in cui l’immagine è stata prodotta.

 

 

 

Asciugata la lacrimuccia che abbiamo testè versato. Pardon. Vediamo che le domande poste dal foto-giornalista, sono stringenti e molto centrate sulla professione. Quella professione reporter così mirabilmente raccontata da Michelangelo Antonioni nel film omonimo. Si  parla espressamente di contenuti giornalisti, di 5 W , di diritto di cronaca , e della differenza di impatto e anche di vendibilità, fra una foto di cronaca e un ritratto – anche di un personaggio famoso – e poi, si parla soprattutto di “datazione” delle foto e di conseguenza delle notizie,  che quelle foto rappresentano, commentano, esplicitano, accompagnano. Una questione, quella della data delle notizie, che poi, nel giro di pochi anni e con il pieno avvento del web,  e della altrettanto piena e non controllata circolazione delle notizie in rete – non importa da dove, sigh, provengano – diventerà sempre più stringente e importante, per tutti. Una questione tutt’altro che risolta, e anzi, sottostimata da molti, anche da numerosi editori e giornalisti. Per completezza dell’informazione il link al pezzo originale cui facevamo riferimento nel nostro primo articolo di Lsdi, non funziona. Il sito su cui è stato pubblicato è ancora online all’indirizzo www.fotoinfo.net, ma dal 2018, come si legge nel “loro” pezzo intitolato “Capolinea”:

 

 

Fotografia & Informazione, l’associazione italiana giornalisti dell’immagine, si è sciolta.

All’inizio degli anni Novanta, un folto gruppo di fotogiornalisti aveva sentito l’esigenza di avere un’organizzazione di base in grado di dare maggior dignità ad una professione poco rispettata sul campo e nelle redazioni.

Oggi, le ragioni dello scioglimento crediamo siano evidenti a tutti i colleghi. La tecnologia digitale e l’enorme sviluppo e la capillare diffusione delle reti di comunicazione hanno cambiato i parametri della nostra professione.

L’evoluzione del mercato della fotografia d’informazione ha di fatto diminuito i soggetti che svolgono la professione in “modo prevalente e continuativo” come per statuto veniva richiesto ai soci. La maggioranza degli operatori ha abbandonato l’area giornalistica o alterna il lavoro d’informazione con altri settori più remunerativi della fotografia.

Il numero degli iscritti si è via via ridotto, arrivando a coincidere con il solo direttivo che, per quanto motivato, ha dovuto prendere atto della situazione e approvare lo scioglimento.

 

 

L’associazione “fotografia&informazione”, come abbiamo appena letto, si è sciolta, il sito è fermo, – nel senso che non viene aggiornato dal 2018 – ma è ancora, regolarmente online, e, sebbene, il link aggiunto in calce al primo pezzo di Lsdi, non funzioni,

più, siamo riusciti ugualmente – potenza o impotenza del web – a ritrovare l’articolo originale da cui avevamo tratto l’estratto. Ecco a Voi, il pezzo originale e completo, lo aggiungiamo qui a fianco, alla vecchia maniera, senza linkare un bel nulla, per esteso con : https://www.fotoinfo.net/osservatorio/573/immagini-senza-tempo

Per chi fosse interessato ad approfondire, dopo 16 anni, un tema – ancora – piuttosto denso, o semplicemente, per dare un senso a questo primo “viaggetto” nel tempo e nella memoria di Lsdi, che abbiamo provato a fare oggi.

 

 

Quella dei link non più attivi, o comunque sbagliati, è purtroppo una costante, almeno per ora sembra tale, su molti, per non dire tutti, i primi nostri articoli di quell’anno ruggente in cui abbiamo cominciato a scrivere e pubblicare su queste colonne. Il 2004, una vita fa, soprattutto in epoca digitale, in cui gli eventi salienti del mondo – almeno di quel mondo a cui continuiamo a far riferimento qui a bottega: digitale, web, giornalismo – erano legati a temi come: la nascita di Facebook, l’arrivo di Firefox e di Ubuntu, oppure la conclusione del ciclo di “Chicco” Mentana alla direzione del tg5, o ancora l’inizio di una “ricerchina” basata sui dati – in  particolare sulle ricerche degli utenti sul motore di ricerca Google (all’epoca ancora un pochino meno monopolista di adesso)  – di alcune parole chiave, anzi, di una specifica parola: “flu”, e la “possibile” relazione fra queste ricerche e la reale diffusione dell’influenza nel mondo. Una ricerca che durerà 4 anni e sarà  divulgata nel 2008, ma che nasce – ed è molto importante sottolinearlo,  a nostro avviso – nel “ruggente” 2004.  Pensate alla nostra epoca “pandemica” e a quanto cose di questo genere, orienteranno,  in modo più o meno scientifico,  la costruzione dell’opinione pubblica; e a quanto, il giornalismo, può, potrebbe e potrà, “servire” a tale scopo, molto più e meglio di un qualsiasi “motore di ricerca o social media, o influencer”. Noi nel nostro piccolo, nei primi articoli della nostra storia, ci siamo occupati sovente anche di segnalazioni riguardanti la cronaca. Segnalazioni che attengono ai diritti dell’informazione e specificamente alla “libertà di stampa”, nostro primo e più importante argomento,   da sempre al centro delle nostre ricerche e dei nostri studi. Nostro nome proprio e marchio di fabbrica, allora come ora. Questi primi anni di studi e ricerche, sono stati coordinati e ordinati, è bene ricordarlo – in senso di ragionati prima di essere affidati per la stesura – dal nostro creatore, ideatore e redattore centrale per molti anni: Pino Rea, giornalista di lunga esperienza, e convinto sostenitore – in epoca non sospetta -  della necessità di riformare questa professione, in modo radicale e digitalmente evoluto. A cui va la nostra gratitudine e un abbraccio affettuoso.

 

 

Grazie dunque dell’attenzione, e grazie in particolare a chi, in questi lunghi anni, ci ha letto, approvato o disapprovato, sostenuto o affossato, criticato e/o supportato; ognuno di Voi ha “fatto girare” il nostro piccolo marchio, ha contribuito a diffondere alcune idee, ha partecipato in qualche modo al nostro percorso, camminando assieme a noi per una parte o per tutta la strada. Quella iniziata oggi è una breve analisi a ritroso del lavoro svolto; una pratica di parziale rimborso, un piccolo risarcimento delle forze investite, una ricerca d’archivio “finalizzata e critica”, per verificare cosa ci siamo lasciati alle spalle,  e quanto quelle cose hanno avuto ed hanno ancora un senso, nella società odierna. 16 anni dopo. Dumas padre ci perdonerà, speriamo.

 

 

E a proposito di noi e di quello che abbiamo provato a fare, per chiudere questo primo post d’archivio, così come faremo nei prossimi, vogliamo aggiungere al racconto del 2004 qui riportato, un racconto un poco più vicino nel tempo ai giorni nostri, ma che rappresenta un altro pezzetto del nostro lavoro e della nostra memoria. Ecco dunque a Voi, una clip, tratta dal nostro primo digit: l’anno era il 2012. Il panel condotto da Pino Rea si intitolava: “risorse, lavoro e diritti”. Chi avrà il coraggio e la pazienza di scorrerlo, anche sommariamente, si accorgerà che …   Alla prossima ;)

 

 

 

 

Apprendiamo con grande dolore della scomparsa, in queste ore,  del nostro mentore e fondatore Pino Rea.

Addio Maestro.

Exit mobile version