Un difensore civico dell’ informazione

La proposta lanciata in occasione della presentazione a Milano della Ricerca su informazione e pubblicità realizzata da Ordine e Università di Urbino – Il ‘’difensore dell’ informazione’’ potrebbe svolgere un ruolo da pm, segnalando ai futuri Consigli di disciplina casi di violazione delle norme deontologiche e commistioni fra messaggio pubblicitario e informazione

Un difensore dell’ informazione, è stato detto, può essere utile solo se esterno, realmente indipendente. Modello difensore civico – D’ accordo il presidente della Fnsi, Roberto Natale, e il segretario nazionale dell’ Ordine dei giornalisti, Giancarlo Ghirra – Proposto anche l’ avvio di un ”monitoraggio del cambiamento”, attraverso la creazione di strutture dell’ Ordine, a livello nazionale e regionale, in grado di tenere costantemente sotto controllo il flusso dell’ informazione giornalistica – Un nuovo corso per l’ Ordine

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(da  qualinfo.it)

 

Un difensore dell’  informazione a garanzia dei cittadini, sul modello del difensore civico.

 

E’ una delle  proposte emerse nel corso dell’ incontro su ‘’Informazione e pubblicità, relazioni pericolose?’’ che si è tenuto venerdì mattina al Circolo della stampa di Milano in occasione della presentazione della  Ricerca realizzata dal gruppo di lavoro su ‘’Qualità dell’ informazione e pubblicità’’ del Consiglio nazionale dell’ ordine dei giornalisti insieme all’ équipe di ricercatori dell’ Università di Urbino guidata da Giovanni Boccia Artieri.

 

La proposta, avanzata da Michele Urbano nella sua relazione su ’’Deontologia e cambiamento’’, è stata accolta pienamente da Giancarlo Ghirra, segretario dell’ Ordine nazionale dei giornalisti, che nel suo intervento, a conclusione del dibattito, ha ipotizzato che il ‘’difensore dell’ informazione’’ possa svolgere anche un ruolo da ‘’pubblico ministero’’, segnalando ai futuri Consigli di disciplina (previsti dalla Legge 148 per tutti gli ordini professionali) casi di violazione delle norme deontologiche da parte delle testate giornalistiche e, nel caso del rapporto informazione/pubblicità, commistioni e relazioni pericolose, a garanzia del diritto dei cittadini a una informazione corretta e alla massima lealtà da parte del giornalismo professionale.
‘’ Un difensore dell’informazione può essere utile solo se esterno, realmente indipendente. Modello difensore civico’’ ha spiegato Urbano.

 

Una ipotesi su cui si è detto d’ accordo (‘’un sì convinto’’) anche Roberto Natale, presidente della Federazione nazionale della stampa (Fnsi), secondo cui ‘’è importante che ci sia un soggetto esterno alla categoria, che rappresenti il punto di vista dei cittadini e abbia voce in capitolo sulle questioni deontologiche, di cui i rapporti informazione-pubblicità sono un segmento particolarmente delicato’’.

Una figura riconosciuta dagli Ordini regionali dei giornalisti – ha precisato Urbano – ma che sia ‘’espressione della collettività (del Comune o della Regione).  Che possa attivare dei procedimenti nei nuovi consigli di disciplina dell’Ordine ma anche attivarsi presso le varie testate  per dare risposte rapide ai problemi posti dai cittadini-lettori  o ascoltatori’’.

 

Monitoraggio del cambiamento

L’ istituzione del difensore dell’ informazione, secondo Urbano, deve essere collegata all’ avvio di un monitoraggio del cambiamento, attraverso la realizzazione di una strutture a livello nazionale e regionale, in grado di tenere costantemente sotto controllo il flusso dell’ informazione giornalistica.
‘’Sia chiaro – spiega Urbano -: non commissioni di censura ma sentinelle a guardia di una professione che cambia, capaci di segnalare i  pericoli, gli errori e, magari di intervenire per correggere’’.

‘’Non attrezzarsi per capire dove stiamo andando così come non attrezzarsi per difendere la credibilità dell’informazione è un peccato di indolenza che i giornalisti potrebbero pagare molto caro attraverso una travolgente crisi d’identità che peraltro è già in atto. E peggio, la potrebbero pagare ancora più cara i cittadini, privati di una informazione pulita, onesta, professionale su cui formarsi opinioni frutto della realtà e non di interessi’’.

 

Relazioni pericolose?

 

Nella sua relazione Giovanni Boccia Artieri  ha illustrato i risultati della Ricerca (consultabile qui) , realizzata attraverso un sondaggio effettuato fra un campione di  giornalisti di un ventaglio di redazioni (carta, online di testate tradizionali, testate online ‘’native’’) rappresentativo del panorama editoriale italiano, mettendo in rilievo le criticità principali emerse:

 

– metà dei giornalisti ritiene che la pubblicità condizioni la linea editoriale delle testate;
– il 54% ritengono che le norme deontologiche su informazione e pubblicità vadano riviste
-  allarme maggiore nelle generazioni intermedie, rispetto a quelle più giovani, e nella carta rispetto all’ online
-scarsa conoscenza delle norme e/o scarsa percezione del loro valore nella realtà quotidiana
– problemi di comunicazione verso i più giovani, che sembrano dare meno importanza al sistema di autoregolazione che regge la professione
– forte disincanto in alcuni nei confronti di una soluzione del problema, ritenuto per molti aspetti irrisolvibile
– ma anche ‘’sogno’’ di un mondo in cui il giornalismo possa sostenersi esclusivamente attraverso le proprie forze e quindi facendo a meno della pubblicità

 

Non demonizzare

Secondo Boccia Artieri la Ricerca – che verrà approfondita nei prossimi mesi – ha comunque dimostrato anche la presenza all’ interno del giornalismo professionale di un pregiudizio nei confronti della pubblicità.  Che comunque, bene o male, rappresenta una delle risorse fondamentali per il giornalismo presente e futuro (almeno a medio termine).
Come ha mostrato, con una serie di slide, Nicolò Michetti, Ceo di Digital Pr, una nota azienda milanese  di pubbliche relazioni specializzata nel campo dei social network.
Paradossalmente – almeno in apparenza – anche le aziende procedono in maniera decisa verso una ‘’deontologia’’ che punta sulla trasparenza come valore centrale e privilegia – ha spiegato Michetti – il dialogo e la conversazione  con i cittadini-internauti rispetto allo spot diretto ai consumatori.

 

La demonizzazione può venire anche dalla scarsa conoscenza dei meccanismi e dell’ evoluzione del  mondo della pubblicità? Raffaele Fiengo,  ex redattore del Corriere della Sera e docente all’ Università di Padova, ne è convito: il giornalismo italiano conosce poco la pubblicità, non ne vede i contorni e le tensioni, non lo racconta e quindi alla fine non lo conosce, non ne  fa conoscenza e lo considera solo astrattamente una cosa da contrastare.

 

Un invito a un atteggiamento laico nei confronti del problema è venuto anche da Ghirra, secondo cui ‘’la chiave è la correttezza, il gioco pulito, da entrambe le parti’’.

 

La qualità 

Segnali di una maturazione in questo senso comincerebbero ad emergere anche dal fronte degli editori (la cui voce – è stato sottolineato più volte – è spesso assente dal dibattito sull’ evoluzione del giornalismo e la qualità dell’ informazione.

Lo ha rilevato Letizia Gonzales , presidente dell’ Ordine dei giornalisti della Lombardia, ricordando come in un recente incontro sulla deontologia a Milano Pier Gaetano Marchetti, presidente di Rcs Mediagroup, aveva segnalato i pericoli, anche per il Corriere, di ‘’relazioni pericolose’’ fra informazione e pubblicità e indicando un futuro virtuoso in una progressiva distinzione  fra’’ giornali di qualità e pubblicità di qualità’’.

 

La Fnsi, il prossimo contratto e la nuova legge sui contributi all’ editoria

Un discorso che potrebbe essere ripreso in occasione della scadenza del prossimo Contratto nazionale di lavoro. Roberto Natale, presidente Fnsi,  annuncia l’ impegno a rivedere le regole contenute dal Contratto sul rapporto delle testate con il messaggio pubblicitario.

‘’Dovremo rivedere le regole – ha detto Natale – senza farsi schiacciare dalla crisi, ma alla nell’ ambito dell’ evoluzione del quadro editoriale. Dobbiamo ricominciare a ragionare sulla questione, senza demonizzazioni ma puntando al riconoscimento della diversità dei linguaggi e degli obbiettivi: da un lato l’ informazione, dall’ altro la vendita’’.

Quanto al ‘’sogno’’ di un giornalismo che si possa reggere senza pubblicità, secondo Natale, nella ridefinizione delle regole per il sostegno pubblico all’ editoria si dovrebbero prevedere contributi più consistenti per quelle testate (sia su carta che online) che vogliono parlare solo ai cittadini e non ai consumatori’’.

 

L’  Ordine e la formazione

Il nuovo Ordine dei giornalisti, che comincia in qualche modo a profilarsi, dovrà mettere al centro della propria attività la formazione. Per Giancarlo Ghirra può essere la leva fondamentale per innescare un processo di cambiamento assolutamente indispensabile.

‘’Cambiare è indispensabile – ha detto il segretario dell’ Ordine –.  Non tanto i codici deontologici, quanto i comportamenti’’. E la formazione è un grande strumento. Che può essere utilizzato anche in maniera più ampia, nei confronti dei futuri cittadini, andando sempre di più nelle scuole, dove il giornalismo e l’ informazione sono argomenti sempre più seducenti’’.

E’ uno dei canali attraverso cui potrebbe passare una sorta di ‘’egemonia del buon giornalismo’’ su tutto il mondo dell’ informazione,  come aveva auspicato Pino Rea, che ha coordinato il dibattito.

Una ‘’egemonia’’ che presuppone, appunto, un radicale cambiamento di punti di vista e di pratiche professionali.
Ecco, per Ghirra, ‘’un nuovo Ordine dei giornalisti potrà avere un senso solo se si avvierà un realmente un nuovo corso’’.