Il giornalismo sta diventando una ‘pratica di élite’, consentita soprattutto ai benestanti
Il giornalismo è diventato un lavoro accessibile solo alla classe dei privilegiati.
”Quando non ti puoi permettere di fare degli stage non retribuiti o devi pagare le tasse con un piccolo stipendio, troverai solo poche porte aperte’’, dice una giovane giornalista americana, Alexandra Kimball, che racconta la sua condizione  prima e dopo aver ricevuto una eredità .
La notizia è che Poynter.org  ha pubblicato una sintesi del suo racconto giudicando la sua vicenda emblematica delle trasformazioni sociali che il giornalismo professionale sta registrando.
La povertà non consente di sviluppare una carriera lineare o di costruire una coerente identità professionale, perché quando è duro guadagnare dei soldi uno farà qualsiasi tipo di lavoro li faccia ottenere.Ma se si applica questa logica di breve-termine ad attività creative, specialmente quelle che richiedono molta pazienza e investimenti e gavetta, come il giornalismo, rischi di trovarti senza niente in mano.
Riuscire a entrare in questo mondo richiede non solo danaro, ma un concetto di “lavoro” che può acquisire più facilmente un privilegiato. Viene richiesto un forte senso dei propri diritti, una abilità di fare rete e di autopromozione senza però sentirsi un arrogante e uno sbruffone. E impone di considerare la possibilità di lavorare gratis – per uno stage, ad esempio, o uno di quei compiti gratuiti che ora spuntano dovunque –  senza considerarlo un insulto o una truffa.
In altre parole, questo non è più un settore che premia i valori della classe lavoratrice… Mi sembra ancora strano che persone possano lavorare senza essere pagati e senza un posto di lavoro in qualche modo garantito, insomma. E non mi sono ancora riconciliato con il paradosso che domina questo mondo: che il giornalismo, che apparentemente dovrebbe essere uno sforzo popolare, sta diventando invece una pratica rarefatta più adatta, sia finanziariamente che psicologicamente, ai benestanti.
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