Il giornalismo fra tristezza e opportunitÃ
Ci sono molte ragioni per essere pessimisti sullo stato dei media e del giornalismo, tra cui i tagli continui e ripetuti, le chiusure di testata, ecc. Ma ci sono anche molte ragioni per essere ottimisti.
Su Paidcontent Mathew Ingram fa un’ analisi della situazione, riprendendo il dibattito seguito alla diffusione dell’ ultimo Rapporto sullo Stato dei Media diffuso dal Pew.
Concludendo con delle considerazioni realistiche e lucide: ‘’E’ facile cedere allatristezza, mala realtà è che il sommovimento tumultuoso nel mondo dei media crea grandi sconvolgimenti, ma nello stesso tempo produce anche grandi opportunità ’’.
Is it the best of times or the worst of times for journalism? Yes
di  Mathew Ingram
Se siete convinti che questo è il peggior momento possibile per fare il giornalista, potete portare unb sacco di prove a sostegno della vostra convinzione: proprio questa settimana, ci sono stati i tagli al New YorkPost e voci di tagli alla venerabile Village Voice, per non parlare dei fallimenti continui e e della chiusura di testate. Ma se credi che questo sia il momento migliore per stare nei media, ci sono altrettante prove per sostenerlo, come Ann Friedman ha sottolineato in un recente articolo per la Columbia Journalism Review.
Friedman non guarda dall’ esterno alle vicissitudini dei media attuali – è stata licenziata l’ anno scorso dalla rivista GOOD dopo che la testata aveva deciso di cambiare direzione diventando una sorta di social network per i contenuti generati dagli utenti. Nel suo pezzo per la CJR,  racconta come sia cresciuta in lei, durante un giro di conferenze, la frustrazione per il numero di persone che si lamentano per la mancanza di posti di lavoro, la mancanza di soldi e l’ aumento dei mezzi di comunicazione dal tempo-di-breve-durata come Twitter:
“E ancora una volta, mi sono trovata a giocare il ruolo della cheerleader, cercando di convincere giornalisti stanchi e frustrati che il futuro dei media è entusiasmante”.
C’ è molto più bene che male
Come l’ editorialista della CJR riconosce, può essere difficile motivare i giornalisti – o chiunque nel campo dei media – quando Rapporti di ricerca come quelli del Pew Center delineano nei dettagli come il business model per molti di quelli che noi riteniamo i mainstream media si stia rapidamente disintegrando, mentre non c’ è niente che prende il loro posto, e quando il numero dei giornalisti impiegati nelle redazioni è più basso di quanto non sia stato in qualsiasi momento a partire dal 1950.
Ma Friedman sostiene anche – mi pare in modo piuttosto persuasivo – che per i giornalisti ci sono molti più vantaggi ora di quanti non ce ne siano mai stati, a patto di puntare su di essi e sfruttarli.  Fra le altre cose:
I giornalisti hanno accesso a più fonti: Grazie al web, ai social media e ad altri strumenti,  “non è mai stato più facile trovare e raggiungere chiunque”. Questo è inequivocabilmente vero, soprattutto con il numero di fonti potenziali hanno i loro blog,le loro pagine  Facebook, Twitter, ecc.
I cittadini hanno accesso a più mezzi di comunicazione: Il vostro lavoro forse era più sicuro in passato, dice Friedman, ma ora, se avete qualcosa da dire, avete la possibilità di raggiungere un numero molto più ampio di lettori, e loro hanno molta più scelta (questo è anche un argomento contro i paywall, dice lei).
I giornalisti producono più coinvolgimento: i cronisti abituati a lavorare per anni con poche risposte dai lettori e uno scarso loro coinvolgimento, ora ottengono più feedback di quanto possano desiderare. Friedman dice: “Conosco un sacco di giornalisti che lo odiano questo fatto, ma invece è una buona cosa.”
Il caos promuove la creatività : Quando i percorsi tradizionali del successo professionale sono chiusi, sostiene Friedman, “quelli di noi che amano il giornalismo così tanto da non rinunciare mai, sono costretti ora a ridefinire il successo – ed i metodi per ottenerlo”. E ce ne sono molti più di prima.
La rivoluzione produce anche opportunitÃ
Per qualcuno, tutto questo protrebbe sembrare frutto di una sorta di sindrome di Pollyanna, ma secondo me Friedman ha ragione – e per molti versi sta dicendo qualcosa di simile a ciò che Matt Yglesias ha sostenuto di recente su Slate, quando ha risposto al Rapporto del Pew Center dicendo che a suo parere i consumatori di informazione stavano ora molto meglio di sempre (anche se molti non sono d’ accordo). Jay Rosen ha detto una cosa analoga spiegando perché internet è un’ ottima cosa per il giornalismo in dibattito sull’ Economist nel 2011.
Sì,  gran parte del business tradizionale dei media è in subbuglio, e la strada per il profitto – o al limite per la stessa sopravvivenza – è per molti versi tutt’ altro che chiara. Ed è facile guardare tal caos dei social media e del  “citizen journalism†durante vicende come gli attentati di Boston o l’ uragano Sandy e ritenere che ora stiamo molto peggio di prima, sia come giornalisti che come lettori (un argomento che ho cercato di contrastare). E non c’è dubbio che molto male viene con il bene.
Ma, come sostiene Friedman, quello stesso caotico ambiente  è quello che produce cose nuove, molte delle quali possono crescere per diventare strumenti potenti e positivi per il giornalismo: in alcuni casi migliori di quelli che abbiamo. E’ facile cedere alla tristezza, ma la realtà è che il sommovimento tumultuoso nel mondo dei media crea grandi sconvolgimenti, ma nello stesso tempo produce anche grandi opportunità .