I leader mondiali sono su Twitter, ma la diplomazia non usa ancora i social media
Il presidente Obama ha 34,5 milioni di persone che lo seguono su Twitter ma segue a sua volta solo pochissime delle sue controparti internazionali: l’ account del leader russo @medvedevrussiae, quello del governo britannico @Number10gov, il primo ministro norvegese @jensstoltenberg e il presidente cileno @sebastianpinera. E quello che è peggio, nessuno di costoro ‘’parla’’ con gli altri online.
Lo segnala il Washington Post citando uno studio sulla diplomazia online realizzato da  Burson-Marsteller.
Anche se il 78 per cento dei leader del mondo sono su Twitter, con i leader europei i più propensi ad usarlo, il loro livello di impegno diplomatico varia. In testa alla classifica del grado di connessione fra i leader mondiali c’ è Carl Bildt, ex primo ministro svedese, che è in una rete di 44 altri statisti mondiali che si seguono reciprocamente su Twitter.
Ma Bildt – osserva il WP – è una anomalia. Solo per un terzo dei circa 227 primi ministri o capi di governo che Burson-Marsteller ha analizzato si può dire che essi rappresentino realmente se stessi sui social media. Di questi, solo 14 twittano  con regolarità .
Se la diplomazia digitale decollasse davvero – commenta il quotidiano Usa -, potrebbe aiutare a mantenere le relazioni tra i governi del mondo, o almeno a servire come un modo economico di prendere posizione nell’ ambito di negoziati internazionali. Invece, gli sforzi dei social media del Dipartimento di Stato risultano ancora piuttosto esitanti.
Quando Hillary Clinton si è dimessa a febbraio da segretario di stato, un sacco di gente si chiedeva che cosa ne sarebbe stato del circa il futuro del ‘’geeky program’’  che lei aveva aiutato a mettere insieme per fare dei social media un nuovo strumento chiave della diplomazia americana. Sotto la Clinton, il Dipartimento di Stato ha lanciato innumerevoli profili Twitter e pagine Facebook di ambasciate Usa, gli strumenti migliori per coinvolgere le opinioni pubbliche straniere.
Ma questo sforzo non è andato a buon fine. Secondo il rapporto di un ispettore generale – prosegue il WP -, il Dipartimento di Stato ha speso più di 600 mila dollari per incrementare i ‘mi piace’ su Facebook “piace”, comprando il tipo di risultati che secondo quanto si suppone la diplomazia ufficiale sarebbe chiamata a creare.
Il nuovo segretario di Stato, John Kerry – conclude l’ articolo – non ha fatto niente per diminuire la diplomazia digitale sulla scia della partenza di Clinton, come un sacco di gente temeva che potesse accadere. Ma questo dipende soprattutto dal fatto che Clinton aveva tenuto la barra molto bassa.