I giornali forse stanno morendo ma la colpa non è di internet e il giornalismo continua ad andare forte
I giornali erano in crisi ben prima che arrivasse internet e il giornalismo sta andando alla grande se uno sa dove andare a guardare. Non è una novità , ma se lo dice Mathew Ingram vale la pena di seguire la sua analisi.
Su Paidcontent  Ingram dedica un ampio articolo all’ ex giornalista e professore George Brock, responsabile dei programmi di giornalismo della City University di Londra, secondo cui se i giornali sono su una china molto scivolosa da un po’ di tempo, quella che il giornalismo sta attraversando è ‘’una evoluzione naturale e non certo una catastrofe’’.
Fra le pillole di ‘’saggezza’’ che vengono tirate fuori quando si parla di crisi dell’ industria dei giornali c’ è la convinzione secondo cui il principale colpevole sarebbe internet: sia internet in generale che alcuni servizi specifici del web come Craigslist (un servizio di piccoli annunci che ha avuto un successo strepitoso).
Ma se la democratizzazione della diffusione dei contenuti e la loro atomizzazione ha accelerato quel declino, Brock sottolinea che la crisi era in atto già da tempo: lo fa  in un libro pubblicato di recente (Out of Print. Newspapers, Journalism and the Business of News in the Digital Age) e in un articolo uscito sul blog The conversation e intitolato “Spike the gloom — journalism has a bright futureâ€. Ognuno di noi ha un esempio preferito di questo declino – sostiene -, come la vendita del Boston Globe per il 97% in meno di quanto fu pagato due decenni fa, oppure le massicce ondate di licenziamenti che continuano a spazzare il settore.
I giornali non sono la stessa cosa del giornalismo
Non ci vuole molto a trovare altri dati su questa tragedia – aggiunge Ingram -, ma credo che Brock abbia ragione quando sostiene che ” questa immagine di degrado è unidimensionale, incompleta e non aggiornata “, e che il giornalismo è fiorente, se si sa dove guardare .
Tra i punti chiave del suo post Ingram ne cita quattro:
Il giornalismo si reinventa sempre. Il giornalismo ” è costretto a reinventarsi a intervalli regolari ” e lo ha sempre fatto, dice Brock, ogni volta che cambiamenti nel contesto economico, giuridico, tecnologico e culturale gli tolgono la terra da sotto i piedi. “Re- invenzione e sperimentazione sono le uniche costanti nella storia del giornalismo”.
I giornali non sono la stessa cosa del giornalismo. I giornalisti confondono le due cose, dice Brock , ma quella che è passata per l’ età d’ oro dei quotidiani nella seconda metà del 20 ° secolo “è stata, in realtà , un lungo declino commerciale . I quotidiani britannici hanno raggiunto il picco nella diffusione nei primi anni 1950 . ”
La televisione ha ucciso più giornali di Internet. Sono molte di più le testate chiuse dall’ arrivo della tv ‘’di quante lo siano state dalla concorrenza di internet’’, spiega Brock . Internet ha peggiorato le cose e ha contribuito soprattutto ad uccidere i piccoli annunci, ma ” il declino della stampa è cominciato prima di Internet”.
La domanda di informazione è forte e in crescita. I giornali non possono beneficiarne, ma la domanda di notizie rimane forte , dice Brock . “Quello che è imploso è l’ efficacia di un modello di quotidiani di grandi dimensioni e generalisti che richiedono un forte afflusso di pubblicità per poter sostenere il processo informativo”.
Il giornalismo sta bene, grazie
Brock  continua dicendo che alcune grandi testate giornalistiche saranno in grado di adattarsi ed altre no – e nel frattempo , alcuni di quelli che lui chiama “the insurgents of news publishing† (gli insorti dell’ editoria giornalistica)  andranno  avanti per diventare i giganti del futuro . Tra questi ribelli indica siti come Talking Points Memo , l’  Huffington Post e BuzzFeed – l’ ultimo dei quali sta seguendo un modello noto di rottura, che consiste nel partire da qualcosa considerata banale o fuori della norma e poi costruire gradualmente su quella e spostarsi verso il mainstream.
Ad ogni modo – osserva ancora Ingram –  gli argomenti di Brock sono analoghi a quelli  avanzati dal fondatore di Business Insider , Henry Blodget,  in un post dedicato al fatto che saremmo in un “età dell’ oro per il giornalismo ” – una frase che Arianna Huffington ha utilizzato spesso per descrivere l’ innovazione che si sta verificando nei media online . Anche l’ esperto di media del New York Times, David Carr,  ha descritto in questo modo l’ attuale amiente mediatico durante un incontro a Toronto , dicendo che Twitter e le altre forme di citizen journalism, nonostante i difetti,  stanno avendo un impatto ampiamente positivo.
E l’ indicazione di Brock su BuzzFeed va benissimo – conclude Ingram – : se il sito è stato ampiamente criticato come infantile e / o irrilevante e molti giornalisti mainstream ridono all’ idea che potrebbe diventare qualcosa di diverso da un luogo dove pubblicare le foto dei gattini,  l’ azienda è redditizia e in rapida crescita e il suo fondatore, Jonah Peretti, annuncia che sta investendo pesantemente in entrambe le direzioni: sia nelle notizie d’ attualità che nel giornalismo investigativo – una cosa che poche o nessuna testata tradizionale stanno facendo.