Il nuovo gatto è incazzato, nessuno sa niente ma il bello forse è proprio questo
E’ più facile attirare (e conservare) un lettore su una classifica dei “40 cani più divertenti dell’ anno†piuttosto che sulla vita di una ginecologa cinese di 85 anni diventata ‘’nemica del popolo’’ del proprio paese.
Non c’ è niente da fare: sul web gli articoli lunghi non verranno letti fino alla fine. Il classico (e un po’ abusato) esempio del Snowfall del New York Times è solo l’ eccezione che conferma la regola.
E a un gatto che faceva ridere subentra uno dall’ aria torva e incazzata. Nessuno sa niente, ma forse il bello è proprio questo. ‘’Grande la confusione sotto il cielo…’’
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Divertente e istruttivo il resoconto che Les Inrocks ha dedicato a una megaconferenza sulle nuove pratiche del giornalismo organizzata martedì 3 dicembre a Parigi da Alice Antheaume, direttrice della Scuola di giornalismo alla (come si usa dire, prestigiosa) Facoltà di Sciences Po. Più che dare risposte, ha sollevato problemi, osserva il giornale.
Ma, appunto, ‘’…la situazione è favorevole’’
Ecco due o tre ‘’punti’’ che riprendiamo dalla ricostruzione molto ariosa del sito francese:
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Il futuro incerto dei video online
Amy Webb è sicura: il video online è già superato. Un colpo, visto che ancora l’ anno scorso continuava ad annunciare lo sviluppo di questo mezzo.
E Alice Antheaume è d’ accordo:
“Fino all’ anno scorso ci hanno detto che bisognava mettere dei video dappertutto. Le redazioni si sono aggiornate… Ma ora ci dicono, basta! Ce ne sono troppi e spesso somigliano a una sub-televisione’’.
Anche Linh Tu, della scuola di giornalismo della Columbia, invitata a parlare dello stato della tv online, lo ammette senza timidezza: “Cos’ è un video? Come produrlo? Come farlo fruttare? La risposta è che nessuno ne sa niente!â€
Che una tendenza possa variare facilmente in meno di 12 mesi non deve sorprendere. Oggi i giornalisti dovrebbero semmai orientarsi verso i ‘’video personalizzati a misura dei lettori’’, dice Amy Webb, o anche verso reportage che mischiano video, fotogiornalismo e scrittura, secondo Duy Linh Tu.
Tanto da dare l’ impressione che i media non fanno altro che correre dietro qualche chimera, anno dopo anno.
Il paywall
All’ incontro a Parigi c’ era anche Mathew Ingram, di cui spesso Lsdi riprende le analisi affidate a Gigaom, che ha analizzato il fenomeno dei paywall ribadendo che, secondo lui, si tratta di un modello economico non sostenibile.
Anche se, a due anni dalla decisione di ricorrere a questo sistema di ‘’pedaggio’’ ha avuto successo, per Ingram – racconta Les Inrocks – “il  New York Times è un liocorno’’, una testata che è riuscita là dove tutte le altre hanno fallito, e falliscono ancora. Dal suo successo, secondo Ingram, non si può trarre nessuna conclusione. Però nel 2013 gli abbonamenti digitali dovrebbero portare al giornale 91 milioni di dollari.
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Il pezzo forte però è stata la vicenda del ‘’Grumpy Catâ€, il gatto incazzato
Ha un pelo folto, gli occhi azzurri ed è arrabbiato. Niente di più, niente di meno. E quindi, il famoso Grumpy Cat, o ‘’gatto incazzato (in Francia è le “chat grognonâ€), ha fatto impazzire Internet dopo che la sua proprietaria ha cominciato a postare delle sue foto a settembre 2012.
E cosi, il “Grumpy cat†ha sostituito  il famoso “lolCat†nei discorsi degli intervenuti. Questo gatto, che non incarna nient’ altro se non una tendenza alla condivisione di ‘’meme’’ (una idea, una foto, un gesto che si trasmettono in maniera virale sulla rete) è stato costantemente proposto dagli invitati all’ Incontro parigino sulle Nouvelles pratiques du journalisme 2013 per dimostrare che si trattava di un contenuto che si condivideva molto bene online.
Un riferimento che dovrebbe lasciare un po’ perplessi visto che Buzzfeed ha fatto parlare molto di se stesso, soprattutto al momento del suo lancio in Francia il mese scorso, per la sua inclinazione a mischiare contenuti leggeri ai prodotti giornalistici.
Piccola conclusione
Una giornalista di Télérama, Emmanuelle Anizon,  interpellata nel corso della serata, ha spiegato molto bene – secondo Les Inrocks – quanto quello che pesa di più, oggi, sia ‘’quello che non si sa. A qual punto nel giornalismo contemporaneo quello che è costante sia il cambiamento. Si sperimenta, si cambia, il lungo, il corto, il video, come far pagare i contenuti… Un sacco di analisi, di saggi, ma alla fine la risposta è modesta: ‘non sappiamo, si prova, si va avanti, ma nessuno ha una risposta compiuta. Ed è proprio questo che io trovo molto interessante’’.