Quella volta che andammo alla Camera
Non preoccupatevi non abbiamo alcuna intenzione di autoincesarci bensì vorremmo cogliere l’inaspettata e ghiotta occasione per provare a realizzare insieme a tutti Voi uno dei principali processi di uno stato democratico quello della raccolta dati, dell’elaborazione delle istanze, della realizzazione delle proposte e della successiva discussione di tali proposte per la finale stesura di una legge dello Stato.
Ecco in estrema sintesi il racconto dei fatti: Lsdi ha ricevuto alcune settimane fa in redazione la proposta di partecipare ad un’audizione informale presso la commissione cultura della Camera dei deputati per partecipare alla discussione in atto presso tale commissione rispetto alle due proposte di legge per la formulazione di un testo che tuteli il pluralismo dell’informazione attraverso l’elargizione di finanziamenti pubblici alle aziende editoriali.
Le proposte di legge sono la 3317 presentata il 22 settembre 2015 su iniziativa dei deputati: Coscia, Rampi, Rotta, Bonaccorsi, Piccoli Nardelli, Blazina, Manzi, Ascani, Ghizzoni, Crimì, Bossa, Narduolo, Malisani, Carocci, Pes, D’Ottavio, Malpezzi, Coccia, Rocchi, Ventricelli, Sgambato, Paolo Rossi e la 3345 presentata il 5 ottobre 2015 su iniziativa dei deputati Pannarale, Giancarlo Giordano, Paglia, Franco  Bordo, Costantino, Duranti, Ricciatti, Melilla; in calce a questo articolo le trovate scaricabili in formato immagine.
Cogliamo l’occasione per provare a sfatare miti e leggende sui fondi pubblici all’editoria. Sono molti e diversi i soldi pubblici che arrivano per vie spesso non proprio maestre all’editoria. Il sentire diffuso che l’editoria prenda soldi dello Stato è abbastanza corretto. Quello che spesso si equivoca è il ruolo in questo processo dei grandi editori. Questi fondi, in particolare quelli di cui parlano i due testi di legge che abbiamo esaminato, dovrebbero, il condizionale è d’obbligo, espressamente servire a difendere il pluralismo dell’informazione e quindi tutelare, secondo criteri spesso non perfetti, va comunque sottolineato, l’attività degli editori medio-piccoli, delle voci di nicchia, delle voci più deboli, della stampa estera, degli specializzati, del no profit. Di tutti quelli insomma, compresi gli organi di partito, che non hanno un mercato, oppure ce l’hanno ma non bastevole alla propria sopravvivenza.
Inutile dire che proprio sulla composizione di questa particolare sezione dell’ << editoria sovvenzionata >>, e sull’individuazione dei criteri << oggettivi >> che decretano, per legge appunto, come e quanto vada sostenuta questa editoria, che, negli anni, << è cascato, e rischia di ricadere, il proverbiale  asino >>.
Non entriamo qui, nel merito di questi discorsi, che porterebbero, e probabilmente porteranno, sicure polemiche nel cammino delle due proposte di legge in esame. Copia incolliamo di seguito un take d’agenzia che sintetizza il ns. intervento presso la Commissione Cultura della Camera svoltosi il 21 gennaio scorso. Di seguito per completezza dell’informazione inseriremo il video integrale dell’audizione pubblicato sulla web tv della Camera (ns. intervento dal minuto 13,00) e allegheremo il testo intergrale delle due proposte di legge e della relazione con le ns. osservazioni in merito.
EDITORIA, LSDI: REDDITI DISASTROSI MA GIORNALISMO È IN GOLDEN AGE CULTURALE
(Public Policy) – Roma, 21 gen – “Il 50% degli iscritti all’Ordine dei giornalisti non praticano o non hanno un reddito dalla professione. E 4 giornalisti su 10 tra i freelance, che sono una parte considerevole degli iscritti all’Ordine a fronte dei 16mila giornalisti lavoratori dipendenti, non hanno reddito dalla professione giornalistica”. Sono gli ultimi dati del rapporto stilato dall’associazione Lsdi (Libertà di stampa diritto all’informazione), ricordati dal presidente, Marco Renzi,  in audizione davanti alla commissione Cultura della Camera in merito alla proposta di legge sull’istituzione del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione e deleghe al Governo per la ridefinizione del sostegno pubblico all’editoria. Nonostante i numeri “disastrosi”, però, per Renzi la professione dal punto di vista della qualità “sta vivendo un momento di altissimo livello, una golden age, dovuta alla rivoluzione culturale del digitale”.
“L’inversione e il cambiamento epocale che stiamo vivendo porterà a un rilancio enorme della professione giornalistica – ha sottolineato – perché, se da una parte la cultura digitale ha trasformato tutti in piccoli giornalisti, dall’altra c’è sempre più bisogno di professionisti informati su come separare la fuffa mediatica che affolla la rete dalle notizie. Nelle due proposte di legge questo cambio di passo culturale non emerge mentre bisognerebbe tenerne conto”. (Public Policy)
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