Mondofollie
Le pazzie di cui è, purtroppo, ricco il mondo le conosciamo. La mattana più grande, la guerra, la viviamo quotidianamente, e non solo nelle cronache dall’Ucraina. Le persone si ammazzano. Quale assurdità maggiore può esserci? Nel pezzo della scorsa settimana, ragionando di Google e altre amenità , abbiamo evidenziato alcune “sciocchezzuole”, tipiche della nostra epoca; come definirle: pazzie digitali? Oppure mondofollie, riecheggiando il titolo che abbiamo scelto per l’articolo odierno. Staremo a vedere, in fondo, il pezzo è solo all’inizio. Di sicuro titoli come il nostro andavano molto di moda qualche decina di anni fa. Il cinema di un certo tipo li usava in grande quantità . Vengono in mente capolavori trash di vario tipo. Non faremo citazioni, in fondo siamo un blog morigerato, e Russ Meyer non ne sarebbe affatto contento. Scherzi a parte: “le tribolazioni di un cinese in Cina” – e chi ha letto il libretto di Jules Verne ne converrà - non sarebbero neanche lontanamente assimilabili al percorso complicatissimo, sovente impossibile, cui la “digitalizzazione del mondo” ci sta obbligando, ogni giorno di più. Ritorniamo a capo e citiamo per la seconda volta in due settimane un passaggio contenuto nell’articolo di Francesco Marino uscito il 28 giugno nella rubrica Italian tech di Repubblica e intitolato “la ricerca di Google sta morendo? no è solo cambiata”:
È sempre più frequente trovare la risposta alla propria domanda subito, senza neanche arrivare all’elenco dei risultati
Un passaggio breve ma talmente carico di significati da poter essere paragonato ad uno tsunami. Trovare quello che si cerca su google senza neanche arrivare all’elenco dei risultati – il cosiddetto listato – non significa, a nostro avviso, che google sia in crisi, tutt’altro. Evitare di consultare i risultati ed essere già in possesso della risposta, significa: lasciar fare a google. Passare la mano, cedere il controllo. In altri termini è il trionfo dell’assistente casalingo. Di quegli apparati come Siri, Alexa, e altri incidenti, parafrasando un bel disco del passato. Ma non è nemmeno il “presunto” trionfo degli assistenti virtuali a spaventarci di più. A metterci in crisi è l’ennesima sottovalutazione del problema di quale sia il nostro ruolo nella società digitale. Dove per “nostro” si intende quello di tutti noi, esseri umani. Una vera mondofollia per riecheggiare il titolo, e coniare un neologismo. Che la Crusca ci perdoni. Nel lontano 2015 Nicholas Carr nel suo eccellente saggio: La gabbia di vetro, ci spiegava che:
Il mondo moderno è sempre stato complicato. Frammentato in ambiti specializzati di capacità e conoscenze, vincolato a sistemi economici e di altro tipo, esso scoraggia qualsiasi tentativo di comprenderlo nella sua totalità . Ma adesso è la complessità stessa a restarci nascosta, in un grado molto superiore rispetto a quanto ci sia mai capitato in precedenza.
Un passaggio che di sicuro piacerà molto al nostro associato e grande amico: il sociologo Piero Dominici, studioso ed esperto di complessità da tempo remoto e non sospetto; un passaggio a cui ci piace aggiungere un altro sintetico estratto dal libro di Carr, che fa il paio in modo perfetto con la perentoria frase dell’articolo di Francesco Marino pubblicata in apertura del nostro articolo:
Le relazioni e connessioni che una volta facevano parte dell’esperienza del mondo, manifeste nelle interazioni dirette tra le persone, e tra le persone e le cose, sono ormai diventate avvolte nell’astrazione.Â
Quando una tecnologia imperscrutabile si trasforma in una tecnologia invisibile, sarebbe saggio preoccuparsi: a quel punto i suoi presupposti e le sue intenzioni si sono infiltrati nei nostri desideri e nelle nostre azioni.
Non sappiamo più se il software ci sta aiutando o ci sta controllando.
se studiamo solo due neuroni in isolamento, per quanto potremo descrivere in dettaglio tutti i processi biochimici che li costituiscono, non saremo mai in grado di spiegare come riusciamo a leggere, scrivere, pensare. Per farlo dobbiamo adottare un approccio che indaga come le relazioni tra un grandissimo numero di neuroni generino i comportamenti collettivi alla base del funzionamento del cervello.
Per questo motivo, i sistemi complessi sono necessariamente il punto di partenza del nostro viaggio nel nuovo mondo delle previsioni che includono i sistemi sociali. Abbiamo bisogno di capire se dalle relazioni, interazioni e comportamenti statistici di oltre sette miliardi di individui con infinite dimensioni culturali, psicologiche e cognitive possano emergere elementi predicibili, fenomeni collettivi, ordine e disordine. Se possiamo prevedere i gusti e le tendenze musicali, letterarie e cinematografiche degli individui, la prossima pandemia o la reazione sociale a un evento catastrofico, è perché siamo in grado di imprigionare in equazioni l’essere umano, di farlo diventare una sorta di atomo sociale. La scienza della complessità è il grimaldello teorico che ci permette di capire questo: le società umane non sono necessariamente il frutto di un colpo di genio, o della bravura di un singolo leader. Un cambio di prospettiva che definisce un modo nuovo di guardare al passato e al futuro.
Lev Tolstoj, che è stato tra i primi a scontrarsi con una visione riduzionista della storia, scriveva in Guerra e Pace:
Basterà ammettere che lo scopo delle guerre dei popoli europei ci è ignoto e ci sono unicamente noti i fatti che consistono in uccisioni prima in Francia, poi in Italia, in Africa, in Prussia, in Austria, in Spagna, in Russia, e che il movimento da occidente a oriente e da oriente a occidente costituisce la reale sostanza di tali avvenimenti, e non solo non avremo più bisogno di vedere l’eccezionalità e la genialità nei caratteri di Napoleone e di Aleksandr, ma non ci sarà possibile immaginare questi personaggi se non come uomini simili a tutti gli altri.
Alessandro Vespignani L’algoritmo e l’oracolo
Con buona pace di google, dei salvatori della patria, degli uomini soli al comando e delle agenzie di cybersicurezza di ogni ordine e grado.
Del resto il fatto che sia stato assegnato un nobel ad uno studioso dei sistemi complessi, per giunta italiano, dovrebbe farci riflettere, o no?
Ciao Salvatore!
Buona estate e buona vita a tutti ;)