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Mediadem: quali politiche per la libertà e l’ indipendenza dei media in Europa

Mediadem

Un  progetto di ricerca promosso dall’ Unuione Europea – Quattordici paesi sotto esame fino al 2013 quando la ricerca si concluderà con la formulazione di indicazioni concrete di policy per gli attori  pubblici e privati interessati nella regolazione dei media e l’ identificazione dei sistemi per la promozione di media liberi e indipendenti

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Approfondire i fattori che possono promuovere o, al contrario, ostacolare lo sviluppo delle politiche a sostegno di libertà ed indipendenza dei media.

E’ l’ obbiettivo di MediaDem, un progetto di ricerca promosso dall’Unione Europea e relativo a 14 paesi europei. Grecia, Italia e Spagna (che rappresentano il modello ‘polarizzato-pluralista’); Belgio, Danimarca e Finlandia (modello nordeuropeo-corporativistico), Gran Bretagna (modello nordatlantico-liberale). Oltre ad alcune nazioni dell’Europa centro-orientale, Bulgaria, Estonia, Romania e Slovacchia, e a due paesi-candidati Croazia e Turchia.

Il progetto (‘’Revisione delle politiche europee sui media: Valutare e rivendicare libertà ed indipendenza dei media nelle democrazie contemporanee’’, questo il titolo completo) si propone di analizzare il processo di definizione delle politiche sui media alla luce del loro contesto socio-politico, economico e culturale, e di esaminare le opportunità e le sfide poste dai nuovi mezzi di comunicazione alla libertà e all’indipendenza dei media. Saranno inoltre analizzate forme di controllo esterne sulla configurazione delle  politiche nazionali sui media derivanti dall’UE e dal Consiglio d’Europa.

La ricerca è stata avviata nell’ aprile scorso e terminerà nel marzo 2013, ma è stato già pubblicato un primo Rapporto , con le analisi generali degli scenari nei vari paesi (Belgio, Bulgaria, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Grecia, Italia, Romania, Slovacchia, Spagna, Turchia, UK, EU/CoE).

Ad esso seguiranno le altre fasi: analisi della configurazione delle politiche sui media nei rispettivi paesi,verificando se esse effettivamente facilitano la creazione di un ambiente favorevole per la libertà e l’indipendenza dei media; analisi comparativa dei vari modelli; formulazione di indicazioni concrete di policy per gli attori  pubblici e privati interessati nella regolazione dei media, l’Unione Europea e il Consiglio d’Europa, e identificazione delle migliori prassi per la promozione di libertà ed indipendenza dei media.

Il progetto è coordinato da Evangelia Psychogiopoulou, della Hellenic Foundation for European and Foreign Policy (ELIAMEP) e curato da un responsabile per ogni paese (per l’ Italia è Fabrizio Cafaggi, dell’ Istituto Universitario Europeo di Firenze).


La situazione in Italia
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L’ analisi relativa al nostro paese, realizzata da Federica Casarosa (che ha curato anche il capitolo finale, The case of the European Union and the Council of Europe), ricercatrice al Centro di studi avanzati dell’ istituto Jean Monnet di Firenze, ripercorre le varie fasi dell’ evoluzione del sistema dei media in Italia, con particolare attenzione agli aspetti legislativi, e indica in conclusione i principali problemi che ci troviamo di fronte.

In particolare la ricercatrice individua quattro fasci di problemi.

– Il ruolo dello Stato, passato da una posizione di editore e distributore di contenuti informativi a soggetto di regolazione e monitoraggio dell’ applicazione delle norme in un settore in cui i protagonisti privati sono la grande maggioranza.

– La crescente importanza dell’ Authority delle comunicazioni in termini di funzioni regolatorie, per fare in modo che sia sempre più imparziale per la sua distanza dai partiti politici

– Le difficoltà nella introduzione di una effettiva legislazione antitrust che possa limitare le tendenze alla concentrazione e, nello stesso tempo, regolare il flusso di risorse finanziarie fra i diversi media.

– Infine il ruolo dell’ azienda di servizio pubblico nel nuovo contesto, che non assicura più la salvaguardia del pluralismo interno dell’ informazione – un ruolo che non può essere imposto direttamente agli attori privati – ma è più una garanzia di accesso dei cittadini alle nuove tecnologie della comunicazione, nel tentativo di evitare il pericolo del sorgere di nuove forme di marginalizzazione sociale.