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Il giornalismo tra ventate di ottimismo e incertezze continue

Una ampia sintesi dello State of the News Media 2007, la quarta edizione del rapporto annuale sulle condizioni di salute del giornalismo negli Usa curata dal Project for Excellence in Journalism di Washington - Un numero crescente di testate è alla ricerca del proprio ‘’brand’’ e ridefinisce la propria forza di mercato - Una fase caratterizzata da ambizioni ridotte - Il giornalismo appare più titubante che mai sul da farsi, tra ventate d'ottimismo e incertezze continue, alle prese con quella che si delinea come "una trasformazione epocale, simile all'invenzione della stessa macchina da stampa" - Ma il ruolo della redazione rimane sostanziale come fondamenta e pilastro degli scenari futuri

http://www.stateofthemedia.org/2007/

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a cura di Bernardo Parrella

Introduzione


Nel corso dell’ultimo anno, le tendenze che vanno trainando la trasformazione del giornalismo non solo hanno avuto un’accelerazione, ma sembrano aver quasi raggiunto un punto cruciale. La discussione è andata spostandosi sulla validità del modello imprenditoriale che ha finanziato l’informazione per oltre un secolo — le inserzioni pubblicitarie — chiedendosi se tale modello sia ancora adeguato al modo con cui oggi si consumano i media. Mentre il pubblico va frammentandosi lungo un maggior numero di piattaforme, quasi ogni tipo di misurazione dell’audience viene messo in discussione perchè lacunoso oppure obsoleto — dalla circolazione della stampa, al rating per la Tv, alle pagine visitate e agli utenti unici online. Anche il numero delle persone che vanno online per seguire l’informazione — o qualsiasi altra cosa — ha smesso di crescere.

Nel mondo dell’informazione stanno cambiando le definizioni di nemico e alleato. I quotidiani, ad esempio, hanno preso ad allearsi con quei siti Web di piccoli annunci che una volta denunciavano, alleandosi per controbattere il timore reciproco di siti gratuiti quali Craigslist.
Con la trasformazione degli elementi fondamentali, ci sembra che all’inizio del 2007 il settore dell’informazione stia entrando in una fase nuova — fase caratterizzata da ambizioni più limitate. Anziché tentare di limitare il declino, molte testate hanno compiuto il passo successivo per iniziare a ridefinire i propri interessi e obiettivi in base alla minore capacità. Con sempre maggior frequenza si guarda al “marchio” (brand) o ad aree “esclusive” (franchise) d’intervento intorno a cui costruire audience.
Per alcuni, il marchio di segno nuovo è quel che il Wall Street Journal definisce “iper-localismo” (consideriamo la chiusura degli uffici esteri al Boston Globe o la riduzione dei temi seguiti sull’Atlanta Journal Constitution). Per altri sono commentari ed editoriali (notando la crescente popolarità di Lou Dobbs o Keith Olbermann). Per altri ancora è il coinvolgimento personale (il marchio di Anderson Cooper e, in modo più tentativo e occasionale, dei conduttori delle reti televisive). Per una rampante schiera di siti Web è il coinvolgimento dei comuni cittadini (qualche sito d’informazione alternativo oggi è più che mai vicino alle promesse di un autentico citizen media).  
In un certo senso tutte le testate d’informazione stanno diventando dei giocatori di nicchia, basando la loro immagine più sul modo di riportare le notizie, anziché sulla loro scelta. Le conseguenze di questa riduzione di portata comportano rischi maggiori di quelli che ci sembra vengano oggi presi in esame dal mondo dell’informazione. Un concetto come l’iper-localismo, abbracciato in senso letterale, può essere il linguaggio del marketing per voler semplicemente fare meno. Anche il marchio può divenire una maschera per notizie di parte. Gestita male, la nuova strategia può perfino rendere irrilevante il quotidiano di una grande metropoli.
La storia recente dell’industria dell’informazione è contrassegnata dalla prudenza e dalla continuità, ben più che dall’innovazione. Il carattere dell’epoca successiva, tutt’altro che inevitabile, è probabile dipenderà parecchio dalla qualità della leadership nelle redazioni e nei consigli d’amministrazione. Se la storia può insegnarci qualcosa (che si tratti di Adolph Ochs, Ted Turner oppure Google) è che ci vorranno persone rinnegate e amanti del rischio per abbandonare le strade convenzionali e creare direzioni nuove.   
Questa è la quarta edizione del nostro rapporto annuale sullo stato dell’informazione — lo stato e la salute del giornalismo in America. Il contesto generale delineato nelle precedenti edizioni rimane invariato: la trasformazione che si trova ad affrontare il giornalismo è epocale, di importanza pari all’invenzione della televisione o del telegrafo, forse analoga a quella della stessa macchina da stampa.
L’effetto va ben oltre la migrazione del pubblico verso nuovi sistemi di distribuzione. La tecnologia va ridefinendo il ruolo dei cittadini — riconoscendo all’individuo maggiore responsabilità e controllo sul modo di consumare l’informazione — e solo ora si inizia a comprendere questo nuovo ruolo. 
La nostra impressione è che comunque il giornalismo tradizionale non stia diventando irrilevante, come vorrebbe suggerire qualcuno. Oggi abbiamo le prove che le nuove imprese tecnologiche hanno avuto scarso successo nella produzione di notizie (Yahoo, AOL), oppure l’hanno evitata del tutto (Google). Per chiunque si trovi a dirigere una redazione, oggi più di qualche anno fa, questa sembra rimanere il fondamento per la redazione del futuro.
Tuttavia la pratica del giornalismo è divenuta assai più difficile e richiede una nuova visione. Il giornalismo sta diventando una piccola parte della varietà d’informazione disponibile. La stampa non è più il “gatekeeper” delle conoscenze del pubblico.
I giornalisti hanno reagito in maniera relativamente lenta. Soltanto ora stanno iniziando a re-immaginare il proprio ruolo. Le aziende non hanno considerato la “ricerca” come un tipo di giornalismo. L’industria ha speso relativamente poco per la ricerca e lo sviluppo. Ha spinto con fare titubante verso nuovi modelli economici, e ciò ha lasciato i giornalisti timorosi e difensivi. Non a caso alcuni degli esperimenti più interessanti del nuovo giornalismo continuano a provenire da ambienti estranei alla professione — siti come Global Voices, che integra dei “reporter” volontari selezionati da ogni parte del mondo con i redattori professionali.
Nel frattempo altri segnali indicano che quei soggetti che la stampa dovrebbe monitorare, tra cui il governo, le corporation e gli attivisti, hanno reagito in maniera più pronta. I politici, i gruppi d’interesse e gli uffici aziendali delle relazioni pubbliche spiegano al Project for Excellence in Journalism che ora hanno i blogger come collaboratori segreti — e sono estasiati dai risultati ottenuti.
Queste sono alcune delle conclusioni raggiunte sullo Stato dell’informazione 2007. Ogni anno cerchiamo di individuare le tendenze chiave che i media si trovano davanti. Tra questi, in passato abbiamo notato che la sfida al giornalismo non arriva dalla tecnologia o dalla mancanza d’interesse nell’informazione, quanto piuttosto dal ridotto potenziale economico; questa forza va spostandosi da coloro che seguono le notizie a quanti le producono; che oggi esistono diversi modelli di giornalismo in competizione tra loro, dove quelli più economici e meno accurati vanno acquistando importanza; che pur essendoci maggiori testate, ciò non vuol dire che in generale riportino su una gamma più ampia di argomenti.

Continua