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Il giornalismo tra ventate di ottimismo e incertezze continue
Conclusioni
Nei primi due anni di questo rapporto, ci è parso che l’informazione in America fosse intrappolate nei fenomeni paralleli della trasformazione tecnologica e del successo economico. La prima imponeva alle testate un cambiamento cruciale. La seconda generava conservazionismo e avversione al rischio. Il ruolo della stampa andava cambiando, eppure i gruppi editoriali che controllavano i media, protetti dagli alti guadagni, mostravano scarsa comprensione e mancanza di prontezza.
Nel 2006 questi problemi sono peggiorati. La direzione dei dati dell’audience e della pubblicità si è fatta più chiara. L’industria si è rivolta con maggior serietà verso le nuove tecnologie.
Nel 2007, questi riconoscimenti e trasformazioni hanno preso una forma più evidente. E per molti ciò sembra voler dire lo spostamento verso l’imposizione del marchio, la ridefinizione del target e ambizioni ridotte. Ciò appare inevitabile e finanche logico. Ma ci meraviglia che questo percorso non sia ancora più accentuato. La nuova direzione sembra voler conservare la forza e la debolezza della prudenza, del consenso.
L’informazione non è un prodotto aziendale. Non è stata inventata in laboratorio o dall’unità di ricerca e sviluppo. Si è evoluta dal sentimento popolare, dal movimento politico e dall’istinto umano per la conoscenza e la consapevolezza. E i suoi maggiori sviluppi spesso sono dovuti a persone che hanno deciso di correre dei rischi, ma che sono poco apprezzati perché la loro visione infrange le convenzioni e le loro preferenze talvolta vanno in direzioni opposte, persone come Ted Turner, Joseph Pulitzer o Adolph Ochs.
Nei rapporti precedenti ci siamo chiesti se l’industria dell’informazione non abbia atteso troppo a lungo, non abbia perso troppe opportunità, come il mancato acquisto anni fa di start-up oggi divenute grosse testate rivali; o se i consumatori saranno ancora interessati ai valori incarnati dalla stampa tradizionale, o al marchio rappresentato da tali valori — come nel caso di CBS e del New York Times.
Oggi, con l’accelerazione del cambiamento, sembra farsi più urgente la terza domanda che abbiamo posto. L’industria ha forse una visione abbastanza potente, e ci sono leader che i giornalisti e il pubblico possano seguire?
Continuiamo a sospettare che le risposte risiedano ancora nel giornalismo, e non nelle strategie imprenditoriali che lo sostengono economicamente. Se il passato può insegnarci qualcosa, è che i due aspetti non possono prosperare a meno che non si muovano insieme.
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