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Il giornalismo tra ventate di ottimismo e incertezze continue

Le attitudini del pubblico

Ragionevolmente si può dire che la visione del pubblico rispetto alla stampa è che la situazione non va più declinando in modo diffuso e inarrestabile. Gli americani continuano ad apprezzare il ruolo che si aspettano dall’informazione, e sotto certi aspetti quest’apprezzamento è finanche in crescita. Ma quando si tratta di stabilire il modo in cui la stampa fa fronte a queste responsabilità, secondo alcuni indici nel 2006 la confidenza del pubblico è continuata a scemare. Mentre vanno crescendo le divisioni in base al colore politico.
Tutto ciò, ovviamente, avendo alle spalle oltre 20 anni di crescente scetticismo nei confronti dei giornalisti, delle aziende e dell’informazione in quanto istituzione. Come abbiamo notato nei rapporti precedenti, fin dai primi anni ’80 il pubblico ha preso a considerare le testate d’informazione come meno professionali, meno accurate, meno etiche e più inclini a insabbiare gli errori, anziché correggerli. 
La questione fondamentale rimane la divaricazione tra il pubblico e la stampa rispetto alla motivazione di base. I giornalisti considerano se stessi come “fornitori di un servizio pubblico”. I lettori invece dubitano di quest’immagine romantica e ritengono che i giornalisti vogliano auto-illudersi oppure stiano mentendo.
È probabile che siano le stesse forze strutturali a portare con sé un nuovo tipo di relazione che rende difficile migliorare la considerazione del pubblico per l’informazione. 
Scorrendo i dati del 2006, tuttavia, si può sostenere che la visione del pubblico, per quanto scettica, rimane sfumata. Dovendo scegliere, ad esempio, una percentuale crescente di americani preferirebbe la libertà di stampa alla censura governativa. Dopo l’11 settembre, la maggioranza pendeva dalla parte opposta (53% contro 39%). Numeri che sono andati ribaltandosi, fino al dato del febbraio 2006 a favore della libertà di stampa (56% contro 34%). E la vasta maggioranza continua a sostenere di preferire l’informazione che arriva da fonti neutrali, il 68%, dato invariato negli ultimi due anni. Meno di un quarto (23%) ha dichiarato di volere notizie in sintonia con la propria opinione.
Cresce tuttavia lo scetticismo sulle prestazioni della stampa. Il numero di americani che la considerano con favore, ad esempio, è calato considerevolmente nel corso del 2006: dal 59% in febbraio al 48% in luglio. Le cifre sono alquanto volatili, ma si tratta comunque degli indici più bassi dell’ultimo decennio. E cadute analoghe riguardano la misurazione più importante delle attitudini del pubblico, la credibilità di quel che dicono le testate d’informazione. Un quarto degli americani crede alle reti televisive, meno di uno su cinque alle edizioni cartacee. CNN non ha maggiore cedibilità di Fox, né ABC più di NBC. Il quotidiano locale non viene considerato molto diversamente dal New York Times.
È in crescita la percezione di partigianerie politiche. Complessivamente, i Repubblicani esprimono minor fiducia dei Democratici nella credibilità di quasi ogni grande testata, ad eccezione di Fox News. Un gap partitico che però va restringendosi, dato che anche i Democratici vanno mettendo in dubbio la credibilità dell’informazione più in generale.

Un importante cambiamento è che la gente ora sente di potersi rivolgere a Internet per sostituire il giornalismo tradizionale, e questa è un’altra sfida per la stampa, sfida che può accelerarne la perdita di fiducia. In definitiva, non si rilevano modifiche sostanziali al modo in cui il pubblico considera la stampa nel 2006. I dati sembrano però confermare l’importanza del giornalismo, insieme ai dubbi se venga praticato nel modo che la gente vorrebbe. Ciò suggerisce che le alleanze possano spostarsi rapidamente verso nuove testate. E una maggiore competizione, come quella evidenziatasi negli ultimi vent’anni, può dare vita a un maggior livello di scetticismo.

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