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Il giornalismo tra ventate di ottimismo e incertezze continue
Il settore digitale
Pur in un anno difficile, l’industria dell’informazione si è mossa con serietà verso il giornalismo digitale.
Appena due anni fa la nostra sensazione era che i media tradizionali fossero ancora esitanti. In aggiunta ai timori più ovvi della riduzione risorse e di uno scontro culturale sulle nuove tecnologie, i giornalisti temevano che il medium fosse talmente immediato ed esigente per natura da poter minacciare due delle migliori qualità del giornalismo — aver tempo per verificare la credibilità delle fonti e per capire e riportare le questioni in profondità.
Un anno fa iniziammo a notare la trasformazione di quest’attitudine. Un motivo fu che le attività online erano una delle poche aeree capaci di stimolare la crescita delle entrate, specialmente per i quotidiani. Nei consigli d’amministrazione ciò guadagnò priorità al giornalismo digitale. Nelle redazioni il Web iniziò ad esser visto meno come una minaccia e più come una promessa di qualcosa in grado di fermare il crescente ricorso ai tagli e il declino dell’audience.
Questi esprimenti differiscono parecchio per quanto concerne enfasi e portata, anche nei vari settori mediatici. Al Washington Post, per esempio, il sito si sta creando un’identità distinta da quella dell’edizione cartacea. Secondo alcuni dati, vi lavorano 200 persone a tempo pieno, e questo produce già il 15% delle entrate complessive, puntando a raggiungere il 50%. Anche le nostre analisi sui contenuti confermano che il sito del Post sia uno dei più ampi e più ricchi tra quelli presi in esame.
Il candido studio interno del Los Angeles Times ha concluso che la testata deve prendere il Web assai più seriamente, facendolo diventare obiettivo primario anziché secondario. Alcuni giornali hanno sperimentato con elementi quali blog, resoconti in tempo reale sul traffico sulle strade, sezioni riservate alle comunità locali curate dai lettori, reporter muniti di videocamere digitali e altro — quasi tutto soltanto nell’ultimo anno. Tuttavia secondo la nostra indagine non sono poche le testate che hanno parecchia strada da fare, e che usano il sito come camera mortuaria per le vecchie copie.
Nel 2005 i network Tv avevano già abbracciato il Web come una grossa opportunità, ricorrendo a modi diversi per liberarsi dalle costrizioni della programmazione oraria. Nel 2006, pur con la crescita di simili tentativi, dietro le quinte erano sorte nuove domande. CBS ha licenziato il direttore del settore digitale, il rispettato Larry Kramer, in favore di qualcuno che è più strettamente una figura imprenditoriale, nonostante il suo sito sia uno dei più quotati nella nostra analisi. Il sito di MSNBC rimane popolare ma non viene più considerato un innovatore. ABC è quella che deve fare più strada.
Anche nel settore del via cavo si registrano segnali di movimento. Tutti e tre i canali d’informazione nazionali hanno iniziato a creare contenuti per il terzo schermo, i telefoni cellulari. Dei tre, Fox è quella più indietro nell’audience online rispetto a quella Tv e nel 2006 il suo sito era notevolmente arretrato anche nell’offerta di contenuti. Da parte sua, il sito di CNN poggia pesantemente sui lanci d’agenzia, oltre ad avere solo pochi articoli trattati con una certa ampiezza. Nonostante ciò, continua ad attirare 20 milioni di visitatori al mese.
Intanto la proliferazione di nuovi siti Web specifici per l’informazione rispecchia la crescente diversità nel tipo di notizie offerta, nell’approccio editoriale e nelle opzioni fornite. Gli aggregatori continuano a porre l’enfasi sulle ricerche e su news aggiornate al minuto, pur dovendo affidarsi ad altri per i contenuti. I blogger offrono spazio e voce ai cittadini, ma nell’ultimo anno hanno messo a punto delle linee-guide per i propri resoconti. Secondo il nostro studio, i siti basati su contenuti prodotti dai cittadini hanno dato vita ad alcuni tra gli esperimenti più sofisticati per la raccolta e la disseminazione di notizie — dando spazio a report originali e a una vasta gamma di opinioni, come anche ad un fermo controllo editoriale.
I telegiornali locali sono stati tra i più lenti a muoversi sul Web, secondo la nostra analisi dei contenuti. Le risorse sembrano ancora relativamente ridotte, con una media di tre persone che lavorano su ciascun sito Web. Non mancano però i segnali di qualche movimento. Sono in aumento i siti che riescono a guadagnare, le emittenti che producono siti in proprio e gli sforzi delle redazioni delle Tv locali.
Anche il settore delle riviste ha iniziato ad investire di più online. Il leader qui è Time. Il maggior settimanale Usa ha messo a punto un piano per calcolare i dati combinati dell’audience cartacea e online. Anche altre riviste d’informazione si stanno muovendo, pur se in direzioni assai diverse tra loro.
Forse a questo punto sono due le conclusioni più importanti che possiamo trarre. Primo, che non esiste un’unica formula o modello per aver successo sul Web. Secondo, con sempre maggior frequenza i siti vanno allontanandosi dai media di partenza, con strategie specifiche basate sulle idee piuttosto che sulla storia.
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