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Gli investimenti

Nel corso dei due anni precedenti, sembrano essersi allentati alcuni dei tagli a lungo termine nelle redazioni. Il blog va acquistando spazio, con buoni investimenti su Internet e la stabilizzazione delle riduzioni di spesa nei network Tv.
Tuttavia nel 2006 la situazione sembra essere peggiorata per gran parte dei media presi in esame nel nostro studio. L’erosione è più evidente nell’ambito dei quotidiani, e quanto accade qui ha effetti diffusi sulla stampa in generale. Tra il 2000 e il 2005, lo staff delle redazioni era già diminuito di 3.000 persone, pari al 5%. Con l’arrivo dei dati di fine 2006, la nostra stima prevede un ulteriore taglio di 1.000 persone — con nuove riduzioni previste nel 2007.
Aggiungiamo poi la riduzione del formato e del numero di pagine deciso da vari giornali, oltre a quella del rapporto tra notizie e inserzioni; tutti cambiamenti che suggeriscono il ridimensionamento delle ambizioni dei quotidiani americani. Nel 2007 potremmo assistere all’emergere del trend centrato su giornali più ridotti, con un target più mirato e analitico. Nel frattempo una ricerca condotta dalla Scuola di giornalismo presso Università del Missouri ribadisce quanto affermato dagli studiosi di una generazione fa — il modo migliore per prosperare è continuare a investire. Quando i giornali hanno aumentato le spese per la redazione, sono saliti anche i profitti. Analogo il concetto espresso dall’ormai ex editore del Los Angeles Times, Jeffrey Johnson: «I giornali non  possono avere un futuro puntando sui tagli».
La situazione appare seria anche per le tre maggiori riviste d’informazione. Dopo le drastiche riduzioni del 2005 e 2006 — il 14% della redazione giornalistica del Time, secondo le nostre analisi — a inizio 2007 Time Inc. ha annunciato altri tagli di circa 300 redattori in tutte le sue riviste. Il settimanale Time in se stesso perderà 50 persone e chiuderà gli uffici di Los Angeles, Chicago e Atlanta. Nel frattempo, nel 2006 a Newsweek lo staff editoriale è stato ridotto dell11% rispetto al 2005.

Fatto nuovo, quest’anno i tagli vanno moltiplicandosi anche nelle redazioni dei network Tv. Dal 2002 al 2006, un’analisi del Project for Excellence in Journalism stima che lo staff complessivo è sceso del 10%, con percentuali più alte per redattori diversi dai corrispondenti. E ciò prima dell’annuncio di NBC Universal della prevista riduzione di 300 posti di lavoro nel settore delle notizie, pari a circa il 5%. Molti di questi derivano dal consolidamento delle operazioni con l’annesso canale via cavo MSNBC
Consolidamento che sembra proseguire nel settore radiofonico. La grande maggioranza delle stazioni che producono informazione (70%) ora lo fanno tramite redazioni congiunte, operando in una situazione sempre più complessa. Ogni redazione centralizzata serve mediamente 3,3 emittenti, secondo un sondaggio curato dalla Radio Television News Directors’ Association. Oltre un terzo dei responsabili dell’informazione dichiara di gestire cinque o più stazioni radio.
Nel settore del via cavo, intanto, il quadro è misto. Fox sta investendo maggiormente nella redazione (con un più 11%), ma non al ritmo pari alla crescita di entrate e guadagni. CNN si tiene a malapena in pari con l’inflazione (spese maggiorate del 5%), e MSNBC punta sui tagli.
Nelle tv locali sembra esserci qualche risalita, con una media di 36,4 persone per redazione, il secondo livello più alto per lo staff a tempo pieno registrato dall’inizio del nostro sondaggio annuale nel 1993. È probabile che queste persone debbano occuparsi di un maggior numero di programmi rispetto a prima, ma rimane comunque una piccola tendenza verso l’alto. Le ore dedicate all’informazione ora hanno toccato un livello record (3,8 ore), con redazioni diverse che producono informazione per una varietà di emittenti e siti Web.
Un settore che continua a crescere anche in quest’ambito rimane quello etnico. Lo staff è in aumento soprattutto nei quotidiani cartacei ispanici, passando da una media di 90 redattori nel 2003 a 108 nel 2005, un più 20%. Il trend appare però opposto nella televisione di lingua spagnola, guidato dai tagli di NBC a Telemundo.
Online, dove è più difficile individuare i dettagli, l’evidenza sembra segnalare la crescita degli investimenti, qualcosa che iniziammo a notare un anno fa. Meno chiaro è stabilire quanto ciò interessi la produzione di notizie originali e quanto invece venga usato nella parte tecnica. Ma almeno un sondaggio, condotto da un’importante scuola di giornalismo, ha riportato che un maggior numero di caporedattori online considera più importanti le capacità nella gestione dei contenuti che quelle tecnologiche, come la produzione di audio e video. Ciò potrebbe riflettere un cambiamento più ampio in atto. Dopo aver integrato nelle operazioni le strutture tecniche, è probabile che le redazioni si dedichino ora a creare maggiori contenuti piuttosto che limitarsi ad importarli.

Tuttavia questi problemi vanno ad aggiungersi al quadro più generalizzato della riduzione delle redazioni. Secondo un libro curato nel 2006 da David H. Weaver, G. Cleveland Wilhoit e altri tre importanti studiosi (The American Journalist in the 21st Century: U.S. News People at the Dawn of a New Millennium), tra il giugno 1992 e il novembre 2002 il numero di quanti lavoravano a tempo pieno nel settore dell’informazione era calato di circa 6.000 persone, ovvero circa il 5%. Tutte le prove sembrano suggerire che nei quattro anni trascorsi queste perdite siano andate accelerando in maniera significativa.

 

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